ScrivereSenzaGloria3: LA FIABA: POETICA E MITOLOGIA di Joseph Courtés
Questa puntata di ScrivereSenzaGloria3 è un tantino atipica: anziché proporre un manuale di scrittura o sceneggiatura, abbiamo deciso di dedicarci a uno studio semiotico che bisogna quantomeno conoscere per potere abbracciare una parte costante della variabile mente narrativa umana.
L’interessante studio di Joseph Courtés prende piede dalla Morfologia della fiaba di Vladimir Propp, già analizzato in una precedente puntata di ScrivereSenzaGloria2 (la trovi QUI). Propp si proponeva di comparare le reti di relazioni formali che sono soggiacenti ai racconti. Parallelamente alla sintassi si deve però riconoscere una semantica che utilizzi anch’essa dei sistemi di relazioni formali, il campo dei valori variabili.

IL FIGURATIVO COME OGGETTO DI STUDIO
Bisogna anzitutto distinguere i due livelli del tematico e del figurativo. Il figurativo è l’insieme di quei contenuti di una lingua naturale o di un sistema di rappresentazione aventi un corrispondente percepibile sul piano dell’espressione del mondo naturale; inversamente, il livello tematico, considerato più profondo nel percorso generativo del discorso, si caratterizza per un investimento semantico astratto di natura concettuale, privo di legami necessari con l’universo del mondo naturale. Né l’uno né l’altro sono riconducibili in maniera biunivoca all’altro.
Il modello suggestivo cui si riferisce Courtés è il motivo panofskyano inteso come forma figurativa. A tal proposito Erwin Panofsky compì uno dei migliori sforzi di teorizzazione nel campo dell’interpretazione e dell’organizzazione dei dati figurativi.

LE PROPOSTE AVANZATE DI E. PANOFSKY. L’ORGANIZZAZIONE TRIPARTITA DEL SIGNIFICATO – Parte I
Di fronte all’opera d’arte cerca di evidenziare tre livelli nel suo soggetto (o significato). Postula un primo piano di referenza, del significato primario o naturale che egli suddivide in significato dei fatti (il contenuto fattuale) e significato espressivo. Lo si apprende (il significato primario) identificando pure forme come rappresentazioni di oggetti naturali, esseri umani, animali, piante, case, utensili ecc.; identificando le loro mutue relazioni come eventi; infine cogliendo certe qualità espressive: è il mondo dei motivi artistici.
Pone una distinzione tra le forme e ciò che rappresentano, in semiotica diremmo tra significante e significato. Si dedica allo studio del solo significato che si presenta, al primo livello, sotto forma, egli dice, di oggetto o di evento dotato di talune qualità espressive. Quello strato primario di senso che possiamo penetrare in base alla nostra esperienza esistenziale di vita è la ragione del senso fenomenico (significato primario o naturale), un senso che se vogliamo possiamo suddividere in senso delle cose (significato dei fatti) e in senso dell’espressione (significato espressivo).
LE PROPOSTE AVANZATE DI E. PANOFSKY. L’ORGANIZZAZIONE TRIPARTITA DEL SIGNIFICATO – Parte II
Al significato primario o naturale, articolato in significato dei fatti (o senso delle cose) e significato espressivo (o senso dell’espressione), viene a sovrapporsi, ad un secondo livello, un altro significato detto secondario o convenzionale (senso del significato), situandoli l’uno in rapporto all’altro. Il secondo potrà essere colto quando noi stabiliamo una connessione tra motivi artistici e combinazioni di motivi artistici (composizioni) con temi e concetti. I motivi riconosciuti per questa via come portatori di un significato secondario o convenzionale possono essere chiamati immagini e le combinazioni di immagini sono ciò che gli antichi teorici dell’arte chiamavano invenzioni; noi siamo portati a chiamarle storie e allegorie.

