IL SILMARILLION di J.R.R. Tolkien

IL SILMARILLION di J.R.R. Tolkien

MITI, PREMESSE E LETTERE

Il Silmarillion (1917, benché pubblicato nel 1977 a quattro anni di distanza dalla morte del suo autore), per quanto incompiuto, rimane forse l’unico tentativo fatto in tempi recenti di costruire un vero e proprio edificio mitico. Stiamo parlando dell’impalcatura ossea dalla quale si sono diramate le successive opere narrative del professore John Ronald Reuel Tolkien (1892-1973). Si tratta infatti di una mitopoietica che narra le vicende di Arda dalla sua creazione fino alla Terza Era, fondamentale per capire l’universo di nella quale si svolgono i capolavori Lo Hobbit e Il Signore degli anelli (ma anche I figli i Hùrin, tutti libri pubblicati da Bompiani).

La seconda edizione de Il Silmarillion è curata per Bompiani (su carta patinata, scelta da noi apprezzata) da Marco Respinti e tradotta da Francesco Saba Sardi, con una premessa e prefazione di Christopher Tolkien (figlio dell’autore). A lui si deve il lavoro di raccolta delle bozze, di revisione (e in taluni casi di espansione) e di unione che ne ha portato alla pubblicazione, coadiuvato dallo scrittore fantasy Guy Gavriel Kay. Successivamente il giovane Tolkien rinvenne ulteriori versioni grezze di racconti che furono pubblicati in dodici volumi sotto il titolo La storia della Terra di Mezzo. Ma, per sua stessa ammissione, potevano benissimo essere inseriti ne Il Silmarillion se li avesse scoperti prima.

Il Silmarillion_Libri Senza Gloria
Il Silmarillion_Libri Senza Gloria

Alla premessa segue una lunga lettera scritta da Tolkien senior all’amico Milton Waldman, all’epoca editor presso la casa editrice Collins. Nella lettera cerca di convincerlo a pubblicare insieme Il Silmarillion e Il Signore degli Anellicome un’unica lunga Saga dei Gioielli e degli Anelli“. La lettera funge anche da riassuntone generale (quindi attenti agli spoiler) su questa parabola di una caduta mascherata da leggende sui Tempi Remoti.

CREAZIONE E CADUTA

I personaggi e le avventure che abbiamo amato nella trilogia principale si rifanno ai fatti remotissimi della Prima Era del Mondo (per capirci, Il Signore degli Anelli è ambientato addirittura alla fine della Terza Era) qui narrati attraverso cinque racconti legati come i capitoli di un’unica “storia sacra” dei quali solo il Quenta Silmarillion è da intendersi come Il Silmarillion vero e proprio. Le altre quattro sono invece opere brevi, due poste all’inizio (strettamente legate al Silmarillion) e due alla fine (questi ultimi sono sostanzialmente autonomi ma voluti lì da Tolkien). Procediamo con ordine.

La prima parte, Ainulindalë (ovvero la Musica degli Ainur) descrive le creazioni di Eru Ilùvatar (Dio) a partire dagli Ainur (potenti spiriti nati dal suo pensiero) e la genesi di Arda (la terra). Innegabile l’ispirazione dalla Genesi biblica, il “racconto degli inizi” presente in molte culture, che narra creazione e caduta dell’uomo tanto quanto Tolkien narra creazione e caduta degli Elfi. Tolkien, studioso medievalista, doveva poi conoscere come le proprie tasche gli scritti di sant’Agostino sulla musica e la tradizione cristiana medievale dell’armonia delle sfere, di cui si è servito per fondare il suo momento cosmogonico (la “musica degli inizi” da cui tutto scaturisce). Così come la polarità tra Eru e Melkor richiama quella tra Dio e Lucifero, il più bello degli angeli (Ainur in questo caso) che introduce la discordia (la sua invidia porta dissonanza nella musica) fino a diventare egli stesso “l’angelo caduto” per eccellenza. Fondamentale differenza è che nel cristianesimo il male è venuto dopo, mentre qui è connaturato nella creazione. Melkor-Morgoth, come Lucifero, vivrà nelle profondità della terra, e per colpa sua gli Ainur sono costretti a fuggire da Arda nella Terra di Aman.

