LA PAZIENTE 99 di Enrico Scebba
BARBARA INTERROTTA
Barbara Phoenix è rinchiusa al Saint Philippe per aver tentato di uccidere i suoi genitori. Il manicomio criminale di Durham è una struttura di massima sicurezza dove è quasi impossibile uscirne. Ogni paziente (o meglio detenuto) assume il nome della propria cella di reclusione, perciò Barbara, ripudiata dalla sua famiglia, prende il titolo di Paziente 99, che dà il titolo a questo romanzo spin-off della saga Sul viale delle ombre di Enrico Scebba.
Nata come trilogia letteraria (leggi QUI la recensione de La lacrima del Principe, primo libro della serie), la storia si colloca tra il primo e il secondo volume (I tesori del Negromante). Alcuni dettagli di poca importanza, come specifica lo stesso autore nelle premesse, potrebbero non apparire strettamente attinenti alla trama in questione ma sono collegati a quella più generale. Secondo la mia opinione, per chi non ha ancora letto né il primo né il secondo volume della trilogia, questo potrebbe benissimo essere un romanzo autoconclusivo, perché Barbara avrà un ruolo determinante solo a partire dal secondo libro; inoltre la presenza di un personaggio del primo volume (ma svelato come tale solo molto avanti nella lettura) non impedisce di godere appieno della singola lettura.

Lo spin-off permette quindi a Enrico Scebba di concentrarsi su un personaggio minore, Barbara Phoenix per l’appunto, e approfondendone la vita diversa permette anche all’autore di esplorare un differente sottogenere. In questo caso, molto consolidato e con delle regole chiare.
BARBARA IN GABBIA
C’era un genere della exploitation anni ’70 chiamato Women in Prison, ma ovviamente i riferimenti che vengono in mente sono tanti, da Le ali della libertà e Il miglio verde. Ma anche le storie sui manicomi, in questo caso La Paziente 99 percorre una strada di mezzo tra Qualcuno volò sul nido del cuculo (per la solidarietà insperata che si viene a creare tra certi reclusi) e Ragazze interrotte (per l’originale punto di vista femminile e le pulsioni soppresse). E poi le storie di evasione (Fuga da Alcatraz su tutti), con un piano perfetto e insieme fragile, esattamente come la psiche chi li ha ideati, che ben si concedono agli inevitabili imprevisti che vanno a complicare gli ingranaggi ben oliati. Non sempre finisce bene per questi (anti)eroi, non a caso definiti tragici, ma non vi dirò quale sarà il destino di Barbara.

Durante la sua prigionia, la Paziente 99 ripercorre i suoi gesti, stringe nuove amicizie e cerca un modo di oltrepassare l’alto muro di cinta che la separa dalla libertà. Anche agli occhi dell’autore, e quindi del lettore, quella Paziente 99 prende il sopravvento sulla persona che si nasconde dietro la targhetta. Così come le biografie degli altri detenuti passano in secondo piano. Perché il clima asfissiante del luogo sovrasta ogni cosa.
Le uniche persone nell’istituto in grado di darle conforto sembrano essere la dolce infermiera Emily e il paterno dottor Howard Duerf (provate a leggere il cognome al contrario), ma anche le Pazienti 99 (Agatha) e 98 (Ruth). Conquistato (più che ottenuto) il permesso del direttore Monroe di lavorare al suo giardino, Barbara conosce il Paziente 77, un anziano su una sedia a rotelle, che diventerà per lei un mentore inaspettato. Grazie a lui, diventa l’asso nella manica della struttura per vincere il Best Project Garden, periodicamente supervisionato da un commissario che fa il giro dei manicomi.

La buona condotta di Barbara è però sotto lo scacco di uno sguardo severo e parziale, simbolo dello squilibrio di potere, che sul grande schermo ha trovato un’incarnazione memorabile nell’infermiera Ratched (c’è anche una bella serie tv Netflix sulla sua origin story). Per chiunque non si attenga alle regole, la minaccia più grande (oltre ai sedativi e alle camice di forza) è la reclusione in isolamento, nel luogo forse più temuto del manicomio. L’istituto, anziché avere un esito terapeutico sull’Io del paziente, soprattutto per colpa dell’accanimento del suo personale (gli inservienti David e Smith), sembra mirare a fare uscire di senno anche chi è perfettamente sano. Viene così a delinearsi una zona grigia dove i prepotenti vestono il camice e i pazienti subiscono i loro soprusi, ma non esiste una divisione manichea e le ombre si schierano da entrambe le parti (dal nuovo commissario alla minacciosa Paziente 88).
CONCLUSIONI
Il mystery, dato anche dal voler comprendere le motivazioni dell’istinto omicida della protagonista, trova la sua spiegazione non in un colpo di scena paranormale ma nella caratterizzazione psicologica. Il percorso di crescita della Paziente 99, fatto di ostacoli e paure ma anche sollievi e speranze, si svolge nell’arco di circa tre anni, che “volano” grazie alla scorrevolezza della scrittura. Il lettore è portato a empatizzare con lei, soffrendo e gioendo al suo fianco, fino a che non rimarrà quasi più nulla dell’innocenza iniziale, disposta a manipolare e, se è il caso, a spargere sangue per raggiungere la libertà. D’altronde Barbara non è in cerca di una personalità come molti altri reclusi al Saint Philippe, in quanto nessuna patologia ha derivato quella sua originale. Il manicomio la rende solo più “creativa”.

Ambientare una trama interamente fra quelle poche mura, inanellando una serie di eventi sempre diversi, non è affatto facile, ma l’autore riesce a far rivivere a chi legge l’atmosfera claustrofobica cui sono sottoposti i suoi personaggi per tutte le 200 pagine del romanzo. Lo fa affrontando persino argomenti ancora trattati come tabù in certi contesti, ad esempio il rifiuto dell’omosessualità o la pratica barbara della lobotomia, ma inserendo anche, con forza retroattiva per l’epoca, un illuminato sguardo scientifico che apra la pista all’accettazione della diversità e al trionfo della giustizia.
Il meccanismo è dunque quello del thriller, ma il senso è quello di un vero dramma. Perché in un manicomio, per forza di cose, si cambia e, anche uscendone, nulla sarà più come prima. Un punto di vista forte, e assolutamente sincero.
Finito di leggere: martedì 4 febbraio 2025.
Nel salutarvi vi invito a leggere La Paziente 99 di Enrico Scebba, ultimo appuntamento della nostra rassegna, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.