CENTURY TRILOGY 3/3: I giorni dell’eternità
ULTIMO ATTO
Esattamente come i suoi predecessori, anche l’ultimo episodio della Century Trilogy, uscito nel 2014, è balzato in testa alle classifiche dei più venduti in quasi tutti i Paesi nei quali è stato distribuito.
La mole de I giorni dell’eternità supera però i precedenti romanzi con le sue oltre milleduecento pagine. I continui e accorti recap disseminati lungo la strada da Ken Follett aiutano i lettori affezionati a riannodare i fili delle vicende passate e informano i nuovi lettori sul background fondamentale delle famiglie ricorrenti.
L’intreccio delle sorti di queste “solite” cinque famiglie internazionali è il perenne alibi per raccontarci il meglio e il peggio del breve secolo scorso con il privilegiato punto di vista del “dietro le quinte”. Lo diciamo subito, nonostante alcuni temi ancora oggi scottanti (come la segregazione razziale e le leggi omofobe – e questo la dice lunga sui traumi irrisolti dei nostri avi), l’ultimo atto di questa titanica impresa non ha il fascino dei precedenti: non lo hanno gli eventi storici raccontati, troppo vicini a noi e meno drammatici di quelli che li hanno preceduti.

IL VENTENNIO DI BERLINO
Gli eventi si dipanano lungo un ventennio, quello che va dall’edificazione del Muro di Berlino alla (ATTENZIONE SPOLER) demolizione dello stesso: un ventennio di rapidi cambiamenti sociali e storici, forse più rapidi che nel restante già di per sé rapido secolo Novecento. Ed è proprio a causa della nostra vicinanza temporale a quel periodo che stavolta, nonostante l’offerta dei punti di vista contrastanti, l’autore fa emergere una prospettiva più personale (nel caso specifico, si legga “laburista“) rispetto alla lente sovra-storica che aveva giustamente adattato nei precedenti volumi. Basti pensare al revisionismo liberaldemocratico che Follett tenta di operare nella seconda parte del libro, senza dimenticare di assegnare le giuste batoste ai personaggi repubblicani, dai “veri” Nixon e Reagan al “falso” Cameron Dewar, come negli altri volumi non le aveva risparmiate agli aristocratici. Ciò non significa che quest’ultima lezione di storia mondiale sia viziata da una componente politica (e a tratti autobiografica, viene il sospetto), ma significa che ci eravamo sbagliati a considerarla una lezione di storia.
Entrando nello specifico, ci accorgiamo delle prime mutazioni stilistiche. Cambia la titolazione delle diverse parti del volume, le quali oltre che il titolo riportano adesso anche il periodo temporale di riferimento. Quindi il riferimento all’anno sparisce dall’epigrafe di ogni capitolo, al contrario di quanto avveniva prima. Adesso però entriamo nel dettaglio della trama…
PRIMA PARTE: MURO 1961
Non ritroviamo subito tutti quanti i nostri cari vecchi protagonisti, ma solo le nuove generazioni di tre delle famose cinque famiglie. E no, contrariamente a ogni aspettativa, l’inizio questa volta non è affidato alla famiglia Williams. Per i Dewar e i Williams dobbiamo ancora pazientare.

USA. George Jakes, mulatto, il figlio “bastardo” dell’unione fra la ex stellina di colore Jacky Jakes e l’ambizioso uomo bianco Greg Peskov, è oggi un brillante studente di Harward che ha a cuore i diritti civili degli americani, e degli afroamericani: partecipa in prima persona alle proteste del Freedom Ride finendo segnalato durante i vergognosi atti di razzismo nella tappa di Alabama. Questo gli preclude l’accesso a un noto studio legale, ma gli fa trovare la raccomandazione per un incarico più scottante. Tenetevi forte, perché Bobby Kennedy, fratello del Presidente Jack Kennedy e segretario alla Giustizia, laureato ad Harward come George, ha deciso di assumere un giovane avvocato di colore per dare alla squadra ministeriale il punto di vista dei negri sui diritti civili. George sarà proprio quel ragazzo fortunato che potrà fare la differenza!
Russia. Tanja e Dmitrij “Dimka” Dvorkina sono due affiatati gemelli figli di Anja, la sorella di Vladimir “Volodja” Peskov, eroica spia protagonista de L’inverno del mondo (leggi QUI la recensione) e a sua volta figlio del rivoluzionario Grigorij Peskov protagonista ancor prima de La caduta dei giganti (leggi QUI la recensione, nonno dei ragazzi. Tanja è una indomita giornalista che non teme di diffondere giornali clandestini per smascherare le imposture comuniste. Quando poi si caccia nei guai, ad esempio finisce nella sala interrogatori del KGB, tocca a Dimka, valente assistente del Cremlino, tirare la sorella fuori dai guai seppur ideologicamente distante da lei.
Dimka ha avuto il privilegio di consigliare personalmente Nikita Chruscev, primo segretario del Partito comunista dell’Unione Sovietica, durante il suo colloquio con Kennedy: dopo un’iniziale vittoria diplomatica dei russi, Kennedy rigira la situazione in suo vantaggio puntando i riflettori sulla situazione tedesca (ma ignorando i diritti dei suoi cittadini neri nel Sud degli States). Berlino è una città divisa fra sovietici (a Est) e capitalisti (a Ovest): quando Kennedy invita i cittadini sotto il dominio russo a raggiungere la libertà ad Ovest, Chruscev decide di alzare il livello della tensione facendo costruire letteralmente il Muro che divide in due la città.

