L’INVERNO DEI LEONI di Stefania Auci
L’INVERNO E’ ARRIVATO
“L’inverno sta arrivando.” Così recita il famoso motto di Casa Stark in Game of Thrones. E quando l’inverno arriva, ci hanno insegnato la serie TV e prima ancora i romanzi fantasy di George R.R. Martin, nessuno è più al sicuro.
L’inverno arriva anche per Casa Florio nella seconda e conclusiva parte della saga firmata Stefania Auci. I leoni di Sicilia, il precedente volume (leggi QUI la recensione), ricordiamo era stato più di cento settimane in classifica ed è attualmente in corso di traduzione in 32 paesi. A due anni di distanza dal primo libro, L’inverno dei leoni riparte a metà della seconda generazione dei Florio (lì dove si era interrotta la prima parte della storia) e ci conduce per mano fino al tramonto della terza generazione.
RECAP
Il libro è diviso in diverse parti. Ogni parte è introdotta da un proverbio siciliano e da una breve panoramica storica del periodo che si va a inquadrare di volta in volta.

All’inizio di tutto, un veloce e comodo riepilogo riprende le fila della narrazione: ne I leoni di Sicilia abbiamo visto come i fratelli Paolo e Ignazio Florio lasciarono Bagnara Calabra nel 1799 a causa di un terremoto e sbarcarono a Palermo come aromatari o commercianti di spezie; di come l’impresa passò nelle mani di Vincenzo, figlio di Paolo, e con la cui morte nel 1868 si compiva l’ascesa dei Florio. Una famiglia che nel tempo ha accumulato poteri e ricchezze, ma che sono sempre stati trattati con invidia e disprezzo per i tanti successi: dal vino marsala alle tonnare fino alla compagnia di navigazione e così via. Considerati “stranieri” e “facchini”, i Florio hanno sempre agognato il riscatto sociale: un’elevazione finalmente ottenuta da Ignazio, unico figlio maschio di Vincenzo, che prima dei trent’anni sposa la baronessa Giovanna d’Ondes Trigona, portando così finalmente “sangue nobile” in famiglia.
La storia dunque riparte dalla morte di Vincenzo, prosegue nella seconda parte dell’Ottocento con Ignazio e arriva a toccare l’anno 1950 con suo figlio Ignaziddu.
TARGA FLORIO
Come il padre Vincenzo era innamorato dell’Arenella, Ignazio lo è di Favignana, l’isola a forma di farfalla. Dopo la morte del figlio Vincenzo, cagionevole di salute sin dalla nascita, Ignazio lascerà Casa Florio nelle mani dello scapestrato e fimminaru Ignaziddu. Questi diventa primogenito suo malgrado, ma in tarda età Giovanna darà ancora alla luce un nuovo figlio per Casa Florio, un nuovo Vincenzo. Perché, quando Ignazio spira, potrà lasciare al mondo un altro Ignazio e un altro Vincenzo, così come è sempre stato e come sempre sarà.

L’ultimo Vincenzo, fratello minore di Ignaziddu ma più vicino per età ai suo figli che non a lui stesso, è uno sciupafemmine come lui, ma svilupperà anche un’inedita passione per le automobili tanto da andarsene in giro, a cavallo fra i due secoli, con una delle prime FIAT. Converte le scuderie in autorimesse, trova l’amore in Annina Alliata di Montereale (che gli verrà strappata da una nuova epidemia di colera), ma soprattutto Vincenzo è l’autore responsabile della Targa Florio, la competizione automobilistica che ha lanciato la Sicilia e l’Italia nel mondo moderno.
MARSALA E COGNAC
Ancora una volta sono le donne eccezionali di Casa Florio, il cui cognome hanno acquisito, a fare la differenza: come già Giuseppina per Paolo e la milanese Giulia per Vincenzo, adesso abbiamo Giovanna e Franca rispettivamente per Ignazio e Ignaziddu.
Tante le differenze da una generazione all’altra. Ignazio amava il marsala, Ignaziddu il cognac. Ignazio era freddo ma capace di grandi gesti d’affetto, Ignaziddu è più spericolato e insieme molle. Come il padre era appoggiato dal palermitano Francesco Crispi, Ignaziddu è spalleggiato da un altro siciliano alla presidenza del Consiglio, di Rudinì.

