LA CHIAVE DELL’ETERNITA’ di Enrico Scebba

LA CHIAVE DELL’ETERNITA’ di Enrico Scebba

UN’ULTIMA VOLTA

Anche nel terzo e ultimo volume della trilogia Sul viale delle ombre di Enrico Scebba non c’è pace per gli abitanti di Baghville tra omicidi ed enigmi da risolvere. E non poteva essere diversamente trattandosi dell’epilogo di una saga che ci ha tenuti con il fiato sospeso anche con i suoi (al momento) due spin-off prequel: La paziente 99 (leggi QUI la recensione) e Miss Morgan (leggi QUI la recensione).

Come da tradizione delle trilogie, gli ultimi due romanzi hanno una continuità più serrata rispetto al primo libro e anche a livello temporale sono praticamente consecutivi (cosa che avviene spesso al cinema, quando gli ultimi due capitoli sono anche girati, come si dice, back to back, ovvero insieme).

La chiave dell'eternità_Libri Senza Gloria
La chiave dell’eternità_Libri Senza Gloria

Ad innescare la vicenda è il rapimento di Peter, il figlio di Katie West, già introdotto nel secondo volume (I tesori del negromante, leggi QUI la recensione) quando la madre si era trasferita nel piccolo paese della campagna britannica per occuparsi del restauro di Villa Phalagon. Katie ovviamente non è sola in questa disperata ricerca, sempre spalleggiata da suo fratello, il dottor Steven West, con il quale la prima volta aveva varcato la soglia della famigerata villa e fatto venire alla luce i segreti della famiglia Groove (leggi QUI la recensione del primo volume della serie, La lacrima del Principe). Ad aiutarli ci sono amici vecchi (dal deforme Carl Groove al vecchio ispettore Parker passando per il dottor Duerf) e nuovi (dal nuovo ispettore Chuck Taylor all’esotico restauratore Ismail senza dimenticare l’infermiera Emily).

LA FINE DELL’ETERNITA’

I protagonisti sono impegnati in una lotta contro il tempo durante la quale dovranno identificare tutti i tesori del Negromante e riunirli prima del nemico, intenzionato a utilizzarli per ottenere l’agognata immortalità. Sette oggetti particolarissimi che influenzano il “portatore” e a loro volta frazionano il potere centrale, come succede con gli anelli del potere di Tolkien. In questa lista sappiamo già esserci, tra gli altri, i mocassini di Steven, il pugnale della famiglia Groove e l’anello di Savio Strongharm, proprietario della seconda delle tre leggendarie ville di Baghville, Villa Boother.

La chiave del titolo per gli antichi egizi era il sacro simbolo dell’ankh, la croce ansata che simboleggiava la vita: nella visione di Scebba è il settimo e ultimo tesoro del Negromante, custodito dal principe Theodore Allen di Villa Walgarmer, la cui vera natura viene celata fin quasi alla fine. Come è giusto che sia, per far venire a galla tutta la verità, i protagonisti dovranno adesso addentrarsi per l’appunto nella terza e ultima villa del paese. Ispirata alla reale Villa Valguarnera di Bagheria (vero nome di Baghville), l’abbiamo recentemente vista come location principale in due diverse serie TV uscite più o meno negli stessi giorni: L’arte della gioia trasmessa settimanalmente su Sky e in streaming su NOW (leggi QUI la recensione del romanzo di Goliarda Sapienza), e Il Gattopardo rilasciato con tutti i suoi episodi su Netflix. La terza, e più maestosa, dimora signorile del paese è ovviamente connessa con le altre due, Villa Boother (Villa Butera) e soprattutto Villa Phalagon (Villa Palagonia).

Le tre ville sono state edificate, e posizionate sulle punte di un immaginario triangolo, da Taoma Naples, alter ego di Tommaso Maria Napoli, frate architetto che nella realtà ha partecipato alla progettazione di almeno due delle tre famose ville di Bagheria (Villa Palagonia e Villa Valguarnera), ma nella finzione a tutte e tre. Il vero frate è sepolto nella chiesa di San Domenico a Palermo, qui diventata la cattedrale di Saint Dominic a Durham (nella realtà una cattedrale c’è ma dedicata al santo Cuthbert), da non confondersi con la chiesa di Saint Dominic a Baghville (nella realtà corrisponde alla Chiesa Madre di Bagheria). Ricordiamo, Bagheria sta a Palermo come Baghville sta a Durham. In Sicilia esiste anche il piccolo comune di Palagonia, come Villa Palagonia, che viene incluso nella narrazione e tradotto in (ovviamente) Phalagon. Proprio da queste parti il Negromante chiama a raccolta i suoi accolti, sette bambini terribili (uno per ciascun tesoro), che ricordano quelli demoniaci de Il villaggio dei dannati (nonostante il classico del 1960, io sono legato al remake anni ’90 del maestro John Carpenter).

CONCLUSIONI

Tra riti alchemici e sedute di ipnosi, l’autore riesce a farci vedere con “occhi nuovi” eventi che pensavamo di conoscere bene: fatti raccontati nei precedenti capitoli vengono dunque rivisti con l’aggiunta di particolari punti di vista che ne rivalutano il senso e li inseriscono finalmente al proprio posto nel più ampio disegno narrativo. L’ultima metà diventa un grande action horror corale al cardiopalma costellato di colpi di scena a raffica rilasciati con sapienza (in particolare la vera identità del tramite umano del Negromante).

La trama, molto intrigata, in questo modo si conclude dando risposte a molti misteri (la miracolosa guarigione dell’orfano Brad, l’umanità del cane Polpetta e via dicendo), anche gli intrecci amorosi trovano i loro giusti epiloghi e alla fine il male viene debellato del tutto. Io sono però certo che un motivo per tornare a Baghville ci sarà comunque, dopotutto anche noi ormai ci sentiamo di casa!

Finito di leggere: domenica 30 marzo 2025.

Nel salutarvi vi invito a leggere Sul viale delle ombre. La chiave dell’eternità di Enrico Scebba, ultimo appuntamento della nostra rassegna, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.

Lascia un commento

Il tuo indirizzo email non sarà pubblicato. I campi obbligatori sono contrassegnati *