DANCE DANCE DANCE di Haruki Murakami vs TWIN PEAKS
Giornalista e danza
In Dance Dance Dance (1988) a danzare è un giovane anonimo e allo sbando. Porta al polso l’orologio di Topolino (segnale caratteristico del ben più esperto investigatore Robert Langdon e arcinemesi degli Illuminati), guida una Subaru e trascorre il tempo leggendo la biografia di Jack London. Per lavoro fa il giornalista freelance (scrive riempitivi per pochi spiccioli) e sua moglie l’ha mollato da poco. Inoltre nessuno capisce mai quando parla se scherza o se è serio: caratteristica, questa, che ce lo rende immediatamente simpatico.

Non è un caso comunque che questo romanzo sia il sequel proprio di Nel segno della pecora (1982), sempre a firma di Murakami (Il protagonista è lo stesso), e che prendeva le mosse dalle fotografie scandagliate nel Blow-Up (1966) di Michelangelo Antonioni.

Ritrovandosi nei panni del triste valutatore di ristoranti (non proprio il cinico assaggiatore di Ratatouille) lascia Tokyo e torna a Sapporo. Qui cerca l’Albergo del Delfino nel quale aveva trascorso quattro anni della sua vita insieme a una squillo di lusso. Lei si chiama Kiki (lo scandaloso film Kiki & i segreti del sesso è uscito al cinema circa trent’anni dopo) e il giovane l’ha casualmente rivista nel film Un amore a senso unico mentre (nella finzione) va letto con il suo ex compagno di scuola e ora attore belloccio Gotanda.

L’orecchio e l’ascensore
Anni prima il protagonista aveva conosciuto Kiki perché doveva scrivere un articolo sulle orecchie femminili e (improvvisamente) le si era rivelato il bellissimo orecchio di Kiki… ricordate l’orecchio che mette in moto Velluto blu (1986) di David Lynch? Okay, ricordate e mettete l’appunto da parte.

Kiki è scomparsa, l’Albergo del Delfino è diventato il magnifico Delphin Hotel e lo squallido quartiere di un tempo si appresta (grazie a speculazioni edilizie e politiche) a essere rilanciato in grande stile. La sua nuova receptionist con gli occhiali pare però incarnare il precedente spirito dell’Albergo: di cognome fa Yumiyoshi e per loro (giapponesi)) è un cognome strano (noi fingiamo di conoscere la lingua e fingiamo di credere).
A proposito, sull’ascensore del Delphin Hotel spesso va via la luce e si entra come in una dimensione fantasma dove è possibile incontrare l’uomo pecora e lo scimmione che ti addormenta a forza di martellate sulla testa. Per farla breve, Lynch prima di Lynch!
Neve e pioggia
Nel nuovo albergo, grazie a una convergenza di gusti musicali, il giovane trentaquattrenne fa la conoscenza della tredicenne Yuki (che significa Neve). Lei è un’adolescente dimenticata, come di consueto, dalla madre (Ame, che significa Pioggia), famosa e sbadata fotografa sempre in viaggio alla quale capita sovente di perdersi la figlia per strada. Come il protagonista è abbandonato dalla moglie, Yuki lo è dai genitori e questi fatti, oltre che avvicinarli, li esaltano a stendardi del tema della perdita tanto caro a Murakami.
Il giornalista si offre riaccompagnare Yuki a casa e scopre che il papà di Yuki è lo scrittore Makimura Hiraku: non è troppo difficile vederci un alter ego dell’autore per via del mestiere e dell’anagramma nascosto nel nome. Solo che lo stesso autore non gli rende giustizia: oltre che brutto, Makimura è un uomo pratico (gioca a golf), paga sempre i suoi debiti (proprio come i Lannister) ed è sempre seguito da uno scodinzolante assistente omosessuale (Venerdì).

Hawaii e scheletri
Lo scrittore decide di finanziare per la figlia Yuki e il giornalista in qualità di improvvisato babysitter una vacanza a Honolulu. Sempre alle Hawaii ritrovano Ame in compagnia del nuovo boy-friend: un poeta senza il braccio (non ci sono più dubbi: Twin Peaks ha pescato a piene mani da questo romanzo).

Come il piano oscuro del Delphin Hotel, ne esiste una corrispettiva dimensione in un appartamento di Honolulu popolato da scheletri che guardano il televisore. Gli universi sono ciascuno speculare all’altro: nel primo abbiamo l’uomo pecora e nel secondo Kiki. Non sono forse i due poli di una vita, di una magia, di una realtà, come la Loggia bianca e quella nera di Twin Peaks?
Squillo e iene
Lanciatosi alla ricerca di Kiki, il protagonista rintraccia il vecchio amico e fascinoso Gotanda. I due bevono, parlano, e finiscono a letto con due prostitute di lusso. Una delle due, Mei (quella che va a letto con il giornalista), viene ritrovata strangolata. A Honolulu il giornalista incontra un’altra prostituta, ma che lavora per la stessa agenzia internazionale di Mei e il cui nome d’arte è June (quindi il mese successivo a May). Queste prostitute così ben organizzate e con i nomi dei mesi anticipano di qualche anno le Iene (1992) tarantiniane che si affibbiavano i nomi dei colori.

Cinema, prostitute e delitti portano il giornalista a vivere un surreale interrogatorio della polizia con un paio di agenti indecisi su quali ideogrammi battere a macchina.
Rock and roll
In tutto ciò continua la platonica relazione del protagonista con Yuki, cui l’accomuna una grande passione per la musica americana. E con un titolo come Dance Dance Dance, ascoltano tutto (il rock): una sfilza di cantanti (Bob Dylan, David Bowie, Eric Clapton) e band eighties (dai nomi improbabili per i giapponesi) come Abba, Beach Boys, Dire Straits, Duran Duran, Police, Talking Heads…

Yuki poi ha tante spille di musicisti come fossero feticci, e si rivelerà essere dotata di uno strano potere: “vede” oltre la realtà, non proprio premonizioni o shining, ma qualcosa del genere. Ed è grazie a una delle sue visioni che in maniera improvvisa si riuscirà a incanalare (SPOILER: risolvere è chiedere troppo) il mistero dei delitti delle prostitute. Non vi ricorda la Signora Ceppo (ecco, anche lei aveva un feticcio a partire dal nome) le cui visioni spesso hanno contribuito alle svolte narrative di Twin Peaks?

E tutte quelle band che si esibivano nei finali di ciascuna puntata della terza stagione di Lynch e Mark Frost ci restituiscono in effetti il mood musicale-surreale di Dance Dance Dance. Senza considerare il fatto che ogni cosa parte da un orecchio umano, esattamente come due anni prima aveva fatto Lynch nel sopracitato Velluto blu.
Conclusioni
E poi forse la frattura nello spazio-tempo (metafora dell’abbandono?) si risana ma la musica non smette di suonare. Il protagonista danza dunque in questo Giappone anni ’80 e noi con lui sino alla onirica conclusione di questo noir fantasy (o giallo non convenzionale, come altro definirlo?) sospeso tra realtà e fantasia che negli anni pare aver giocato a rimpiattino con David Lynch.
La scrittura intimista di Murakami, fra elegante ironia e percezioni brillanti, e il suo personaggio tanto strampalato da essere comune, non ci fanno quasi mai accorgere dei troppi indugi sulle emozioni dei protagonisti. Fanno semmai risaltare a tutto spiano la componente psicoanalitica del finale “sospeso” dove tutto infine continuerà in qualche modo a danzare.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Dance Dance Dance di Murakami Haruki, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
Finito di leggere: mercoledì 3 ottobre 2018.