La seconda parte, Valaquenta, enumera i Valar (le Potenze del Mondo ovvero gli Ainur in forma umana, quando crearono il regno beato di Valinor, fondarono la città di Valmar e cambiarono il nome in Valar), i Maiar (ossia Ainur di potenza minore tra cui gli Istari che si presentano quali stregoni come Gandalf e Saruman, e il potente e bellissimo Sauron, qui in un “piccolo ruolo”, che si lascerà irretire dalla malvagità di Melkor finendo per diventare il Signore Oscuro della famosa trilogia) e nuovi nemici (i Balrog sono Maiar corrotti in demoni del fuoco e dominati da Gothmog, mentre gli Orchi sono una mostruosa “caricatura” degli Elfi). I Valar sono un pantheon angelico che ricorda da vicino anche le divinità sia della mitologia greca sia di quella norrena: vivono nel mondo su un’alta montagna che li separa dai mortali come l’Olimpo, e possiedono caratteristiche distintive (ad esempio Manwë, il loro capo, può essere associato a Zeus mentre il più forte, Tulkas, a Thor). La loro battaglia contro Melkor, stavolta, è per la salvezza degli Elfi, ma nonostante tutto il primo Signore Oscuro riesce ad abbattere i due “incorruttibili” pilastri di fuoco che erano la prima fonte di luce del mondo.

LE GEMME

La terza parte, Quenta Silmarillion, racchiude gli eventi più importanti prima e nel corso della Prima Era nella Terra di Mezzo. Il Valar Aulë, impaziente di vedere come sarebbe stata la creazione dei figli annunciati da Ilùvatar, crea la razza dei Nani, quindi considerati “umani imperfetti“, che vengono però adottati da Ilùvatar.  Dall’inizio dei giorni si va alla venuta dei Primogeniti annunciati da Ilùvatar, ossia gli Elfi, belli, perfetti (del tutto diversi dalle creaturine dispettose nel folklore delle fate) e immortali (anche se dovessero morire, dopo un torno di tempo le loro anime possono tornare in forma corporea), che iniziano a distribuirsi attraverso Arda.

Dopo una cattività lunga tre ere Melkor viene liberato, si finge amico degli Elfi ma ancora cova odio e invidia. Ad essere particolarmente sospettoso delle sue vere intenzioni è l’elfo Fëanor, il quale forgia i Silmaril (da cui il titolo di questa mitologia): tre gemme di “pura luce” tenute in altissimo conto dagli (Alti) Elfi perché contengono la Luce dei Due Alberi di Valinor, creati dai Valar dopo che l’avversario aveva distrutto i pilastri di fuoco. Ma la luce già affievolita degli alberi era stata nuovamente spenta dall’intervento nelle terre imperiture di Melkor (aiutato da Ungoliant, capostipite di tutti gli aracnidi tra cui il famigerato Shelob) costringendo i Valar a creare sole e luna (che sono fatti di luce corrotta). Melkor dunque concupisce i medesimi Silmaril (che i Valar hanno chiesto agli Elfi per recuperare la luce degli Alberi): la loro perdita e tentata conquista costituisce lo schema dell’intera vicenda (le guerre per i Silmaril).

Da questa frammentazione della luce deriva una (sottile) frammentazione linguistica, che stavolta prende spunto dalla Torre di Babele. Con l’oscuramento di Valinor, varie stirpi di Elfi come i Sindar (gli Elfi Oscuri) e i Noldor (quelli di mezzo) migrano da ovest verso est alla ricerca dei tre gioielli (e gli viene precluso il ritorno a Valinor, e così sarà per tutta la Prima Era). Giungono alla Terra di Mezzo, qui perdendosi e al contempo fondando nuove città (tutte copie carbone della Valinor a loro proibita).