Germania. Rebecca Hoffmann, figlia adottiva dell’intrepida Carla e di Werner Frenck protagonisti de L’inverno del mondo, è una grintosa insegnante che scopre di avere sposato un agente della STASI, la polizia segreta sovietica in Germania: il matrimonio era una copertura, Hans l’aveva utilizzata unicamente per scoprire una rete (immaginaria) di complottisti socialdemocratici. Licenziata, tormentata, e non potendo trovare un nuovo impiego, Rebecca si risolve di lasciare la famiglia e partire verso Berlino Ovest, ma è proprio in quel momento che il reticolato che formerà il Muro sorge per sbarrarle il passaggio.
SECONDA PARTE: CIMICE 1961-1962
George Jakes conquista le simpatie di Bobby Kennedy, si innamora di Maria Summers, una ragazza nera che conobbe ai tempi dei Freedom Riders e ora ricercatrice alla Casa Bianca (nonostante lei scriva comunicati stampa, nessuna donna ha mai rivestito ufficialmente il ruolo di addetta stampa); però la Summers, vergine e dai maschi etichettata come “frigida”, viene circuita in maniera subdola, sedotta in maniera sfacciata, nientemeno che da John F. Kennedy, 35° presidente degli Stati Uniti, finendo per diventare una delle sue innumerevoli amanti.
Rebecca Hoffmann ha perso il lavoro, ma quando respinge un nuovo approccio dell’ex marito capisce che le cose volgeranno al peggio. Insieme a Bernd Held, collega divorziato e nuovo compagno di vita, riesce a scavalcare il Muro e a trovare la libertà nell’Ovest, ma durante la fuga Bernd rimane paralizzato dalla vita in giù.

Finalmente i Williams, e anche i Dewar, insieme! Nonna Eth Leckwith viene eletta baronessa, ma gli adolescenti Dave ed Evie, i figli di Lloyd e Daisy Williams, protagonisti de L’inverno del mondo, pensano solo all’amore. Cameron Dewar, giunto a Londra con la sorella Ursula “Beep”, al seguito del padre Woody (ora fotografo per la prestigiosa rivista Life) e la madre Bella, perde la testa per Evie Williams, giovane attrice radicale e controcorrente. Non è però ricambiato, Evie è innamorata di Jasper Murray, figlio di Eva, la vecchia amica ebrea di sua madre Daisy.
Ok lo so, sembra un po’ troppo Beautiful fin qui, e in effetti un po’ la sensazione di soap ti rimane addosso.
TERZA PARTE: ISOLA 1962
Non c’è che dire, i fratelli Kennedy ne escono con le ossa rotte. Non solo Jack è un approfittatore di stagiste (che fosse un playboy è risaputo, ma oltre ad affondare il colletto Follett non fa stranamente menzione della sua relazione con Marilyn Monroe), ma addirittura insieme a suo fratello Bobby finanzia segretamente azioni di terrorismo internazionale a Cuba per portare scompiglio nell’avamposto comunista nel mondo libero. Cruscev lo scopre e decide di reagire. La Guerra Fredda fa del nostro pianeta lo scacchiere delle due superpotenze, ma in realtà si tratta di un conflitto personale fra i due leader, entrambi egomaniaci e autoritari.