Il terzo piano di interpretazione è quello del significato intrinseco, o contenuto, che si situa a un livello molto più profondo e generale rispetto ai due precedenti. Lo si apprende individuando quei principi di fondo che rivelano l’atteggiamento fondamentale di una nazione, un periodo, una classe, una concezione religiosa o filosofica, qualificato da una personalità e condensato in un’opera. Veniamo a dare a tutti questi elementi il significato di valori simbolici.
MOTIVO E LIVELLI DI SIGNIFICATO – Parte I
Il primo livello d’interpretazione consiste nell’attribuire ad un significante visuale un significato di base, corrispondente soltanto all’esperienza esistenziale immediata. Sarà sia un semplice elemento, posto in relazione con un solo formante figurativo, il motivo, sia la concatenazione o la compresenza di diversi elementi associati a più formanti figurativi, la composizione.
Il significato rientra sempre nel campo del figurativo, che è costituito da tutti i contenuti che abbiano un corrispondente sul piano dell’espressione del mondo naturale; al figurativo saranno così assimilabili tanto gli oggetti naturali quanto le loro relazioni reciproche (classi di motivi). Il nucleo rappresenta una sorta di invariante figurativo, in rapporto ai motivi che implicano delle variabili, anch’esse figurative. Attraverso la comparazione dei contesti si identificano le unità discrete quali i motivi, grazie anche al loro carattere ripetitivo.

MOTIVO E LIVELLI DI SIGNIFICATO – Parte II
Nel secondo livello d’interpretazione il motivo, posto in relazione con un tema o un concetto, dà luogo ad un’immagine; se ci sono differenti motivi, narrativamente concatenabili, associati ad un significato secondario determinato, si ottengono delle storie o allegorie (possono corrispondere agli eventi sul piano del significato primario o naturale). Si può riconoscere, in questo rapporto tra i due piani di significato (primario/secondario), il gioco della coppia denotazione/connotazione. Il significato primario, o motivo, può stare al significato secondario come il figurativo sta al tematico. Significati primari differenti (o motivi diversi) sono suscettibili di fungere da supporto ad un medesimo significato secondario.Il terzo livello d’interpretazione poggia sugli altri due: qui, il motivo (o la composizione, se si tratta di più motivi), associato a un tema o a un concetto, viene a costituire il supporto per il contenuto ultimo ed essenziale. Non si tratta più del contesto socioculturale o delle condizioni di produzione dell’opera d’arte (che sarebbe un modo per riafferrarla dall’esterno giustificando eventualmente così un punto di vista connotativo), ma piuttosto di un contenuto ultimo e essenziale (o senso dell’essenza), che è intrinsecamente legato all’opera d’arte concretamente realizzata, rintracciabile come un significato correlabile a quei significati che sarebbero gli altri livelli.
ALCUNI PRESUPPOSTI DELLE ANALISI CONCRETE DI E. PANOFSKY. L’INDIPENDENZA DEL MOTIVO RISPETTO AL PROPRIO SIGNIFICANTE VISIVO
Lo studio comparativo non posa solamente su altre immagini visuali analoghe, ma anche su elementi di altre forme linguistiche. Uno stesso motivo può essere ritrovato sia in forma verbale che non verbale, ed è indipendente dal significante impiegato sia esso di tipo linguistico o non linguistico. Infatti il figurativo non è mai nell’ordine del significante, bensì unicamente in quello del significato. Il figurativo è da separare completamente da ogni significante, compresso quello del visivo.
Il motivo è un’unità che salvaguardia la sua specificità indipendentemente dai suoi contesti.

