ScrivereSenzaGloria2: COME SCRIVERE UNA GRANDE SCENEGGIATURA di Linda Seger

ScrivereSenzaGloria2: COME SCRIVERE UNA GRANDE SCENEGGIATURA di Linda Seger

Come scrivere una grande sceneggiatura è un pratico manuale per neofiti e professionisti che si cimentano nel mondo della scrittura cinematografica. A compilare questo utile compendio di tutte le nozioni base è la sceneggiatrice statunitense Linda Seger. A pubblicarlo in Italia la fondamentale collana di Dino Audino Editore.

Il lavoro consiste in quattro parti, ciascuna redatta con tanto di indicazioni da seguire, problemi da evitare e domande poste per favorire l’applicazione dello scrittore.

PARTE PRIMA: LA STRUTTURA DELLA STORIA

RACCOGLIERE LE IDEE

Il processo di scrittura consiste nel passaggio dal caos all’ordine attraverso queste tappe: trovare l’idea (molti scrittori tengono archivi di potenziali storie), ordinare le idee (scomporre la storia in trama, personaggi, idea di base, immagini e dialoghi), il metodo delle schede (molti scrittori annotano le loro idee su fogli perforati da mettere in un raccoglitore o colorati), la scaletta (qualche riga per ogni scena per un totale di 50/100 righe), il trattamento (dalle 8 alle 15 pagine), tenere un diario (utile per lo sviluppo del tema e dei personaggi), parlare al registratore (può essere liberatorio), mettere su carta, software (di quelli lanciati sul mercato per aiutare gli sceneggiatori), non c’è il modo giusto (molti scrittori adottano metodi diversi per sceneggiature diverse).

La storia infinita 2 (1990) di George Trumbull Miller
La storia infinita 2 (1990) di George Trumbull Miller

LA STRUTTURA IN TRE ATTI: PERCHE’ SERVE, COME USARLA

La composizione drammatica si è sin quasi da subito rifatta alla struttura in tre atti: l’inizio (la premessa: circa 10/15 pagine), il mezzo (lo sviluppo: 20 pagine per il primo atto, 45/60 per il secondo), la fine (la risoluzione: 25/35 pagine per il terzo atto).

Lo scopo della premessa è quello di darci tutte le informazioni di cui abbiamo bisogno per far partire la storia. Iniziare con un’immagine ci dà un forte senso della storia. Quindi un qualche evento (il catalizzatore) dovrà dare inizio alla storia. La premessa si completa ponendo la domanda centrale alla quale verrà data una risposta nel culmine. E’ importante essere coincisi nella premessa, dunque servono ulteriori informazioni per orientarci nella storia: singole scansioni drammatiche, messe insieme, creano una scena.

I nuovi eroi (1992) di Roland Emmerich
I nuovi eroi (1992) di Roland Emmerich

Una buona storia rimane interessante a causa dei turning points: i colpi di scena che avvengono mentre muove verso il culmine. Nella struttura in tre atti ci sono due svolte principali che fanno sì che la storia possa cambiare direzione: una all’inizio del Secondo Atto e una all’inizio del Terzo Atto. Il culmine è il momento in cui il problema è risolto.

La scena centrale divide la storia (e il Secondo Atto) a metà, introduce un avvenimento che aiuta a strutturare il Secondo Atto (modificandone la direzione): non va confusa con la prima svolta.

Un film può cominciare con svariati minuti di titoli di testa, oppure i titoli possono scorrere su immagini e azioni di solito senza dialoghi, oppure viene mostrata una sequenza pre-titoli di testa.

COSA FA IL SUBPLOT?

Splatters - Gli schizzacervelli (1992) di Peter Jackson
Splatters – Gli schizzacervelli (1992) di Peter Jackson

La funzione generale del subplot, o sottotrama, è quella di aggiungere spessore alla sceneggiatura, ma se è ben scritto svolge varie funzioni: spinge la trama principale, sostiene il tema della storia, e a volte è la parte più interessante del film. La maggior parte dei film hanno almeno uno o due subplot: se un film non ha subplot rischia di essere privo di dimensione, se ne ha troppi può creare confusione. Così come la trama ha un inizio, un mezzo e una fine la stessa cosa si può dire anche per il subplot. Però i subplot è responsabile di molti problemi di sceneggiatura…

SECONDO ATTO. COME TENERLO IN MOVIMENTO

La maggior parte dei problemi del Secondo Atto viene da un’escalation insufficiente e dalla mancanza di un obiettivo. L’escalation della sceneggiatura avviene quando una scena porta dritto nella scena seguente e quella scena ci porta a sua volta dentro un’altra scena. Le azioni che portano avanti la storia si chiamano punti d’azione: sono eventi drammatici che causano una reazione e di solito questa reazione causa un’altra azione.