George e Dimka sono schierati sui due fronti opposti. Dimka è riuscito a fare arrivare segretamente l’armamento nucleare a Cuba (dove è stata mandata “in esilio” sua sorella Tanja), nonostante Fidel Castro non sia del tutto allineato alla politica dell’URSS e operi una specie di revisionismo del comunismo. Scoperta la cosa grazie a dei fotointerpreti, George aiuta Kennedy a scrivere il discorso in cui dichiara la quarantena per Cuba e minaccia velatamente la Russia di devastazione nucleare. Quella è la notte in cui il mondo andò a dormire non sapendo se si sarebbe risvegliato il giorno dopo. Quella notte rievocata persino in una saliente puntata di Mad Men dedicata al paventato olocausto nucleare. Ma il giorno dopo, il mondo si svegliò: era ancora salvo. La Terza Guerra Mondiale era rimandata.
Ne I giorni dell’eternità sono George e Dimka a dominare la scena, al punto che dei Williams ci siamo totalmente dimenticati. E quando Follett se ne ricorda, le pagine a loro dedicate sono così brevi e scialbe che non vediamo l’ora di passare oltre. Purtroppo.Dopo la crisi cubana, le vite degli eroi della patria scorrono come prima. George scopre che Maria Summers, la ragazza nera alla Casa Bianca di cui si è innamorato, è diventata l’amante di Kennedy e ha dovuto abortire quando è rimasta incinta; Dimka si innamora di Natl’ja Smotrova, funzionaria del ministero degli Esteri, ma è a Nina che chiede di sposarlo, la sua fidanzata e primo amore, già divorziata una volta e ora di lui rimasta incinta.
QUARTA PARTE: PISTOLA 1963
Finalmente è l’ora delle famiglie tedesche e inglesi. Walli Franck, il figlio quindicenne di Carla, subisce la fascinazione per lo stile americano ed è un chitarrista in erba. Tenta una rocambolesca fuga da Berlino Est e, dall’altra parte del Muro, si unisce alla band del suo lontano cugino Dave Williams, anch’egli un giovane amante della musica, in trasferta ad Amburgo. Insieme a loro Walli si trasferisce a Londra. Sono i tempi di Bob Dylan ma anche dei Beatles. Ma anche di Hank Remington (nome d’arte di Harry Riley), la pop star che si fidanza con Evie Williams, la testarda sorella di Dave, sempre più affermata attrice teatrale (e cinematografica).

Dal canto suo, il giovane Jasper Murray si fa largo nel mondo del giornalismo dimostrandosi un viscido irriconoscente e approfittatore, ma almeno una volta tanto seguiamo il punto di vista di un personaggio che non può esattamente definirsi positivo.
Negli USA, George si allontana da Maria Summers, sempre più entusiasta del suo ruolo di amante (una delle tante) del Presidente, e si avvicina a Verena Marquand, una ragazza nera figlia di vip neri e che segue da vicino la campagna non violenta del dottor Martin Luther King Jr., presidente della Southern Christian Leadership Conference. Sono i giorni del commovente discorso “I have a dream” che il dottor King tenne al Lincoln Memorial di Washington, ma anche i giorni in cui scoppia la guerra in Vietnam.
La politica liberal dei Kennedy aumenta le file dei loro nemici (fra i quali J. Edgar Hoover, il dispotico capo della CIA, qui ritratto come un burbero omosessuale ricattato dalla mafia)… fino al giorno in cui durante la sua visita in Texas, a Dallas, per riconquistare il voto dei petrolieri repubblicani, Jack Kennedy viene ucciso. Per far fronte alla crisi, il meno raffinato vicepresidente Lyndon B. Johnson gli succede giurando come trentaseiesimo Presidente degli USA.

