LA SPIA CHE MI HA AMATA di Ian Fleming
IO, LORO E LUI
Considerato alla stregua di un romanzo sperimentale, La spia che mi ha amata (1962, ma prima della recente riedizione Adelphi intitolato La spia che mi amava o Mi amò una spia) è anzitutto scritto tutto in prima persona. Questa è la prima novità, la seconda è che il punto di vista è femminile, tanto che inizialmente Ian Fleming voleva addirittura firmare il romanzo con lo pseudonimo della protagonista (Vivienne Michel). Entrambe ragioni (la soggettiva e la protagonista femminile) per cui alla sua uscita spiazzò sia la critica (la quasi totalità dei recensori non sapeva bene cosa scrivere) che il pubblico (in vari paesi diede parecchio lavoro alle commissioni di censura). Ma scopriamo meglio le tre parti in cui si divide.
Nella prima, Io, la canadese Vivienne Michel ci parla dei suoi rapporti con gli uomini fino a quel momento. Scritto quasi come un diario adolescenziale, il resoconto della vita sentimentale della ragazza è un approccio diverso dal solito, che potrebbe indispettire il lettore abituale della saga. Di indole trasgressiva, Vivienne viene spedita dai genitori nella Londra degli anni Sessanta, da un lato tesa verso una liberazione dei costumi e al contempo ingabbiata in un pensiero retrogrado. Qui inizia a esplorare la propria sessualità, imbattendosi in cocenti delusioni amorose ma riscoprendo una forte indipendenza. Fino a quando non decide di tornare indietro, negli Stati Uniti, dove trova lavoro come impiegata di un motel.

Nella seconda parte, Loro, scopriamo in un crescendo hitchcockiano in quali guai la ragazza ha finito per cacciarsi con il coinvolgimento del proprietario dell’albergo, Mr. Sanguinetti, e i suoi due tirapiedi, Sol Horowitz e Stuggsy Morant. Tizi forse coinvolti con la rete spionistica indipendente nota come SPECTRE. Vivienne si trova al posto sbagliato al momento sbagliato, dunque, e per salvarla servirebbe l’uomo giusto…
Infatti nella terza parte, Lui, quando la storia sembra avviarsi alla conclusione (e non nel migliore dei modi), suona alla porta un agente del Servizio Segreto di Sua Maestà. Come già in Dalla Russia con amore (leggi QUI la recensione) James Bond se la prende comoda e ci mette quindi metà libro per entrare in azione, per cui assume paradossalmente un ruolo di secondo piano. Stranamente non ha più la PPK alla quale l’aveva costretto M (e resa iconica dai film), ma è tornato alla cara vecchia Smith & Wesson. L’Operazione Thunderball (leggi QUI la recensione) alle Bahamas è stata divulgata sui giornali, e così anche il nome della SPECTRE. A uno dei gangster che tengono in ostaggio Vivienne “sembrava un romanzo di spionaggio“, cosa che fa ovviamente sorridere l’agente segreto britannico 007 (o l’autore che si specchiava in lui?).

AL CINEMA
Sebbene esista un film con lo stesso titolo, La spia che mi amava (1977) di Lewis Gilbert – decimo della serie cinematografica e terzo con Roger Moore come Bond -, la sceneggiatura non riprende nulla dalla trama del romanzo. Nella pellicola il cattivo è Karl Stromberg (Curd Jurgens), un miliardario ossessionato dall’idea di costruire una civiltà immersa sotto il mare, dopo aver distrutto New York e una città dell’Unione Sovietica con il lancio di due bombe sottomarine. Per riuscirci si serve dei servizi del famigerato killer Squalo (Richard Kiel), mentre la Bond-girl è l’agente del KGB Anya Amasova (Barbara Bach) in cerca di vendetta nei confronti di Bond che le ha ucciso il fidanzato, e il cui nome in codice è maggiore Tripla X (evidente gag che si riferisce alla sigla dei film porno).
La scena del finale in cui 007 riesce a far dirottare il missile invertendone la direzione è presa dal romanzo Moonraker (leggi QUI la recensione). Probabilmente per l’unica volta nella saga vengono citati i veri nomi di M (Ammiraglio Miles Messervy, come rivelato da Fleming nel romanzo L’uomo dalla pistola d’oro) e di Q (Maggiore Boothroyd). Candidato a tre premi Oscar non ne vinse nessuno ma ad oggi, contando l’inflazione, è ancora il quinto maggiore incasso della serie.

CONCLUSIONI
Certi fatti, presi uno a uno dalla vita quotidiana di Ian Fleming rendono La spia che mi ha amata il suo libro più intimo, mentre tutti gli aspetti sessuali, e non del genere più soave, lo rendono il meno classificabile di tutta la serie (di cui rappresenta il nono volume).
Decisamente pulp ma privo dei cliché della saga (dagli scenari esotici ai benefit di lusso), è il capitolo più breve (e veloce) e sicuramente più anomalo. Dopo che Bond salva Vivienne, uccide i cattivi, va a letto con la ragazza e la mattina sparisce, lei (perdutamente innamorata) se ne fa una ragione. Allora interviene il poliziotto per farle una romanzina come la farebbe a una figlia: deve lasciar perdere i tipi come James Bond! Sembra che sia proprio l’autore a esprimersi per bocca del saggio poliziotto, e sembra voler mettere in guardia proprio i giovani che hanno finito per mitizzare Bond, senza rendersi conto di quanto sia controverso e che questi sono libri per adulti.
Una prospettiva insolita, senz’altro, che ci ricorda non esistono limiti per la penna di Ian Fleming.
Finito di leggere: giovedì 15 agosto 2024.
Nel salutarvi vi invito a leggere La spia che mi ha amata di Ian Fleming, ultimo appuntamento della nostra rassegna, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.