ROSE MADDER di Stephen King
Abusi
Il vero orrore è quello che si annida fra le pareti di casa, o meglio, in seno alla famiglia. Stephen King ce lo aveva già detto in Shining. Ce lo ripete in Rose Madder, dove il mostro non è un padre famelico ma un marito insaziabile.
La violenza domestica è un tema verso il quale la letteratura fantastica si è dimostrata parecchio sensibile negli anni ’90, basta ricordare alcuni dei migliori episodi di Dylan Dog, e tristemente tornata alla ribalta ai giorni nostri.

Rose ne prende tante da suo marito che è pure poliziotto. Un omone celebrato come eroe locale per avere arrestato un manipolo di narcotrafficanti. Norman in realtà ha pure: ucciso un’afroamericana che avrebbe potuto denunciarlo, sodomizzato sua moglie con una racchetta da tennis e l’ha fatta abortire al quarto mese.
In questo Rose non può non ricordare l’altra donna vittime di molestie nella bibliografia di Stephen King, ovvero la mitica Beverly Marsh di It che da bambina le busca dal papà e, secondo il complesso di Elettra, si legherà a un uomo che le darà altrettante legnate.
Scappo dalla città
In Rose Madder una macchia di sangue sul lenzuolo cambierà ogni cosa: Rose ruba la carta di credito del marito, il nuovo nome da una canzone di Carole King (Rose Vera) e salita su un bus scappa in una nuova città.
In un momento degli anni ’90 in cui la paura verso l’AIDS è ancora tangibile, Rose trova inizialmente ospitalità presso la Figlie e Sorelle. La casa famiglie per donne (dove orbita anche la Cynthia Smith che ritroveremo in Desperation) è diretta da Anne Stevenson che, nonostante il paragone cinematografico cui la sottopone lo stesso King, ci ricorda per physique du role e ufficio cupo Mary Stigmata, meglio conosciuta come la Pinguina dei Blues Brothers e già a sua volta ispirata agli spettri fluttuanti nella filmografia di Mario Bava.

Il ritratto magico
Rose recupera il cognome da nubile, McClendon, e paga un sovrapprezzo per non fare inserire il suo nuovo numero nell’elenco telefonico. In un banco di pegni trova un lavoro (prima cameriera d’hotel, poi lettrice di audiolibri) e un nuovo amore. Sempre lì vende lo zircone che suo marito gli aveva spacciato per diamante e lo scambia per l’inquietante ritratto di tale Rose Madder. Una donna di spalle che indossa un chitone rosa di robbia, si chiama quasi come lei e si aggira in una brughiera dove si intravede un tempio pagano distrutto.
Una piccola macchia di sangue sulle lenzuola aveva innescato qualcosa nella mente di Rose convincendola a fuggire di casa. Ed è in una piccola crosta, uno di quei quadri insignificanti e senza autore finiti a prender polvere in un angolo, che Rose casca dentro. Finisce nella brughiera dove conosce la temibile bionda del quadro e la sua assistente (una nera che ricorda la testimone uccisa da Norman).
La ruota del ka
Per Rose Madder, la nostra Rose salva la bambina prigioniera nel tempio del toro. Una rielaborazione mistica della leggenda del Minotauro (qui con un solo occhio) e delle Erinni (il nome dato al Minotauro), terreno solitamente inesplorato dal Re del terrore quello della mitologia greca.