BASI SINTAGMATICHE DEL FIGURATIVO – Parte I
Il motivo corrisponde al figurativo referenziale, vale a dire alla collocazione di oggetti (possibili o immaginari) del mondo. Le figure non sono delle entità autonome, ma, il più delle volte, prendono posti in insiemi configurativi (configurazioni o motivi), sostenuti da una forma narrativa che dà loro senso. Il livello tematico e quello figurativo sono complementari: se il tematico può in qualche modo presentarsi da solo, non altrettanto può dirsi per il figurativo. Non appena appare in un determinato racconto, in effetti, il figurativo è come necessariamente tematizzato: poiché è chiaro che il figurativo non è mai ripiegato su se stesso.
Quello che caratterizza il tematico è la sua articolazione sintagmatica, adattabile a una struttura sintattica data. Sintassi e semantica si congiungono per dare luogo al tematico-narrativo: una sorta di semantizzazione minimale di un programma narrativo o di un percorso narrativo completo. E’ a questo doppio dispositivo, di natura sintattico-semantica, che spetta il compito di prendere in carico gli elementi figurativi per dar loro senso: il tale gruppo di figure, in una certa versione di una data fiaba è sostenuto da una forma tematico-narrativa che permette di collocare gli elementi costitutivi, l’uno in rapporto all’altro, sull’asse sintagmatico.
BASI SINTAGMATICHE DEL FIGURATIVO – Parte II
La configurazione della lettera è un processo di comunicazione, di un far sapere, secondo il quale un destinatario, inizialmente disgiunto da un oggetto di sapere, vi si congiunge. Ad un livello più profondo, corrisponde alla trasformazione categoriale del non-sapere in sapere.

PN è il programma narrativo. La lettera ha un PN un po’ più complesso (con trasferimento mediato d’oggetto), in quanto, oltre alla presenza del destinatore (S1), del destinatario (S2) e dell’oggetto (O), esso implica anche la presenza di un quarto attante (S3), in posizione di soggetto delegato (prende la forma di messaggero). Da questa distribuzione in quattro ruoli sintattici ci si può avvicinare ad una articolazione tematica isomorfa. Se infatti si riporta il valore sapere (l’oggetto della comunicazione nel caso della lettera) sulle funzioni sintattiche di destinatore e di destinatario si avranno i ruoli tematici rispettivamente di informante e di informato; nello stesso senso l’informazione corrisponderebbe all’oggetto di sapere. S3 sarebbe l’informatore. Il tematico-narrativo è questa strutturazione semantica con la forma sintattica isomorfa.
BASI SINTAGMATICHE DEL FIGURATIVO – Parte III
Oltre all’oggetto lettera, noi abbiamo sempre le coppie scrivere/leggere, chiudere/aprire e consegnare/ricevere, sintagmaticamente definibili attraverso il percorso figurativo: leggere e ricevere presuppongono rispettivamente scrivere e consegnare, ma non inversamente; chiudere e aprire sono in una relazione di presupposizione reciproca. Queste figure possono associarsi per dare luogo ai ruoli figurativi: lo speditore, il ricevente e il messaggero. Lo speditore si definisce come colui che scrive, chiude e consegna, il ricevente la riceve, la apre e la legge, il messaggero riceve e consegna. Dissociare il ruolo tematico (che ammette figurativizzazioni variabili) dal ruolo figurativo; il ruolo tematico di informatore si realizzerà figurativamente in diversi modi: c’è il caso del messaggero senza lettera che comunica oralmente, oppure non di natura verbale (i gesti dei sordomuti).
Vengono qui cercati i motivi e le tematizzazioni nelle sinossi della fiaba La bella dei capelli d’oro. Quindi ne viene adoperato l’inquadramento testuale per individuare il motivo della lettera. Se ne indagano il piano tematico e il piano figurativo fino ad arrivare allo statuto della configurazione.
LA DIMENSIONE POETICA DEL FIGURATIVO: INTORNO ALLA NOCCIOLA UNA ROSA DI MOTIVI PER UN’ESTENSIONE DELLA RICERCA