ARRIVANO GLI UOMINI

Viene poi il turno dei Secondogeniti o Successivi, ovverosia gli Uomini (Secondo Popolo è il nome dato agli Uomini in Valinor), non belli e prestanti come gli Elfi, ma a loro soltanto Eru ha fatto “dono” della morte (non si sa dove vadano a finire le loro anime). Vengono dall’ovest per diffondersi nel Beleriand (dove erano già stati esiliati i Noldor, una storia che si rifà alle leggende irlandesi dei Túatha Dé Danann). La mappa del Beleriand inclusa nel volume, a ben vedere, è diversa da quella presente nel Signore degli Anelli (quindi le terre devono ancora subire vari sconvolgimenti). La storia successiva all’arrivo degli Uomini rimane comunque raccontata perlopiù dal punto di vista degli Elfi.

Sono questi i giorni in cui gli Elfi (in particolare i Noldor arrivati dopo e i Teleri, che avevano già fondato i loro regni nella Terra di Mezzo) assediano Angband, la fortezza del nemico nel Nord. Quattro secoli di pace culminano nella Nìrnaeth Arnoediad, la battaglia delle innumerevoli lacrime, in cui un’alleanza di Uomini ed Elfi contrattacca solo per venire sconfitta definitivamente.

La morte di Fingolfin (fratellastro di Fëanor) segna quella che è la rovina del Beleriand, intrecciata alla struggente storia d’amore tra i membri di due stirpi diverse. Da una parte Beren, valoroso umano, e Lùthien, l’elfa dall’incantevole voce: per ottenere la mano della sua amata Beren riesce a infiltrarsi ad Angband e a rubare un Silmaril dalla corona di Melkor, ma perde una mano durante la missione; Lùthien rinuncia alla vita eterna per trascorrere gli ultimi giorni mortali con il suo adorato nella Terra di Mezzo. I figli di Fëanor, per tener fede al giuramento secondo cui a nessuno era permesso avere un Silmaril, attaccano i discendenti di Beren e Lùthien: è questa nuova lotta fratricidia ad accelerare la caduta dei segreti e forti reami di Norgothrond (palcoscenico di Túrin Turambah, esiliato e leader di una banda di fuorilegge che compiva scorrerie contro gli Orchi), Doriath (nel quale trova la morte re Dior, figlio di Beren e Lùthien) e Gondolin (legata a Tuor, uomo che sposa la figlia del re suscitando le invidie del traditore che porterà Melkor da loro; Tuor è anche l’unico uomo ad essere ammesso nel regno beato di Aman). Si narra del viaggio di Eärendil il lucente che sposò Elwing la bionda, da cui ebbe Elrond il Mezzelfo ed Elros che diventerà re degli Uomini. Al termine della guerra d’ira Morgoth viene incatenato dai Valar e deportato nel vuoto esterno ad Arda.

L’ASCESA DI SAURON

L’Akallabêth, quarta parte del volume, è invece una rivisitazione del mito di Atlantide, già narrato da Platone nel Timeo. Nùmenor è una nuova isola situata tra Aman e la Terra di Mezzo, donata agli Uomini che avevano aiutato gli Elfi in guerra. L’isola cresce in potenza al punto che il suo ultimo re, Ar-Pharazôn, colpisce Sauron e lo cattura prima che questi si erga come secondo Signore Oscuro: in realtà l’astuto Sauron si è lasciato catturare di sua sponte per poter diventare consigliere del re e riportare in auge il culto di Morgoth. Sobillerà una rivolta per strappare l’immortalità ai Valar, l’attacco si conclude con la Caduta di Nùmenorche sprofonda in mare, la rimozione di Aman dal mondo dei mortali e lo stravolgimento della terra come era allora conosciuta.

