ATLANTIDE E I MONDI PERDUTI 2/2
Avvertenza! Come già successo in passato, quando avevamo scomodato LEGO BATMAN per S. – La nave di Teseo (vedi QUI), il T-800 per Il giardino di Derek Jarman ed Elric La Saga (vedi QUI e QUI), Michael Jackson per I Miti di Cthulhu (vedi QUIe QUI), adesso gli scaffali di Libri Senza Gloria hanno chiesto aiuto a Donkey Kong per meglio esplorare Atlantide e i Mondi Perduti!
L’ULTIMO CONTINENTE
Pare che il continente di Zothique, l’ultimo della Terra, si trovi nell’emisfero meridionale, circondato da alcune isole malfamate e diviso in città-stato o imperi di varia potenza. Non una versione fantascientifica di Atlantide dunque, semmai a farla da padrone in questi racconti è la negromanzia: signora delle scienze morte dell’avvenire.
Questo territorio immaginario ha una geografia e una toponomastica che molto ricordano le ambientazioni e le atmosfere de Le Mille e una notte, ma le sue storie cominciamo come favole in stile Fratelli Grimm e si concludono come incubi in stile Edgar Allan Poe. Niente pistole o spade laser, ma lame affilate, re deviati e un neo paganesimo di divinità mitologiche: il tutto condito da orrori piovuti dallo spazio profondo.

Oltre la mappa in testa alla raccolta, tutti i racconti sono seguiti in calce da un commentario descrittivo, spesso comprendente stralci epistolari fra Clark Ashton Smith e August Derleth.
ZOTHIQUE – Parte I
Dopo la poesia Zothique (anche in lingua originale), arrivano i racconti:
1. L’impero dei negromanti. Due negromanti provenienti dall’isola nera di Naat, scacciati da Tinarath oltre i mari secchi per le loro arti malefiche, cominciano a risvegliare i morti lungo il loro cammino. Fino a insediarsi nel palazzo reale di Yethlyreom, capitale del perduto regno di Cincor, dove si fanno servire e allettare dagli imperatori e dalle imperatrici che hanno resuscitato dalle cripte. Fino al giorno in cui, il primo e l’ultimo esponente di quella stirpe reale di redivivi, rispondono a un’antica profezia per mettere fine alla negromanzia dei due loschi individui.

2. L’isola dei torturatori. Fulbra, il re di Yoros, è l’unico superstite alla Morte d’Argento, uno strano virus disceso dallo spazio, e gli è sopravvissuto grazie a un anello magico. Durante la sua odissea per raggiungere i sudditi che ancora gli rimangono fedeli a Cyntrom, il re viene fatto prigioniero dagli uomini gialli dell’isola di Uccastrog e per colpa loro subisce le peggiori atrocità. Bellissimo racconto che non risparmia alcuna crudezza, degne di De Sade, ma che sa premiare il lettore con un doppio colpo di scena finale.

3. Il viaggio di re Euvoran. La corona dei re di Ustaim è composta con i materiali estratti da un meteorite caduto nell’isola meridionale di Cyntrom, mentre un gazalbo è l’effige della dinastia reale. Quando il crudele re Euvoran decide di riversare le sue simpatiche torture su uno sconosciuto negromante, questi libera il magico gazalbo dalla corona e il pennuto vola via. Re Euvoran si mette alla testa di una flotta per ritrovarlo: viaggia attraverso i mari ma l’odissea assume i contorni di una fiaba quando sull’isola di Ornava incappa nel regno di uccelli giganti che parlano l’idioma umano e che si vendicavano degli uomini imbalsamandoli. Euvoran la scampa miracolosamente, unico superstite della flotta, trova l’isola del gazalbo scoprendo come non questi sia un esemplare unico ma appartenente a una razza numerosissima: il sovrano otterrà quindi un nuovo copricapo di piume, ma per coprirsi dal sole non potendo più lasciare l’isola così tanto distante da Zothique.
4. Il Tessitore nella cripta. Famorgh, il re di Tasuun, incarica i tre più valorosi guerrieri (seppure inclini ad alzare il gomito) di recarsi in groppa ai loro dromedari presso antiche cripte dove disseppellire la mummia di un antenato regale (un mago potente dei suoi tempi) così accontentando i capricci della nuova regina, “strega e puttana”. Il nemico sotterraneo non è un ghoul ma un globo incolore (proviene da Mercurio, stando al titolo originale del racconto) che si nutre dei cadaveri (prosciugandoli e accrescendosi) al fine di tessere una ragnatela aliena che imprigiona le vittime: se il prigioniero umano si libera, l’oscillante fungo alieno ritorna e ripete l’operazione (si gonfia nutrendosi di cadaveri, si sgonfia tessendo ragnatele). Come si nota, Smith dimostra una spiccata sensibilità nell’ideare torture sempre più ingegnose e atroci.