Successivamente viene esplorato il ruolo della nocciola, tra i più prestigiosi nella fiaba francese. Il corpus di fiabe ha una sola ed identica forma tematico-narrativa: quella del dono. Se le figure restano sempre le medesime passando da una tematizzazione all’altra, al contrario, la loro distribuzione tra gli attori si modifica. Una determinata cultura manifesta attraverso diverse configurazioni le stesse combinazioni di percorsi figurativi; unità diverse appariranno così, di volta in volta, nella stessa posizione tematico-narrativa. La variazione delle espressioni culturali corrispondono ad una stessa identica combinazione di percorsi figurativi.
Si parte dalla struttura d’insieme del racconto per arrivare al motivo della nocciola, contenitore meraviglioso, contenitore che non nasconde, nell’esempio di Cenerentola: se ne segue il percorso figurativo dai donatori ai contenitori. Un altro esempio è il motivo degli strani regali (i vestiti meravigliosi) in Pelle d’Asino.
Dalle osservazioni sintattiche su Le fate allo statuto di eroina fuori dal comune de La gatta bianca, fino alla dimensione acquatica de La fidanzata sostituita, l’intercambiabilità sintattica e le forme figurative emergono attraverso le varie versioni di una identica fiaba.
FIGURATIVO COME FORMA CONNOTATIVA – Parte I
Ci sono due tipi di insieme di figure, il cui comportamento sintattico è differente. Da un lato, delle configurazioni (abbigliamento, filatura, vettura) sottesa alle quali vi è una forma sintattica determinata di natura ricorrente, la base tematico-narrativa. L’abbigliamento presuppone un soggetto di fare, un soggetto di stato e un oggetto, un enunciato del fare e uno di stato. L’abbigliamento serve alla protezione del corpo, al rivestimento come maschera, alla seduzione.
Diverso il comportamento del celeste, del terrestre o dell’acquatico: insieme di figure per le quali solo la forma duplicativa o triplicativa consente di instaurare nel racconto un’isotopia che rinvii verosimilmente all’universo mitico. Questi gruppi di figure sembrano del tutto autonome rispetto ad ogni supporto sintattico. Circa l’invarianza o la variabilità dello schema sintattico che serve loro da supporto, opporremo le configurazioni propriamente dette, sostenute da forme narrative e/o discorsive permanente, queste altre figure sono il motivo.

La nocciola, data in nutrimento, evita all’eroina o all’eroe di essere mangiato. La nocciola è legata a considerazioni differenti, in particolare a quella della vendita, del contenitore e del nutrimento: ciò ci induce a considerare la nocciola come un invariante, in rapporto a quelle variabili che sono le configurazioni che ad essa fanno appello. Operare una sostituzione degli elementi che essi prendono in carico: in questo caso si considererà la configurazione come un invariante, mentre il motivo diverrà una variabile.
FIGURATIVO COME FORMA CONNOTATIVA – Parte II
La configurazione appare come il supporto di categorie figurative, come quella del celeste/terrestre/acquatico, organizzabili sotto forma di codice. Se la configurazione è in grado di esistere senza il corrispondente motivo, non è vero l’opposto: se la configurazione, come quella dell’abbigliamento, è sufficiente a sé stessa all’interno di un determinato racconto, non accade lo stesso per il motivo, quale quello dei vestiti meravigliosi o della pelle d’asino. Sole, luna e stelle sono legate alla configurazione dell’abbigliamento ma anche, in alcuni casi, a quelli della vettura, esse sono del tutto in grado di collegarsi in maniera obliqua a molti altri micro-racconti figurativi.
Bisogna distinguere tra configurazione (unità discorsiva) e motivo (unità connotativa). A differenza della configurazione, il motivo (o nucleo motivemico) non possiede una propria base narrativa: le figure che lo costituiscono sono in grado di allacciarsi tanto ad elementi sintattici, allorquando vi siano dei posti vuoti da riempire, quanto a dati figurativi, già dotati di funzioni narrative; prevarrà allora l’impressione che si tratti di un dettaglio gratuito.
CATEGORIZZAZIONE TEMATICA E CATEGORIZZAZIONE FIGURATIVA – Parte I
L’opposizione celeste/acquatico appartiene ad una categorizzazione figurativa che sottintende una divisione del mondo in unità discrete, opponibili secondo i poli d’appartenenza, che nel caso specifico sono essenzialmente spaziali.
Le coppie bello/brutto, ricco/povero, ecc., sono frutto di una categorizzazione tematica, procedura situata tanto sul piano estetico, quanto su quello economico o su quello morale (buono/malvagio).

