CRITICA DELLA RAGION CRIMINALE di Michael Gregorio

CRITICA DELLA RAGION CRIMINALE di Michael Gregorio

NOM DE PLUME

Lo pseudonimo dell’autore Michael Giacchino è dovuto al nome di Michael Jacob, insegnante di Inglese, e al cognome di Daniela Di Gregorio, insegnante di Storia e Filosofia, entrambi docenti a Spoleto. A lui/loro si deve la serie di romanzi gialli ambientati in Prussia all’epoca delle guerre napoleoniche e con protagonista Hanno Stiffeniis, magistrato di Lottingen e soprattutto antico allievo del filosofo Immanuel Kant: Critica della ragion criminale (Einaudi Stile Libero Big, 2006) è il primo dei suoi casi. Esordio, c’è da dire, non particolarmente apprezzato dalla critica quando uscì, forse in risposta a una campagna promozionale particolarmente aggressiva.

Lo pseudobiblion che dà il titolo al romanzo in questione è scritto dal sommo filosofo Kant che, dopo aver esplorato la Ragion pura e la Ragion Pratica, nella sua ricerca della verità si è lasciato sedurre dal fascino del Male assoluto. Il manoscritto maledetto viene ritrovato a Konigsberg, nella fangosa Prussia del 1804 che attende l’invasione di Napoleone, in concomitanza con il susseguirsi di una serie di delitti talmente inspiegabili da chiamare in causa il Diavolo in persona, e il suo Artiglio in particolare.

Critica della ragion criminale_Libri Senza Gloria
Critica della ragion criminale_Libri Senza Gloria

KANT & STIFFENIIS

Dopo una sfolgorante entrata in scena, il vecchio filosofo si appare sempre più malato, ammantato dai soliti luoghi comuni, che via via ce lo restituiscono più stramboide e sgradevole. Quantomeno se da un lato è incapace di badare ai propri bisogni personali, affascina che dall’altro la sua mente lucida sperimenti scientificamente le prime pratiche forensi e di medicina legale (anche parecchio orripilanti) con tanto di teste mozzate e conservate nei barattoli. Queste contraddizioni, così come vedere l’uomo che ha riportato l’Europa alla rigida razionalità adesso in balia alle superstizioni professate dal negromante Vigilantius come un credulone qualsiasi, renderebbero interessante il Kant romanzesco (inutile pretendere qui la correttezza filosofica del suo pensiero), è pure vero che lui non è il protagonista, ridotto a un ruolo progressivamente marginale dal giovane Stiffeniis, magistrato chiamato a indagare.

Il grande problema è che non riusciamo ad empatizzare con il personaggio principale, superbo ma gretto, ambizioso ma cieco, dice di seguire il Metodo razionale ma incappa in una falsa pista dopo l’altra che allungano il brodo con la conseguenza di annoiare il lettore. Se all’inizio non riusciva a distinguere il bene dal male, la sua compassione lo porta alla verità (sconvolgente?) che però emerge nel finale (scontato) solo grazie alle insistite imbeccate del suo più illuminato mentore, e nemmeno l’accenno a una tormentata backstory serve a rendercelo più simpatico in alcun modo.

Immanuel Kant (1724-1804)

CONCLUSIONI

Oltre il personaggio, non aiuta lo stile: il lessico è adeguato all’epoca del racconto ma la scrittura si dilunga in aggettivi e descrizioni dei sentimenti (e meno degli ambienti, dalle orrende prigioni ai mercati ai palazzi), incede in pesanti atmosfere gotiche anche grazie a figure riuscite (dalla “strega” guaritrice al soldato deforme fino alle spie dei francesi), come fosse un romanzo a puntate quando invece tutto poteva essere condensato in un thriller con meno parole.

Dopo tante pagine angoscianti attraverso cui si prolunga la vicenda, poi l’informazione decisiva (SPOILER: la vecchia che confonde il vecchio maggiordomo di Kant con quello nuovo) arriva praticamente spiattellata in bella vista, a metà libro, in una semplice riga di dialogo, incapace di essere meglio nascosta altrimenti.

Finito di leggere: sabato 17 dicembre 2022.

Nel salutarvi, vi invito a leggere Critica della ragion criminale di Michael Gregorio, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.

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