La parte conclusiva di si intitola Dagli Anelli del Potere e della Terza Erain cui questi racconti giungono alla loro conclusione“: un riassuntone anche di quanto avviene ne Il Signore degli Anelli che porta alla distruzione finale di Sauron e al lieto fine.

Se non volete prendere appunti durante la lettura, potete consultare le tabelle conclusive sulle varie genealogie (La casa di Finwë, I discendenti di Olwë ed Elwë, La Casa di Bëor, La Casa di Hador e la Gente di Haleth) e l’utilissimo Indice dei nomi. Se volete ancora andare più a fondo, sempre nelle ultime pagine, prima della Nota del curatore italiano, trovate le Note sulla pronuncia (e un Appendice dedicata agli elementi che compongono i nomi Quenya e Sindarin).

STILE

Sebbene Il Signore degli Anelli venne dato alle stampe molti anni prima, Il Silmarillion è un necessario antecedente per comprendere appieno tutti gli snodi successivi di questa titanica opera-mondo: non un vero e proprio romanzo ma un corpus mitologico, o legendiarium. Tra tutte le sue opere, questa è forse quella più amata dal suo autore, che vi lavorò per tutta la vita senza mai riuscire a completarlo (fatta eccezione per alcuni brani modificati e riassunti che compaiono come Appendici de Il Signore degli Anelli). Nonostante sia stato modificato più volte nel corso degli anni, tanto che è impossibile risalire a una versione definitiva (mani avanti, non cercate coerenza assoluta), Il Silmarillion rimane la sola chiave interpretativa del poema fantasy principale, a conferma della sua ampia e unitaria struttura narrativa.

Meno mitologia e poesia, più teologia e filosofia di quanto uno possa aspettarsi. La scrittura rivela la doppia anima di Tolkien, non solo romanziere ma anche grande saggista, che imbastisce una narrazione approfondita e calata in un mondo descritto a menadito, con l’obiettivo (non tanto nascosto, come si legge nella lettera iniziale) di creare una mitologia originale per la cultura inglese, che avendo tratto le proprie leggende da altre culture, ne è sempre stata sprovvista. Pertanto il linguaggio è quello sublime e semplice insieme dell’antico epos, facile solo nelle mani di Tolkien, che insegnò Lingua e letteratura anglosassone a Oxford e poi Lingua e letteratura inglese.

Restando sul piano linguistico, si avvertono forti influenze gallesi: in particolare nella lingua elfica Sindarin, che viene dagli Elfi Oscuri ma poi diventata lingua comune di tutti gli Elfi. Questo succede perché Il Silmarillion è un’opera unica nel suo genere, che allo stesso tempo si rifà a diverse fonti (poemi, annali, racconti di tradizione orale, ecc.) che ne conferiscono uno stile duttile. Purtroppo, anche un ritmo altalenante

CONCLUSIONI

Il libro non sempre è di facile lettura sia perché la scrittura non è stata terminata sia perché il registro aulico mantiene uno stile elfocentrico (come se gli autori fossero gli Elfi stessi), per l’alternanza di parti in prosa con componimenti poetici, per la moltitudine di nomi di persone e luoghi così come per la natura tecnica dell’uso linguistico. Un’opera impegnativa, totalmente inaspettata al momento della sua uscita, quando venne severamente criticata per la lettura astrusa, i nomi difficili e (ingiustamente) per una serietà che non combaciava con i momenti allegri dei titoli precedenti di Tolkien.

Non possiamo contestare il fatto che il presente libro divenne un caso letterario per via della fama del suo autore, eppure anche chi lo accusava di essere noioso dovette inchinarsi di fronte all’ultimo capolavoro. Il Silmarillion è sì un’epica malinconica, pervasa da un tremendo senso di fatalità, ma schiude l’immaginazione al massimo della sua potenza e al servizio di una erudizione senza pari.

Finito di leggere: martedì 10 ottobre 2023.

Nel salutarvi, vi invito a leggere Il Silmarillion di J.R.R. Tolkien, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.

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