Ogni elemento di uno dei due paradigmi può, a priori, opporsi ad uno qualsiasi dell’altro, sia questo figurativo o tematico. Se i gioielli sono riconducibili alla ricchezza, i tre bei vestiti non lo sono, poiché essi appartengono al celeste. La stella o la coda d’asino non sono in sé stesse né belle né brutte. E’ il contesto inglobante che assegna all’una e all’altra di queste figure un valore estetico, di apprezzamento per quanto riguarda la stella, di disprezzo per l’asino. La caratterizzazione tematica sovra determina qui la caratterizzazione figurativa.
CATEGORIZZAZIONE TEMATICA E CATEGORIZZAZIONE FIGURATIVA – Parte II
Passando dalla nocciola al baule si produce proprio un fenomeno di desemantizzazione che ci fa come discendere dall’universo mitico, a cui appartiene la nocciola, a quello pratico: il baule rinvia infatti, tramite il rituale tradizionale del matrimonio, all’economia. Al narratore resta comunque la possibilità di spostare il carattere meraviglioso del contenitore, dal suo essere al suo fare: il baule si distingue allora per il suo funzionamento meraviglioso. Altrove è la sua posizione spaziale che gli assicura un ruolo quasi sovrannaturale. Distinguere, a proposito del baule, l’aspetto qualificativo, dato qui come meraviglioso, da quello funzionale (gioca il ruolo di contenitore). Il motivo è di ordine qualificativo, la configurazione di ordine funzionale.
La configurazione del contenitore era presa in carico da figure tematico-narrative diverse, e non esaurisce le figure che le servono da supporto: queste figure non sono dell’ordine della denotazione, ma contengono una parte di connotazione. Se la scatola è molto vicina alla denotazione, il baule si allontana, e la nocciola ancora di più. La filatura si imponeva sia alla dominazione della matrigna che impone questo lavoro (filatura quotidiana), sia all’aiuto della madrina dell’eroina (filatura meravigliosa). Nella configurazione della filatura, il carattere magico è in grado di connettersi, all’occorrenza, sia all’enunciato di stato (con il filo meraviglioso), sia all’enunciato di fare (il suo filo fu filato dalle fare), sia, infine, alla moralizzazione secondo il poter fare. L’aspetto connotativo non ha bisogno di poggiare su tutti gli elementi della configurazione, ma solamente sull’uno o sull’altro dei suoi segmenti (enunciato di fare, enunciato di stato o moralizzazione).
CODICE TEMATICO E CODICE FIGURATIVO
Bisogna distinguere la categorizzazione figurativa del mondo (la tripla opposizione celeste/acquatico/terrestre) dalla categorizzazione tematica (buono/malvagio, bello/brutto, ricco/povero). Opporre un codice tematico a un codice figurativo, dove l’uno è associato alla configurazione e l’altro al motivo.

