QUEL TRENO DA VIENNA di Corrado Augias
QUEL TRENO DA VIENNA
Non Quel treno per Yuma ma Quel treno da Vienna (1981), edito da Rizzoli, vinse il Premio Nazionale Rhegium Julii per la narrativa. Debutto nel noir di Corrado Augias, maestro della scrittura che davvero non sarebbero necessarie presentazioni: romanziere e saggista, giornalista e corrispondente dell’Espresso e della Repubblica, oltre che conduttore televisivo (Telefono giallo, Babele, Le Storie, Enigma, Visionari, Quante storie, Città segrete) e politico italiano.
Quel treno da Vienna è ambientato nella sfarzosa Roma nel 1911. I due avvenimenti principali di quell’anno cruciale (non solo per la nostra storia, teniamo a precisare) sono stati: il Giubileo (così intesa la celebrazione per i cinquant’anni del Regno d’Italia) e l’imminente impresa di Libia che avrebbe inserito la nazione nel “concerto delle nazioni europee“. Eppure… per un’improvvisa crisi di governo il Presidente del Consiglio Giovanni Giolitti dovette presentarsi dimissionario il giorno inaugurale delle celebrazioni (con una disinvoltura che ancora contraddistingue il parlamento nostrano), mentre la guerra italo-turca si sarebbe trasformata in una guerriglia sporadica per via delle rivolte dei senussi e dei beduini nella Cirenaica, detta allora lo “scatolone di sabbia” quando si ignorava il tesoro che celava nel sottosuolo.
GIOVANNI SPERELLI
In un contesto simile il maresciallo piemontese Vittorio Marchisio si trova a indagare sulla morte di una nota modella romana, scelta tra gli altri dallo scultore palermitano cavalier Mario Rutelli per essere trasformata in naiade per la “nuova” fontana di piazza dell’Esedra, proprio all’ingresso della via Nazionale, nonché selezionata come modella dal pittore Gioja quale allegoria dell’Italia per l’Esposizione del Cinquantenario. Nella mano del cadavere il foglio di una camera del Grand Hotel, uno dei quei luoghi cosmopoliti che avrebbero reso Roma, in mancanza dei maestosi boulevard parigini e dell’atmosfera imperiale londinesi, più europea. Si tratta della camera dove soggiorna il conte Anton von Flussenberg, diplomatico austriaco giunto nella Città Eterna con un treno di lusso da Vienna. Non sapendo che pesci prendere, Marchisio si risolve a chiedere aiuto al suo ex commissario, Giovanni Sperelli, che ancora lavora come consulente della polizia per gli affari più delicati.

Personaggio immaginario, Giovanni Sperelli è pensato come fratellastro del ben più celebre (e ben più anziano) conte Andrea Sperelli Fieschi d’Ugenta, protagonista del Piacere di Gabriele d’Annunzio. Anche il giovane Sperelli insegue il piacere della ricchezza, per quanto glielo permetta lo stipendio di funzionario dello Stato, ma la sua mentalità meno poetica e più pratica lo portano più spesso a inseguire i malfattori. Gran pensatore con manie da letterato (come dimostra il suo appartamento) e con un’inclinazione per l’ippica, ha per amante la giovane Francesca Chiodi, in arte Paolina Giorgi, canzonettista e divette del caffè-concerto.
Giovanni Sperelli è così il primo a intravedere come su quella losca vicenda partita in sordina si stagli l’ombra della questione dilaniata della Bosnia-Erzegovina. Quello che sembrava un semplice delitto muta ben presto in una complessa storia di spionaggio bellico. La verità è amara: lì, insieme alla modella, è morta l’Italia di cui la donna era allegoria. Un Paese che muore nel momento in cui se ne celebra la nascita…
LA MODERNITA’ DI AUGIAS
Dopo cinquant’anni il popolo italiano è deluso da quell’Unità fittizia, la monarchia è irresoluta e il parlamento dilaniato. Le incertezze politiche del governo Giolitti ci fanno palpare con mano i ricorsi storici dell’Eterna Italia, le cui dinamiche trasformiste ancora oggi perdurano. Segnaliamo che la “nuova” prefazione di Corrado Augias risale al 2005, ma potrebbe essere state scritta oggi. Provate infatti a sostituire nel libro il nome di Giolitti con quello di (in ordine sparso) Draghi, Conte, Monti, e a rileggere frasi come questa: “non si rende conto che quell’enorme massa di deputati comincia subito a disgregarsi quando lui non è al potere?“

Sono diversi i passaggi che, a trent’anni esatti dalla pubblicazione e a centodieci anni dal periodo di ambientazione, suonano come estremamente attuali. Seguono alcuni esempi.
Il maresciallo Marchisio è convinto che “mettere al mondo un figlio, in quegli anni e in quel paese, significasse con buona probabilità consegnarlo a crisi, patimenti e fanatismi.” Secondo voi è cambiato qualcosa? “In poco tempo abbiamo perduto De Amicis, Carducci, Oriani, Fogazzaro, Rovetta. La letteratura sta per cadere in mano alle donne: Matilde Serao, Annie Vivanti, Grazia Deledda, Ada Negri, Neera. Quindi, lettere.” Quest’ultima è una riflessione su quanto lente e tardive siano le trasformazioni della nostra società civile. Il giornalista che in un salotto critica l’introduzione della gonna-pantalone per la donna, offre l’occasione ad Augias per una considerazione degna di una delle migliori canzoni di De André: “la cultura è alla mercé di questi piccoli ideologi del giorno per giorno, questi artigiani della riduzione.“
CONCLUSIONI
Per l’incontro fra i due fratelli Sperelli bisogna rimandare al secondo romanzo, Il fazzoletto azzurro (1983), ambientato alla vigilia della marcia su Roma. La “trilogia italiana” (trilogia, ribadiamo, attualmente) si conclude con L’ultima primavera (1985). Per chi volesse riscoprirli, segnaliamo che Duccio Tessari li ha adattati per la televisione in tre film con Marisa Berenson, Kean Rochefort, Leo Gullotta e persino Andrea Camilleri nella parte del capo della polizia.

Corrado Augias si riconferma pregevole narratore che usa l’espediente del giallo per romanzare l’Italia neo-imperialista dei primi del ‘900, e alla quale adatta una prosa ricercata. Il noir non è però un mero pretesto, la storia ha una vera consistenza di poliziesco d’altri tempi. Nonostante l’eleganza della penna possa stancare il lettore di bocca buona, non si può rimanere indifferenti di fronte all’enfasi con la quale viene ritratta la Storia (con la s minuscola) italiana dell’epoca. Ieri come oggi (sebbene con nomi diversi) divisa da due utopie contrapposte: da una parte il culto dannunziano dell’eroe superuomo e l’opposto culto socialistico dell’Egalité.
Quel treno da Vienna era moderno nel 1981 e lo è ancora oggi, svelandoci non solo come il nostro presente possa gettare nuova luce sul passato, ma pure come il passato possa farlo sul nostro tempo… anche se pare che non abbiamo nulla da imparare dai nostri errori.
Finito di leggere: giovedì 27 gennaio 2022.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Quel treno da Vienna di Corrado Augias, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.