QUINTA PARTE: CANZONE 1963-1967
Il ritmo della narrazione è stato incalzante fino all’attentato a Kennedy, ovvero fino esattamente a metà libro. I problemi arrivano adesso. Il ritmo si fa discendente, l’attenzione cala, forse nemmeno Follett crede più molto nel suo progetto mentre ci descrive il trascorre degli anni “di passaggio”, quasi di “stallo storico”, soltanto per portarsi avanti, per arrivare a riprendere le fila del discorso e toccare il punto che aveva desiderato raggiungere sin dall’inizio.
Entra in scena il Vietnam, diviso fra nord e sud, diventando uno specchio deformato e sanguinolento di quel che già è Berlino, solo in maniera più cruenta. La coscrizione si basa sulla residenza, non sulla cittadinanza, ed essendo Jasper Murray uno straniero (britannico) residente (negli USA, dove si è trasferito credendo di sfondare nel giornalismo) riceve la convocazione per la leva obbligatoria.
Quando Chruscev viene messo da parte, gli subentra Leonid Breznev. Dimka Dvorkin è sfortunato al lavoro, dunque, ma anche in amore: sua moglie Nina lo tradisce, e lui comincia una relazione con Natal’ja. La sorella Tanja Dvorkina riesce a rintracciare il suo vecchio amante intellettuale, detenuto in un campo di prigionia in Siberia, ma riesce a divulgarne il manoscritto segreto (un libro di denuncia contro le aberrazioni del comunismo) grazie all’intermediazione di Anna Murray, conosciuta alla Fiera del libro di Lipsia.

Similmente a Dimka, anche il suo alter-ego americano George ha visto tempi migliori, soprattutto ora che Bobby Kennedy non vuole più candidarsi alla presidenza. In amore è forse più fortunato, intrattenendo una relazione altalenante con Verena Marquand.
La rivoluzione del rock and roll è inarrestabile, tanto quanto le retate dei poliziotti nei locali frequentati da omosessuali. Dave Williams e Walli Franck sono i frontrunner di una pop band famosa in tutto il mondo, i Plum Nellie. Dave (che frattanto sviluppa un fiuto imprenditoriale) chiede la mano di Beep Dewar, mentre Walli (che frattanto è diventato un pacifista fattone) viene tradito da Karolin Koontz, la ragazza che aveva lasciato incinta a Berlino, di cui è ancora innamorato. Ma Karolin non riesce ad aspettare così si unisce a Odo Vossler, un pastore protestante. Chiodo schiaccia chiodo, Walli va a letto con Beep, che ci sta e tradisce Dave. Confusi?
SESTA PARTE: FIORE 1968
Jasper Murray è tornato in patria, è un veterano, è un giornalista. Qualcosa dentro di lui si è spezzato, è cambiato, adesso Jasper si interessa alle predicazioni del dottor King tanto da seguirle da vicino. Così vicino da assistere in prima persona all’omicidio di Martin Luther King, in una scena dolorosa al netto della sua forzata coincidenza.

Pure George assiste con i propri occhi all’omicidio dell’altra persona che ancora negli USA si batte per i diritti civili: Bobby Kennedy, all’indomani della vittoria alle elezioni primarie in California. Ogni cosa va a rotoli. Il governatore Ronald Reagan (dipinto come un razzista di prima categoria) incentiva i sistemi repressivi della polizia contro i neri, e con la morte di King e Kennedy finisce anche la non violenza come strategia politica. Le rivolte si inaspriscono, George perde Verena che, lasciatasi il pacifismo alle spalle, milita nelle Pantere Nere. Le rivolte si infiammano, fin quando il repubblicano Richard Nixon (dipinto come un bugiardo patologico, ma del resto nessuno lo ha mai dipinto come un santo) non vince le elezioni diventando il nuovo Presidente.
L’Unione Sovietica ha diverse gatte da pelare: da una parte la crisi interna in Cecoslovacchia, dall’altra la concorrenza esterna della Cina che si propone come nuovo leader comunista globale. Se Tanja aveva sempre voluto smantellare il comunismo, Dimka pensava di poterlo migliorare, così come sta succedendo giusto ora in Cecoslovacchia: Dubcek ha abolito la censura e il popolo lo acclama come un eroe. Il Cremlino teme che il paese voglia uscire dal Patto di Varsavia anche se non è così, perciò si risolve di invadere la città con i carri armati per porre fine alla stagione delle riforme. Tanja è lì per documentare ogni cosa, mentre a Mosca Dimka riesce a sconfiggere Nik Smotrov, il gangster sposato con Natal’ja, e riesce ad averla tutta per sé.
Il 1968 è l’anno dell’amore libero. Mentre Dave Williams accompagna il “nonno” Fitz (pentito di ogni cosa) al funerale di Maud a Berlino Est, dall’altra parte della città Rebecca tradisce Bernd (pur consenziente) con Claus Krohn.

