IL CACCIATORE DI AQUILONI di Khaled Hosseini
GENERAZIONI
Baba è cresciuto sin da piccolo insieme ad Ali, un orfano accolto in casa dal papà giudice dopo che questi aveva “condannato all’esercito” i due drogati che ne avevano ucciso i genitori. Baba e Ali crescono come fratelli. Il primo non ha studiato legge come il genitore ma è diventato un ricco mercante; il secondo gli è sempre stato vicino in qualità di servo. Il primo è pashtun, il secondo hazara. Ali, inoltre, è stato reso zoppo da una poliomelite.

Corsi e ricorsi storici. Amir, il figlio di Baba, è cresciuto sin da piccolo insieme ad Hassan, il figlio di Ali: i due hanno sempre vissuto nella povera capanna nel cortile della casa di Baba, la più ricca di Kabul. Amir diventerà un rinomato scrittore, Hassan rimarrà analfabeta come tutti i servi. Il primo ha perduto la madre durante il parto, il secondo è stato abbandonato dalla madre dopo il parto. Il primo è pashtun, il secondo hazara. Hassan, come il padre Ali, presenta una vistosa deformazione: ha il labbro leporino sin dalla nascita.

L’IRONIA DELLA VITA
Storicamente gli hazara hanno sempre subito ritorsioni dai pashtun, che li hanno in odio. I due bambini però sono cresciuti guardando insieme al cinema Rio Bravo con John Wayne e I magnifici sette, e soprattutto partecipando al torneo di caccia agli aquiloni tanto atteso dai ragazzi di Kabul all’incedere di ogni inverno. Se Amir è l’aquilonista, Hassan è il suo assistente.
In cerca di un riconoscimento paterno, Amir ottiene l’amore di Baba solo perdendo il suo amico Hassan: il suo amico viene sodomizzato dai ricchi bulli della città mentre riportava indietro l’ultimo aquilone tagliato in volo da Amir. Questi ha ignorato intenzionalmente le pene subite dal “fratello”, non ne ha preso le difese ma ha goduto della vittoria.

La tragica ironia di cui è densa la narrazione de Il cacciatore di aquiloni fa esprimere il grande amore del povero Hassan verso Amir attraverso il suo più grande sacrificio: denunciato da Amir (che ha frainteso il consiglio di un amico del padre) di avere rubato l’orologio d’oro ricevuto in regalo da Baba, Hassan si addossa le colpe e insieme al padre Ali abbandona per sempre la casa dei loro amici.

AFGHANISTAN OGGI
Con l’invasione comunista dei primi anni ’80, Baba e Amir fuggono rocambolescamente dall’Afghanistan. Trascorreranno gli anni ’80 in California, a Fremont, dove Baba odia Jimmy Carter, idolatra il presidente Reagan che ce l’ha con i sovietici e, perduta la passata ricchezza, sopravvive vendendo al mercato delle pulci. Amir si diploma, si iscrive all’università in scrittura creativa e al mercato delle pulci si innamora di Soraya, giovane afghana dal passato oscuro.

Amir perderà il padre (Baba viene ucciso dal cancro) e troverà una moglie (Soraya). Gioiamo e soffriamo con lui in questo periodo di transizione a San Francisco, quando scopre di non potere avere figli ma arriva l’inaspettata chiamata di un vecchio amico del padre (lo stesso i cui consigli aveva frainteso). Roso dai sensi di colpa nei confronti di Hassan e in cerca di un castigo ancora da espiare, Amir torna in Afghanistan: il suo obiettivo è quello di andare a Kabul – nel 2001 sotto il dominio dei talebani è diventata una distesa di macerie – rintracciare il figlio di Hassan e tentare di salvarlo a ogni costo.

Non mancano i colpi di scena e i rovesci di fortuna, neanche fossimo in un film hollywoodiano, tanto da far venire meno a questo punto la sospensione di incredulità garantita dall’uso descrittivo della prima persona singolare.

