IL GIOCO DELLE TRE CARTE di Marco Malvaldi
LA SQUADRA DEI NONNI
Nato a Pisa nel 1974, lo scrittore Marco Malvaldi, di professione chimico, è noto principalmente per avere creato la serie di romanzi sulla squadra di investigatori dei vecchietti del BarLume, che avevano esordito nel 2007 con La briscola in cinque.
Il secondo romanzo della serie, Il gioco delle tre carte (2008), edito da Sellerio, affida l’esergo al terzo atto dell’Otello di William Shakespeare. Al centro della trama, come sempre, abbiamo il barista (anzi barrista) Massimo, sveglio ma svogliato, e la sua procace banconista Tiziana: quando viene ucciso un professore giapponese (Asahara) nel corso di un congresso (il XII International Workshop on Macromolecular and Biomacromolecular Chemistry – e ricordiamo che Malvaldi è chimico egli stesso) organizzato dal Dipartimento di Chimica (dell’Università di Pisa), Massimo si ritrova a indagare perché gli viene richiesto “casualmente” dal commissario di polizia Vinicio Fusco.
Gli fanno da contrappunto dialettico i quattro arzilli vecchietti che compongono l’Asilo Senile del BarLume: il più giovane del gruppo è l’ultrasettantenne Aldo (vedovo, l’unico della cricca a parlare correntemente in italiano, nonché l’unico che ancora non è andato in pensione in quanto gestore dell’Osteria Boccaccio), poi ci sono Ampelio (il nonno di Massimo, e se Massimo è ispirato a un vero barista di Pineta, Ampelio è basato sul vero nonno dell’autore), il Rimediotti (nome di battesimo Gino) e Pilade detto “il Del Tacca del Comune” (che è altra cosa rispetto agli alti tre Del Tacca che si aggirano nei dintorni; lui ovviamente è quello che lavora al Comune e si presenta come un odioso individuo iper-adiposo): ogni pomeriggio, tutti i pomeriggi, lo trascorrono lì al bar dando a Massimo non pochi grattacapi. Seduti nel punto più fresco del cortile, ovvero all’ombra dell’olmo, ogni giorno si ritrovano a giocare a carte, e fra una partita e l’altra i loro infiniti pettegolezzi setacciano tutti gli avvenimenti di Pineta, anche e soprattutto quando si tratta di trovare il bandolo della matassa afferente a un crimine.

La cittadina toscana di Pineta, che ha anche una pineta (non solo nel nome), è una frazione di cinquemila anime nella provincia di Pisa. Il BarLume di Massimo, a questo punto, per i pinetani deve un po’ apparire come La signora in giallo: un elemento di paesaggio che porta una iella fuori dal comune!
CONCLUSIONI
Pur laureato in matematica, Massimo aveva partecipato al congresso scientifico in qualità di addetto al catering, così viene convocato come interprete durante gli interrogatori dei sospettati giapponesi. Il gioco delle tre carte cui fa riferimento il titolo del romanzo viene illustrato a Massimo da un vero esperto in materia, Aldo: una vera lezione di vita su come ci voglia poco a distrarre l’attenzione di chi guarda, che è un po’ quel che succede con il delitto in oggetto. Come sempre, se vuoi nascondere qualcosa, mettila in bella vista: e così la soluzione dell’enigma potrebbe nascondersi nel laptop della vittima.

Nella serie televisiva targata Sky Cinema de I delitti del BarLume (in onda dal 2013), Filippo Timi rende a meraviglia l’ombrosità e l’intuito del barista divorziato Massimo Viviani, diviso fra l’amore non corrisposto del commissario Vittoria Fusco (Lucia Mascino) – che quindi subisce questo gender swap utile alla sottotrama romantica – e le vicende amorose della bella banconista Tiziana (Enrica Guidi). Il Rimediotti è Marcello Marziali, Aldo è Massimo Paganelli, Pilade Del Tacca è Atos Davini. Ad oggi la serie conta 8 stagioni per un totale di 16 episodi, e sebbene siano collegati fra di loro, ciascuno si presenta come un film TV a sé stante.
Lo stile di scrittura confonde i pensieri dei personaggi alle battute ironiche di un narratore onnisciente, e per quanto abbiamo a che fare con intercalari toscane, le bestemmie dei personaggi di tanto in tanto arrivano come pugni sulle orecchie.

In questo episodio autoconclusivo abbiamo anche una velata critica al mondo universitario, dove i luminari sono tutti in competizione fra di loro. Le parti più spassose sono ovviamente le strampalate congetture dei quattro arzilli ficcanaso che non possono non ricordarci quelli di Amici miei. Ne Il gioco delle tre carte l’ambientazione corale della provincia ricorda la grande commedia all’italiana mentre la risoluzione è affidata tanto all’intuito quanto al caso. Per concludere, ci troviamo davanti a una lettura veloce, ricca di ironia toscana e senza splatter, tanto che potremmo affermare sia più una commedia che un vero giallo (con un tantino di sessismo passato per brio)!
Finito di leggere: mercoledì 10 novembre 2021.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Il gioco delle tre carte di Marco Malvaldi, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.