SETTIMA PARTE: NASTRO 1972-1974
Un’ellissi temporale porta la storia avanti di tre anni. Abbiamo fatto pace con l’idea di non vedere l’Italia in gioco già dai precedenti volumi, come se ci fossimo persi in toto il ‘900, ma man mano che la storia procede sembra che il resto del mondo sparisca, e I giorni dell’eternità finisca per diventare una lezione di storia esclusivamente americana (ma scritta dai vincitori, come sempre).
La Cecoslovacchia ha dimostrato che il comunismo non può essere riformato, e l’autorità del partito si è arroccata in un conservatorismo che farebbe impallidire il passato zarismo. Questo per quanto riguarda la Russia.
Per gli USA invece diamo una parola soltanto: Watergate!

OTTAVA PARTE: CANTIERE 1976-1983
Cam Dewar, inviato dai servizi segreti in Polonia, riceve l’abboccamento di Tanja, e diviene parte integrante della riformazione in atto del comunismo: lì, nella terra del nuovo rivoluzionario Papa. Che altro dire? Ah sì, i Franck si riuniscono dopo tanti anni, e c’è Walli (ex tossicodipendente) con loro.
NONA PARTE: BOMBA 1984-1987
Se i Franck non riescono ad abbandonare la Berlino sovietica, allora sarà Walli a organizzare un concerto a ridosso del Muro: con le casse puntate verso a Est e a tutto volume per raggiungere le case delle sue famiglie. Questa è una delle sequenze più epiche di questa grande vicenda che si avvia alla conclusione.
Dopo Carter, c’è Ronald Reagan alla Casa Bianca, e i suoi atteggiamenti nei confronti del Libano non sono meno criminali di quelli di Nixon: persino Cam Dewar è costretto a riconoscerlo. Verena tradisce George (nonostante abbiano un figlio) con Joseph Murray e George si mette con Maria.

In Russia, Tanja convive finalmente con Vasilij Enkov, l’intellettuale che aveva scontato in Siberia la sua attività sovversiva e i cui romanzi dissidenti (ma firmati con pseudonimo) sono famosi in tutto il mondo tranne che in patria. Dopo gli ultimi vecchi leader, un nuovo riformista del comunismo si affaccia sulla scena politica: il suo nome è Michail Gorbacev.
DECIMA PARTE: MURO 1988-1989
Rebecca Heild (questo è il suo cognome da un po’ di tempo), alta funzionaria del Ministero degli Esteri, assiste incredula al disarmo nucleare dell’Europa e alla perestrojka (le riforme politiche-sociali ed economiche) del nuovo primo segretario del Partito comunista russo. Gorbacev ha ordinato il ritiro delle truppe dell’Armata Rossa dislocate per il mondo, ora che non ci sono più abbastanza soldi per mantenerle e che non crede più nell’armamentario nucleare, ora che la pace è possibile. La Russia così non ha più abbastanza moneta per proteggere e finanziare i suoi paesi alleati (o satelliti?), oppure per sostituire le vecchie recinzioni della Cortina di ferro. Per questa ragione, nel corso di un incontro con Németh, il leader russo decide di non pagare di tasca propria il rinnovo del reticolato in Ungheria, aprendo così i confini con l’Austria. Un esempio pazzesco che verrà seguito a ruota libera dai cecoslovacchi, gli jugoslavi e i polacchi: chi è nato in un Paese comunista, adesso può facilmente anche spostarsi verso le nazioni capitaliste. A nulla possono i tiranni comunisti dell’Est Europa, come Nicolae Ceausescu, il folle dittatore della Romania, e il generale Jaruselski, primo ministro polacco.
Da lì alle elezioni libere il passo è breve. Lo dimostra il sindacato autonomo dei lavoratori, il Solidarnosc, in seguito agli scioperi di Danzica: il comunismo perde e Walesa, il leader del sindacato (futuro Premio Nobel per la pace), diventerà il primo Presidente della Repubblica. Persino l’URSS potrebbe avviarsi un giorno verso la democrazia , ma il nuovo presidente Bush non vuole crederci quindi aumenta la disponibilità nucleare statunitense con l’obiettivo di farsi largo geopoliticamente lì dove l’impero comunista si sta ritirando per denuclearizzare l’Europa.