ZOTHIQUE – Parte II
5. Il frutto della tomba. Un grande re e mago che aveva dominato su metà Zothique riposa in una cripta segreta insieme al suo familiare, un mostro disceso su una cometa. Secondo la profezia, nessuno che cerchi intenzionalmente di scoprire la loro tomba segreta la troverà mai. E fu così che due ignari fratelli, scampati alle grinfie di animali antropofagi, si imbattono in…
6. Le stregonerie di Ulua. La donna del titolo, Ulua, è figlia del già citato re Famorgh e della sua lussuriosa sposa: altrettanto libidinosa, Ulua cerca di irretire con malizia e magia il nuovo giovane coppiere di suo padre, ma il ragazzo ha con sé un amuleto a proteggerlo e un discendente incantato a vegliare su di lui. L’invito sessuale di Uula è stato più o meno esplicito a seconda delle censure operate e che qui è possibile confrontare.

7. Il dio dei cadaveri. Un innamorato deve salvare la sua sposa, che soffre di catalessia e perciò è stata scambiata per morta, dai sacerdoti con la maschera di teschio che venerano Mordiggian, il dio necrofago di Zul-Bha-Sair nel deserto. Il giovane si intrufola nel tempio oscuro per salvare la sua donna, ma altri negromanti hanno avuto la sua stessa idea… Questo racconto è valso a Smith gli elogi particolari nientemeno che di Robert E. Howard.

8. Xeethra. Questo è il nome di un pastorello che, scoperta una valle segreta e mangiato il frutto proibito, finisce per ospitare nel proprio corpo una sua precedente reincarnazione: Amero, il re della perduta Calyz, disposto a ritrovare la sua vecchia patria pur sfidando il volere di Thasaidon, il signore del male.
9. L’idolo oscuro. Uno dei massimi capolavori di Smith, a detta dei suoi lettori come di H.P. Lovecraft, è qui proposto nella versione accorciata andata in stampa e non in quella del manoscritto originale (andata invece perduto). Xeethra, il protagonista del precedente racconto, viene citato nell’epigrafe, ma il racconto tratta di altro. Un mendicante serba rancore al principe di Xylac per quella volta che lo mise sotto gli zoccoli del cavallo mentre chiedeva l’elemosina. Molti anni dopo il mendicante tornerà a Ummaos, la capitale di Xylac, sotto altre spoglie, quelle di uno dei più potenti maghi del continente: Namirrha, tornato appunto per vendicarsi del giovane uomo diventato imperatore. Non solo l’oscuro Thasaidon, il negromante finisce per coinvolgere anche gli stalloni invisibili di Thamogorgos, il signore degli abissi, per i suoi loschi scopi. Smith raggiunge il suo apice tramite una costruzione a scatole cinesi, inframondi che ne contengono altri, visioni sempre più macabre di uno spettacolare tour de force del dolore.
ZOTHIQUE – Parte III
10. L’ultimo geroglifico. Anni dopo la distruzione di Ummaos come raccontato nel precedente racconto, il pessimo astrologo Nushain (votato a Vergama, il più segreto degli dei o il più criptico dei demoni), si reca nella capitale di Xylac finalmente ricostruita. Vi si reca insieme ai suoi compagni di viaggio: un cane bastardo e un nero muto e orbo di un occhio. L’astrologo vedrà animarsi tre geroglifici del suo oroscopo (una mummia, un tritone e una salamandra) che lo accompagneranno sino al seggio dell’incappucciato Vergama, dove lì saranno l’astrologo, il suo cane e il nero a trasformarsi in geroglifici dell’ultima pagina. Un viaggio metaforico, umano e fantastico insieme, di certo di un livello superiore a quanto allora era possibile leggere sui normali pulp magazines.