Il figurativo è al servizio di quel piano tematico a cui compete di posizionare gli elementi figurativi gli uni rispetto agli altri, dunque secondo un ordinamento di tipo sintagmatico: la funzione del codice tematico è quella di assicurare la coerenza tra figure differenti prive di nucleo comune, sia all’interno di una determinata configurazione, sia tra le configurazioni concatenate proposte dal racconto. Il codice figurativo, al contrario, gioca sull’asse paradigmatico: essendo legato unicamente ai rapporti che i nuclei di figure intrattengono mutuamente all’interno di un determinato universo culturale, esso stabilisce delle relazioni indifferentemente intratestuali o transtestuali.
Abbiamo sempre a che fare con dei contenuti semantici contrari, di tipo tematico, la cui opposizione sintagmatica (attraverso l’investimento delle forme sintattiche sui due piani semio-narrativo e discorsivo) permette al racconto di procedere alle trasformazioni che lo caratterizzano.
A PROPOSITO DI ALCUNI ELEMENTI FOLCLORICI: MOTIVO E CLICHE’
Indagini su riti, feste e tradizioni locali portano alla conclusione che spesso i motivi vengono connotati da altri elementi adiacenti, i cosiddetti cliché socioculturali. Il cliché è un’associazione stereotipata di configurazioni differenti. Il codice figurativo messo in luce dai racconti meravigliosi non è affatto appannaggio esclusivo delle fiabe, poiché le figure scelte per manifestarlo si ritrovano in modo equivalente anche nei riti, nelle usanze folcloriche.
Uno stesso universo semantico, nel nostro caso di natura figurativa, si esprime in forme variabili, come dimostra l’insieme completo delle tradizioni popolari: il folclore ricopre pressoché tutti gli aspetti della vita umana di un dato gruppo socioculturale, in un momento storicamente determinato. Un significato di livello profondo e la cui totalità pare davvero circoscrivere un universo semantico omogeneo.

Ulteriori riferimenti vengono fatti nella mitologia (dalla cosmogonia ellenica a quella romana fino a quella egizia) concludendo che l’omologazione di attori o di figure della fiaba con altre, comparabili, della mitologia, non sembra immediatamente possibile, né, a maggior ragione, generalizzabile, sul piano delle unità manifestate: l’accostamento di unità appartenenti a questi due universi di discorso sembra debba effettuarsi non a livello di manifestazione, ma a quello, soggiacente, del codice figurativo che sostiene le une e le altre.
PER UNA SEMIO-POETICA
Vengono enunciati due tipi di rapporto: quelli di carattere sintagmatico, che concatenano le figure sotto forma di programma, e che, dopo il lavoro di V. Propp e dei suoi successori, sono le prime a venir percepite da chi conduce un’analisi; quelli di natura paradigmatica, indipendenti dallo svolgimento narrativo, corrispondenti, ma solo in parte, ai codici lévi-straussiani. Una sorta di tipologia elementare dei discorsi distinguerà quelli di carattere mitico da quelli di natura razionale (o funzionale). Si tratta solamente di poli non reperibili in quanto tali, allo stato puro. Non si escludono vicendevolmente.

La semio-poetica non riguarda il piano dell’espressione, ma solo quello del contenuto. Noi opporremo allora la tematizzazione, come presa in carico dell’organizzazione sintagmatica delle figure, alla semio-poetizzazione che assicura ad esse l’istituzione di rapporti paradigmatici e che si può legittimamente assimilare alla connotazione. La parziale indipendenza semantica delle figure avrebbe il compito di evidenziare l’originalità del poeta, la quale è in grado di sottrarle, non solo ai temi e agli schemi sintattici stereotipati (soggiacenti alle configurazioni), ma anche alle categorizzazioni figurative prevedibili dal punto di vista socio-culturale: le figure sarebbero allora realmente disponibili per nuove organizzazioni narrative e/o semantiche.
CONCLUSIONI
La postfazione entra nel merito della traduzione italiana delle sei fiabe esaminate e delle analogie figurative per cui i contenitori si comportano nelle fiabe italiane in modo assolutamente analogo a quanto avviene in quelle francesi. Cenni conclusivi su altri ambiti folclorici del corrispettivo universo italiano confermano come questo non differisce sostanzialmente da quello francese.
Nel salutarvi, vi invito a leggere La fiaba: poetica e mitologia di Joseph Courtés, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
Finito di leggere: tanto tempo fa.
Il prossimo appuntamento con ScrivereSenzaGloria3 è per sabato 14 XXX. Intanto potete recuperare tutte le puntate delle passate edizioni ai link postati a seguire in calce!
Nel frattempo potete recuperare la precedenti puntate ai link subito sotto.
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Inoltre, tutte le puntate della passata edizione sono raggiungibili tramite i link postati a seguire in calce!
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