Se nella prima parte del romanzo Follett ci aveva spiegato come la Guerra Fredda fosse nata dalla competizione egomaniaca di Kennedy e Cruscev, nel raccontarci la fine di questa Guerra ci spiega come il comunismo abbia perso, ma per problemi endemici, e non per una superiorità delle nazioni statunitensi. Anzi, queste sono sempre guidate da Presidenti incapaci e inconcludenti, menzogneri e approfittatori, come Reagan a Bush.
La Germania dell’Est è l’ultima a cadere, gli agenti della STASI sono meno temibili di un tempo, e la folla scesa in strada scavalca il Muro e comincia a picconarlo senza che nessuno possa impedirglielo. In questa sequenza grandiosa e toccante la famiglia Franck finalmente si riunisce “dopo tutto questo tempo“.
“E’ una lunga storia” anche quella di George, che ritroviamo nell’Epilogo il 4 novembre 2008: invecchiato, in casa con la famiglia e i nipoti, assiste al primo commovente discorso presidenziale di Barack Obama. Un “doppio finale” eccessivo, idealistico e forzato rispetto alla grande epica fin qui documentata.

STILE
La scrittura vivace mescola fantasia e realtà, con i personaggi inventati che interagiscono quasi simbioticamente con quelli davvero esistiti, forse stavolta l’autore sbilanciandosi verso la componente storica ma comunque riuscendo a portare degnamente a compimento i destini dei suoi personaggi di finzione dislocati in giro per il mondo.
Spiace comunque constatare come, a fare la differenza, non ci siano più personaggi femminili forti, anzi qui del tutto scomparsi: non vogliatecene, ma Tanja non potrà mai competere con Ethel, Maud, Carla e Daisy!
Di molti personaggi si sono perse le tracce, e chissà che fine hanno fatto… ricordate l’arcinemico di Grigorij Peskov, il maresciallo Pinskij entrato al servizio di Stalin ne La caduta dei giganti? ricordate Erik von Ulrich, passato da convinto nazista a convinto comunista ne L’inverno del mondo? Per non parlare di come siano stati messi fuori dai giochi Billy Williams (il primissimo protagonista di questa saga, ricordate?) e la dinastia dei Fitzherbert (fatta eccezione per il cammeo del conte a un “certo” funerale).

A conti fatti, è autentica maestria quella che permette a Ken Follett di altalenare situazioni di calma a quelle dove la tensione è al massimo. Purtroppo, a lungo andare, anche l’interesse generale verso la narrazione risulta altalenante. Ci sono momenti in cui Follett indugia troppo con il risultato di alternare spesso lungaggini descrittive a ridondanze riepilogative, così come sovente si sofferma sulle parti hot. Sicuramente l’ultimo episodio, è anche il meno riuscito della Century Trilogy.
CONCLUSIONI
Prima o poi, la fine arriva per tutti. Follett chiude con l’happy ending, e va dalle parti del melodramma con i lacrimoni. Eppure avrebbe potuto proseguire (e chissà che un domani la trilogia non diventi una quadrilogia) perché le generazioni non si fermano con la parola “fine”, così come gli eventi storici continuano inesorabili.
Rimangono infatti fuori dal calderone altri fatti salienti (il conflitto arabo-israeliano e le proteste di Piazza Tienanmen) e personaggi fondamentali (Margaret Thatcher e Papa Giovanni Paolo II) della fine del ‘900, proprio perché l‘arco della trilogia parte dall’alba delle grandi ideologie e culmina con il tramonto delle stesse. Però sono troppi gli eventi coevi a quelli raccontati da Follett ma da lui minimizzati (per esempio l’allunaggio), così come determinanti personaggi storici passati sotto silenzio (per esempio Gorbaciov), per non parlare del disservizio compiuto nei confronti della Chiesa cattolica che, a dirla tutta, ha esercitato il suo peso sia per la risoluzione della crisi a Cuba sia per la caduta del Muro di Berlino. Ma l’abbiamo detto al principio di questa recensione, il punto di vista laburista di Follett qui ha la meglio su quello oggettivo storico.

Ambizioso e fluviale, perfetto per una serie televisiva, I giorni dell’eternità è sicuramente scritto da un autore magistrale, a un tempo romanziere e a un tempo storico, che pure con i suoi tanti difetti, brilla soprattutto per i suoi infiniti pregi.
Finito di leggere: mercoledì 11 novembre 2020
Nel salutarvi, vi invito a leggere I giorni dell’eternità di Ken Follett, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
ALTRO: La caduta dei giganti di Ken Follett
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