Anche Rose Vera, come Rose Madder, aveva perduto una bambina (la storia dell’aborto) ed è forse stato tutto un sogno, o meglio un incubo: una rilettura psichica di cui però porterà segni tangibili al suo risveglio il mattino dopo.
Rose non sarà più la stessa, e neppure il quadro dove il sereno rimpiazza i nuvoloni sullo sfondo. Rose Madder è sempre lì al centro però, la donna che ha parlato all’altra Rose della ruota del ka: concetto familiare alla kinghiana saga monstrum de La torre nera, in parte accomunabile al destino e in parte alla provvidenza. Nota: Rose Madder è stato pubblicato nel 1995, quindi fra il terzo volume (Terre desolate, 1991) e il quarto (La sfera del buio, 1997) della serie, quando il ka è in parte mistero e ha ancora tanto da raccontare.
Inoltre l’assistente nera della Madder fa riferimento a Lud, città del Medio-Mondo de La torre nera. Nel sesto romanzo della saga, La canzone di Susannah (2004), lo stesso Stephen King entra in scena come personaggio e ammette di avere scritto anni prima Rose Madder sotto l’influenza della Torre nera.
La caccia – parte I
Da Rose Madder, Rose Vera eredita un bracciale d’oro che le conferisce poteri straordinari come quelli dei supereroi. Giustamente la quarta di copertina anticipa che Norman ritroverà una moglie diversa da come l’aveva lasciata. Però tace sul fatto che anche Rose incontrerà un marito che così satanico non era mai stato prima.
La nuova vita di Rose è dunque alternata ai paragrafi in corsivo in cui vediamo il suo irascibile e manesco marito provare a immedesimarsi in lei per darle la caccia, ritrovarla e pestarla di brutto.
Con estrema lentezza apprendiamo che in realtà suo marito Norman Daniels non è solo un bruto dalle legnate facili ma addirittura un mostro omicida afflitto da “speciali” mal di testa. E con un debole per i morsi che lo rende più vicino a un vampiro che non a un uomo.
Sente le voci, fra le quali quella di suo papà che pare l’abbia molestato da piccolo. Dal suo punto di vista, Rosie è una proprietà personale che gli ha fatto un grave affronto, e per riprendersela ha dalla sua tutti i mezzi, compresi e soprattutto quelli della polizia.
La caccia – parte II
Sia lui che Rose sono governati da due spiriti contraddittori identici tra loro ma dalle ripercussioni differenti su ciascun individuo: il lato apollineo (Rose lo ribattezza il pensiero “Pratica-Razionale”) mette in gabbia le pulsioni di Norman e al contempo ingabbia sua moglie, il lato dionisiaco è quello che invece fa aspirare Rose alla libertà e spinge Norman a sfogare i suoi istinti più bestiali.
Indossando una maschera di gomma durante una fuga, Norman finisce addirittura per sdoppiarsi in un epigono più terribile dell’infantile toro Ferdinando. Non esattamente le Erinni sfidate da sua moglie nell’altro mondo, ma l’analogia è lampante.

La resa dei conti fra Rose e Norman si terrà proprio al di là del portale magico, nel mondo del ka e quindi nel mondo de La torre nera.
L’alternanza dei due punti di vista si fa più serrata, mostrandoci gli stessi eventi da due soggettive lontane. Norman prenderà letteralmente il posto del Minotauro, ma Rose Vera non è da sola. Rose Madder ha un debito da saldare con lei, e correrà in suo aiuto.
Autocitazionismo
Spazio per l’immancabile autocitazionismo. Del ka e della Torre nera si è già detto, come anche di Desperation. Diverse volte fa capolino L’amante di Misery che il claim annuncia quale “il più torbido romanzo di Paul Sheldon.”
Sheldon è lo scrittore protagonista di Misery, il romanzo di King pubblicato otto anni prima, nel 1987, e che avrà la malaugurata idea di chiudere la sua serie erotica con Il figlio di Misery attirandosi addosso l’ira funesta della sua fan numero uno. Misery non deve morire nel 1990 è diventato anche un film immortale per la regia di Rob Reiner.
Se Paul Sheldon si incarna meravigliosamente in James Caan, sappiamo tutti che a dominare la scena è Kathy Bates vincitrice del Premio Oscar come Miglior attrice protagonista. Della stessa Kathy Bates, nel libro viene citata e lodata la sua audiolettura de Il silenzio degli innocenti.

D’altra parte l’ossessione che muove le azioni di Norman Daniels non è meno violenta di quella che perseguitava la psicopatica Annie Wilkies di Misery. Il modo in cui la maschera del toro Ferdinando si rivolge a lui e lo consiglia ricorda invece il prezioso shining di Danny Torrance.
Stile
Traduzione inappuntabile del solito Tullio Dobner. Da un lato le spiccate similitudini e dall’altro la minuziosa capacità descrittiva di Stephen King rendono la scrittura magnetica come poche altre. E’ pur vero che entrambe queste doti naturali dello scrittore più famoso del Maine in diverse occasioni prestano il fianco alla ripetitività di alcuni passaggi.
La ridondanza che si manifesta soprattutto nei pensieri e nelle paure di Rose. Infatti ci vengono ricordate e ripetute allo sfinimento come, forse per rafforzare l’idea di vittima di abusi. Una ridondanza che ti fa temere che quest’Alice nel paese delle meraviglie in salsa orrorifica potesse essere raccontata con la metà delle pagine e con maggiore ritmo.
Conclusioni
Paranormale misto a denuncia femminile a tutto spiano, ma sicuramente non il personaggio femminile meglio scritto da Stephen King come annunciato in quarta di copertina, se si pensa a Dolores Claiborne, Carrie e la già citata Misery.

Nemmeno un horror in piena regola, ma più un thriller con il sadico che perseguita la vittima. Il perfetto connubio di crescente pathos e cura dei dettagli dosano la storia di suspense e le cui note soprannaturali vertono più sul fantasy grazie alla contaminazione de La torre nera.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Rose Madder di Stephen King, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
Finito di leggere: lunedì 4 giugno 2018.