11. L’abate nero di Puthuum. Un arciere e un alabardiere di Faraad scortano l’eunuco di re Hoaraph attraverso la regione desolata di Izdrel con la missione di trovare una nuova fanciulla per il sovrano: la scovano ma devono pure difenderla dalle insidie di un orco nero con la veste zafferano e il berretto paonazzo con due corna tipica degli abati. Alcuni flashback sono stati deliberatamente espunti da questa versione perché ritenuti ridondanti.
12. I negromanti di Naat. Yadar, principe nomade della regione semidesertica di Zyra, si è messo alla ricerca dei mercanti di schiavi di Sha-Karag che hanno rapito la sua fidanzata, Dalili: ne segue la pista dalle porte di ferro di Sha-Karag, poi all’harem reale di Tinarath, sino alla mortuaria Zul-Bha-Sair, salvo scoprire che gli schiavisti l’avevano venduta all’imperatore di Xylac, che a sua volta l’aveva mandata nel regno meridionale di Yoros. Da Oroth, il porto occidentale del paese di Xylac, Yadar si imbarca verso Yoros, ma viene deviato dal Fiume Nero, la terribile corrente oceanica che si affretta verso le estremità della terra e si getta dall’orlo del mondo nello spazio profondo. Prima dell’ultima cascata esiste soltanto l’isola di Naat, la frastagliata e rocciosa isola dei Negromanti: fatta di montagne aspre e boschi scuri, essa è popolata all’interno da cannibali neri in lotta contro i negromanti che vivono sulle spiaggie. Qui gli stregoni vengono serviti da truppe di annegati resuscitati che di notte dormono dentro apposite catacombe, ma di giorno pascolano per i loro padroni, e pescano le perle in fondo al mare. Catturato da un negromante e dai suoi due figli, Yadar ritrova l’amata Dalili, ma anche un pericoloso demone donnola e il tentativo di una congiura. A ben vedere, questo racconto sembra ricalcare fedelmente il celebre dipinto L’isola dei morti di Arnold Böcklin, di cui Smith descrive e narrativizza tutti i dettagli più sinistri.

13. La morte di Ilalotha. Xanticha, la libidinosa regina vedova dell’antica Tasuun, perde la sua dama di compagnia, Llalotha. La regina e la dama avevano un amante in comune, il nobile Thulos. Pare che Llalotha fosse una strega e che sia morta struggendosi d’amore per la lontananza di Thulos, ma ora che è deceduta ella è diventata una lamia che può ultimare la sua malia: Thulos viene attirato nelle tombe sotterranee, mentre Xanticha gli corre dietro per salvarlo…
14. Il giardino di Adompha. Il sovrano della grande isola orientale di Sotar, Adompha, insieme al suo mago di corte nano, Dwerulas, ha l’usanza di fare a pezzi le vittime e quei pezzi innestarli nelle mostruose piante del suo giardino segreto illuminato da un globo infero. Fra questi arbusti risalta per malignità il dedaim: una pianta pastosa di colore bianco e dal cui centro si irradiano rami senza foglie dall’aspetto di rettili. Tutto fila liscio finché Adompha non ha la cattiva idea di schiacciare il suo mago come fosse un insetto… Il racconto è stato votato dai lettori come il migliore fra quelli pubblicati su quel numero.

ZOTHIQUE – Parte IV
15. Il signore dei granchi. Vergato in prima persona (dal neofita Manthar, apprendista stregone), questo racconto è stato scritto su commissione per il nuovo direttore di Weird Tales in occasione del venticinquesimo anniversario della rivista. Il narratore si muove al seguito di Mior Lumiviz, mago in gara per ritrovare il tesoro nascosto dell’antico pirata Omvar, risucchiato insieme alla sua ciurma dal Fiume Nero sin oltre l’orlo del mondo. Bevuto il succo del rosso dadaim e proiettato altrove il suo ka (termine spirituale ripreso da Stephen King per la saga de La torre nera), ha scoperto che un suo rivale, il mago Sarcand originario di Naat (figlio di un negromante e di una cannibale nera), è entrato in possesso della mappa di Onvar. Il tesoro viene rinvenuto su un’isola a ovest di Mirouane, chiamata Isola dei Granchi e conosciuta come Iribos. L’apprendista e il maestro naufragano sule sue spiagge, ove scoprono che il mago cannibale Sarcand è arrivato prima di loro e ha sottratto al tesoro un magico anello a forma di kraken nel quale è incastonato uno smeraldo (è il sigillo di Basatan, dio del mare), con il quale è in grado di comandare a bacchetta i famelici granchi dell’isola…

16. Morthylla. L’ultimo racconto del ciclo è anche l’ultimo pubblicato su Weird Tales, quasi giunta alla sua fine dopo un cambio di formato. A Umbri, città del Delta, il vecchio e orgiastico poeta Famurza (alter ego di George Sterling, mentore di Smith, e fondatore della prima “comune” di artisti USA insieme all’amico Jack London) mette una pulce nell’orecchio del suo pupillo Valzain (alter ego di Smith), di umore tetro: fra Umbri e Psion, esiste una vecchia necropoli che si dice abitata da una lamia. Valzain allora raggiunge quel cimitero sulla collina, fra tassi sull’edera e licheni sulle lapidi, e incontra la seducente Morthylla: ma è davvero una lamia? Scoprirlo toccherà non solo a Valzain, ma anche al suo mentore Famurza… Insieme a molti altri manoscritti originali, anche questo andò perduto nell’incendio della capanna di Smith.