C’è Ignaziddu dietro la fondazione de L’Ora, lo storico giornale siciliano, creato come arma estrema per assicurarsi l’appoggio dell’elettorato. Ignaziddu però non è abile come il padre, e vedrà l’impero sgretolarsi lentamente e inesorabilmente intorno a lui. Facile prendersela con la sua incapacità, ma in fondo si è ritrovato senza volerlo, e senza esserne portato, a comandare una delle più grandi industrie europee del secolo.
Lui ha pensato più alle tante amanti che non agli affari, e Franca con il tempo ha imparato a chiudere un occhio di fronte all’infedeltà del marito. Tante, dispendiose e altolocate le frequentazioni dei loro salotti: Rothschild e imperatori, da Puccini a Gabriele D’Annunzio, passando per la bellissima Beatrice Tasca di Cutò, moglie di Giulio Tomasi, duca di Palma e futuro principe di Lampedusa, ovvero i genitori di quel Tomasi che scrisse Il Gattopardo e qui in un cammeo da bambino.
LA CADUTA DEI GIGANTI
La storia di una famiglia che è quella di una città e sempre più quella di una nazione. I Florio generano lavoro, finanziano ospedali e teatri d’opera, ma sono anche i protagonisti di un romance dove Franca si rivelerà la parte più forte dei duellanti: se Ignaziddu ha numerose amanti di cui si vanta con gli amici (e ogni regalo fatto “in discolpa” alla moglie è valutato in base al valore attribuito all’amante di turno), Franca allora poserà in maniera “discinta” in un famoso quadro e organizzerà fischi a mai finire per la prima della Bohème quando a cantare è l’amante più desiderata di Ignaziddu.

Ignaziddu e Franca spendono e spandono per mezza Europa, mentre Casa Florio si prepara alla rovinosa caduta: dalla Navigazione Generale Italiana al marsala, dalle Egadi al cognac, dalla villa all’Olivuzza dei genitori alla loro Villa Igea, tutto sono costretti a vendere per salvarsi dai debiti, senza nemmeno risparmiare la seminale casa di via dei Materassai e l’aromateria dove da umili facchini i primi Florio mutarono il volto di una terra.
Ignaziddu non ha più un impero da tramandare, ma non ha neanche più un erede: Baby Boy muore misteriosamente, Giovanna viene portata via dalla meningite, una terza figlia nasce morta, e rimane solo la piccola Igea. Tutti gli sforzi che ha fatto Franca per dare un figlio maschio a Ignaziddu, e così per tenerselo stretto nonostante le numerose amanti, sono serviti solo ad aumentare il suo dolore, a farla sentire più sola.
STILE
Matrix ci ha appassionato perché ci raccontava dell’ascesa di un dio. I suoi sequel non sono stati all’altezza del primo film perché quando dio è diventato dio, tutto si fa più noioso. Se I leoni di Sicilia ci ha appassionato con l’ascesa dei Florio, se Ignazio e Giovanna hanno avuto la storia forse più noiosa perché hanno semplicemente mantenuto il potere, allora L’inverno dei leoni ci rapisce nuovamente quando è il turno di Ignaziddu e Franca, quando è il momento dell’apocalisse, la parabola discendente della leggenda targata Florio.

Incredibile la disinvoltura con la quale Stefania Auci riesce a farci parteggiare per Giovanna ma, non appena questa invecchia, ce la rende un tantino detestabile perché subito possiamo parteggiare per la giovane nuora Franca.
Il punto di vista è sempre incollato ai personaggi principali, ma ogni tanto la narratrice onnisciente prende il sopravvento gettando uno sguardo lontano alla toccante interpretazione di Eleonora Duse in Cenere, alle future edizioni competitive della Targa Florio così come a Falcone e Borsellino.
C’è infatti spazio anche per la mafia del tempo. Ignaziddu assume “onesti” lavoratori della borgata per proteggersi, ma sono cafoni che agiscono con la coercizione; inoltre difende il boss Palizzolo al processo bolognese per fare chiarezza sul delitto Notarbartolo e sotto giuramento Ignaziddu nega addirittura di aver mai sentito pronunciare la parola “mafia”.

CONCLUSIONI
Il finale non risparmia i Florio dalla Prima Guerra Mondiale che vede entrambi i fratelli al fronte, né Palermo dall’influenza spagnola, quasi ignorata dai nobili che non si rendono conto di quanti cittadini sono morti e di quanti se ne vanno in giro con “un pezzo di stoffa sulla faccia“. Eco delle mascherine dei giorni nostri.
In questi ultimi settanta anni di storia raccontati nel romanzo, come già detto non sono gli industriali a fare la parte dei leoni, ma le due donne che sono state al loro fianco, Giovanna e Franca. Perché ancora una volta è l’amore il cardine della terza generazione di Florio, quella che distrusse l’impero, così come l’amore era al centro della prima generazione (che fondò l’impero) e della seconda (che lo mantenne).
Maestosa e accurata la documentazione storica che Stefania Auci rielabora in maniera personale, originale, autentica. Leggendo il primo e il secondo romanzo della saga, non ci si stanca mai di affacciarsi a questa finestra aperta su un mare fatto di storia e dolore, famiglia e amore, dramma e fortuna, come a volere intercettare la luce di una perla di speranza lì in fondo agli abissi oscuri.
Finito di leggere: sabato 26 giugno 2021.
Nel salutarvi, vi invito a leggere L’inverno dei leoni di Stefania Auci, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.