Nel racconto non prevale tanto lo scontro tra la modernità americana e l’arretratezza talebana quanto il contrasto tra la splendente civiltà afghana di una volta e quella degradante di oggi sotto l’egemonia dei terroristi.
PASHTUN

Il cacciatore di aquiloni, best-seller mondiale del 2003 e in Italia pubblicato da Edizioni Piemme, è il primo romanzo dello scrittore afghano Khaled Hosseini. Pashtun di Kabul, Khlaed è figlio di un diplomatico, insieme alla famiglia costretto a fuggire di città all’età di 10 anni film, quindi ottenne l’asilo politico in California… esattamente come Amir, il protagonista del libro.Khaled Hosseini firmerà altri casi editoriali negli anni a venire, come Mille splendidi soli e E l’eco rispose, sempre incentrati sull’Afghanistan straziato dagli estremisti islamici, ma è questo il romanzo che lo ha imposto all’attenzione del grande pubblico e dal quale Marc Forster ha tratto l’omonimo film del 2007.

Il regista veniva da Monster’s Ball – L’ombra della vita (il film che fece vincere il Premio Oscar come migliore attrice ad Halle Barry) e da Neverland – Un sogno per la vita, e sarebbe andato verso Quantum of Solace (il secondo 007 con Daniel Craig) e verso World War Z (il blockbuster sugli zombie con Brad Pitt). Nel mezzo ha scelto l’adattamento scritto da David Benioff (una delle menti dietro la serie televisiva Game of Thrones) per portare in scena il best-seller di Hosseini.

LIBRO VS FILM
Pur nella sintesi operata dalla sceneggiatura, e ricostruendo Kabul nientemeno che in Cina, la pellicola si rivela fedele al testo di partenza. Mancano alcune scene come ad esempio: il mendicante di strada ed ex professore che racconta ad Amir una storia legata a sua madre; l’incontro in casa di Wahid, fratello di Farid, l’autista, che però nel film non ha perso una mano per colpa di una mina; il ritorno della madre di Hassan; molte sequenze dell’ultimo atto che riguardano la fuga il ritorno insieme a Sohrab…

Alcune scene sono state modificate (nel libro è Farid ad aggredire il direttore dell’orfanotrofio che “vende” i bambini e non Amir), altre modifiche riguardano l’aspetto dei personaggi (Assef, l’aguzzino dei bambini, nel libro è biondo e con gli occhi azzurri essendo figlio di una donna tedesca, oltre che apologeta di Adolf Hitler, mentre nel film ha tratti esclusivamente mediorientali; inoltre Hassan non possiede il suo caratteristico labbro leporino) e altre modifiche ancora riguardano le relazioni tra i personaggi (sul grande schermo Baba viene mostrato più amorevole nei confronti del figlio, mentre il rapporto di Amir con il suocero viene adattato in maniera più conflittuale).

Ovviamente il film gioca molto con la struttura a flashback, non può esimersi dal riportare una battuta mantra del film (“Un ragazzo che non riesce a difendersi diventa un uomo che non sa difendere niente”) e dal prenderne una piccola per trasformarla nel tormentone strappalacrime del caso (“Per te un milione di volte!”).
CONCLUSIONI
Il viaggio attraverso la storia personale del protagonista è anche il viaggio attraverso la storia di un popolo con i suoi usi e costumi. Un’odissea lungo un luogo sognante diventato incubo di guerra, specchio in entrambi i casi dell’anima lacerata del protagonista. Viaggio che si fa discesa agli inferi ma che culmina con il perdono ritrovato nel luminoso sorriso di un bambino. Il viaggio di un’amicizia che tra rivelazioni e camuffamenti attraversa il tempo, la guerra e il dramma della pedofilia. Un fatalismo che definiremmo genetico.

La semplicità del linguaggio rende scorrevole il viaggio attraverso le circa quattrocento pagine del volume, e al contempo abbatte ogni ostacolo religioso e razziale per arrivare a toccare e scuotere la coscienza di qualsiasi lettore. La lacrima è sempre dietro l’angolo, troppa commozione stona con la riflessione, e la paura sia che in fondo di questa storia non rimanga altro che una favola costruita ad arte, troppo elaborata nella sua semplicità per arrivare davvero a scuotere le menti oltre che le anime.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Il cacciatore di aquiloni di Khaled Hosseini, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
Finito di leggere: martedì 14 gennaio 2020.