17. I morti ti faran cornuto. Testo teatrale in un atto e sei scene, pubblicato postumo, ancora una volta ambientato a Faraad, capitale di Yoros. Stavolta il re si chiama Smaragad (infedele e fratricida), acciambellato sul trono dal doppio piedistallo e protetto dai tridenti delle guardie, mentre la sua regina si chiama Somelis. Il re fa avvelenare un ospite a corte, Galeor, poeta errante e suonatore di liuto (inneggia spesso a Lliot, la dea con la mezzaluna cornuta sul capo, tanto adorata nella sua patria, ma invisa a Yoros), perché ingiustamente sospettato di insidiare la regina e le dame di corte. Dopodiché il re scaccia dalla città il negromante Natanasna. Questi è in grado di resuscitare i morti ed evocare il ka ma non di richiamare le anime; così, insieme al suo assistente nero Kalguth (di cui è forse innamorato), attua la sua vendetta contro il sovrano di Yoros: si appella a Mumbavut, spirito maligno e lussurioso, e grazie al potere dell’oscuro Thasaidon dalle corna nere, signore dei sette inferi che proprio nel settimo dimora (fra tutte le divinità, abbiamo visto che Thasaidon di tutte gioca un ruolo cruciale) resuscita Galeor sotto forma di vongh (cadavere animato da un demone), il quale ritorna scalzo (come è usanza dei morti) a corte ed esattamente nella camera della regina. Alcuni versi (ovvero le formule magiche del negromante) sono scritte in umlengha, l’antica lingua di Zothique usata da maghi e studiosi (come annotato da Smith). L’autore forse pensava a un adattamento in prosa di questi versi liberi, ma non se è più fatto nulla.
18. Forme di pietra. Il frammento di un racconto di cui rimangono poche pagine (Smith sosteneva ce ne fossero di più) avrebbe rievocato la testimonianza di un individuo incarnatosi quattro volte, conducendo quattro vite distinte durante tutte le trasformazioni di Zothique. Si comincia dalla testimonianza della sua vita da profeta, ma Smith non finì mai di scrivere date le difficoltà di pubblicazione.
19. Il nemico di Mandor. Il secondo frammento di racconto termina con una frase a metà: avrebbe raccontato la storia di Mandor, figlio di Famorgh e quindi nuovo re di Tasuun.

XICCARPH
Xiccarph è uno dei sei pianeti di un sistema con tre soli e tredici lune. Gli altri cinque pianeti sono Mornoth, Ulassa, Nouph, Rhul e Votalp. Di questo ciclo esistono solo due racconti, ma connessi fra di loro.
1. Il labirinto dell’incantatore. Tiglari, il cacciatore di bestie selvagge, scopre che Athlé, una fanciulla della sua tribù, è stata rapita da Maal Dweb, lo stregone che domina su tutta Xiccarph, per renderla una schiava del suo harem. Il cacciatore affronta i velenosi fiori rettile e dalle foglie prensili nel labirintico giardino del tiranno, ma il liquido stillato da una di queste piante (il nettare della vita primordiale) lo trasforma in un essere scimmiesco. Athlé invece è stata trasformata dal negromante in una statua di pietra per preservarne la bellezza in eterno.
2. Le donne-fiore. Stavolta il protagonista è Maal Dweb, antagonista del precedente racconto. Egli possiede un meccanismo che attiva il ponte levatoio d’argento il quale conduce alla nuvola di Xiccarph che permette l’accesso a multiple dimensioni. Attraversata la nuvola con le giuste coordinate, lo stregone si teletrasporta su Votalp, il pianeta più esterno, dove incontra alcune creature metà donne metà fiore. Sono vampire, dolci vampire, però lo stregone non è lì per ucciderle, bensì per distruggere il popolo di rettili che le opprime. Smith ha sempre avuto una spiccata passione per il mondo floreale, e già in una veste orrorifca ce lo aveva mostrato quando gli astronauti di Atlantide erano approdati su Venere in uno dei racconti presenti in questo volume. Questo racconto è stato considerato da Lovecraft e da Robert Bloch uno dei minori della sua opera.
CONCLUSIONI
Come molti suoi eccellenti contemporanei, Smith si è dovuto spesso battere con le bocciature o le richieste di modifiche avanzate da Farnsworth Wright, direttore di Weird Tales. Un diretore talmente odiato persino da Lovecraft che, quando Wright prese appunto le redini di Weird Tales, Lovecraft si allontanò sempre più dalla rivista, fin quasi poi arrivando ad abbandonare la scrittura. Fortuna che i grandi come Lovecraft e Smith sopravvivono comunque, anche a un uomo qualunque come Wright!
Finito di leggere: giovedì 25 giugno 2020.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Atlantide e i mondi perdutiAtlantide e i mondi perduti, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
ALTRO: Atlantide e i Mondi Perduti 1/2