In molti film, un personaggio tenta di fare qualcosa e non funziona perché questo non conduce da nessuna parte, ovvero il personaggio è andato a sbattere contro una barriera: è un punto d’azione che costringe un personaggio a compiere una nuova azione. Le barriere fermano l’azione per un momento e poi il personaggio aggira le barriere e continua.

Nella sua pelle (1996) di Megan Simpson Huberman
Nella sua pelle (1996) di Megan Simpson Huberman

Una complicazione è un punto d’azione senza esito immediato: la reazione arriverà soltanto dopo. E’ in verità piuttosto rara. Il più forte tipo di punto d’azione è l’inversione: fa sì che la storia si muova da una direzione positiva a una direzione negativa o da una negativa a una positiva. Dal momento che essa crea una grande escalation raramente servono più di un paio di inversioni.

L’escalation si raggiunge attraverso i punti d’azione, questi a loro volta creano scene di azione-reazione in cui ogni scena conduce a quella seguente, portando così la storia verso il suo culmine. Di tanto in tanto, queste scene azione-reazione sono raggruppate insieme intorno a una mini storia (con inizio, metà e finale) che si chiama scena-sequenza.

La mancanza di escalation è uno dei problemi più comuni nei film, generalmente perché non c’è una chiara struttura in tre atti con chiare svolte che tengano la storia in movimento.

Midsommer (2003) di Carsten Myllerup
Midsommer (2003) di Carsten Myllerup

CREARE LA SCENA

Le scene sono i mattoni della storia. Lo scrittore sceglie scene che contengano movimento e direzione, oltre a conflitto, azione ed emozioni, il tutto espresso attraverso ambiente, azione drammatica e rapporti dinamici tra personaggi. Una buona scena raggiunge vari obiettivi: porta avanti la storia, può rivelare il carattere, esplora la tematica, costruisce anche un’immagine.

Uno scrittore deve: accertarsi che le scansioni della storia siano chiare, mostrare l’azione piuttosto che parlarne, rendere interessanti scene statiche aggiungendo azione, usare scene che orientino il pubblico (in gergo establishing scene, di solito sono brevi), fare scene espositive se proprio necessario (ma mantenerle visive e drammatiche). Fare attenzione all’ottica utilizzata: si può raccontare dal punto di vista di uno dei personaggi, da quello di più personaggi oppure con un’ottica onnisciente. Per decidere dove cominciare una scena, prima bisogna decidere dove finirla.

Così come la storia generale ha una struttura, anche le scene hanno una forma, una direzione, un movimento. Quando si crea una scena, pensare al rapporto di questa scena con le altre. Il numero di scene in una sceneggiatura può variare: bisogna scegliere scene per ottenere un contrasto (le scene che funzionano non esistono isolate).

CREARE UNA SCENEGGIATURA COMPATTA

Luther: genio, ribelle, liberatore (2004) di Eric Till
Luther: genio, ribelle, liberatore (2004) di Eric Till

Ogni forma d’arte si sforza di arrivare a un senso di unità. Le sceneggiature guadagnano compattezza attraverso l’uso del preannuncio e della gratificazione (hanno una relazione diretta con la storia), i motivi ricorrenti (i leit-motiv tendono a essere più tematici), la ripetizione (può arrivare attraverso le immagini, il dialogo, le caratteristiche del personaggio, il suono o attraverso la combinazione di tutti questi elementi) e il contrasto (consentono di giocare sugli opposti). Il processo del riscrivere spesso va contro la creazione di una sceneggiatura compatta.

PARTE SECONDA: LO SVILUPPO DELL’IDEA

RENDERLA COMMERCIALE

I tre elementi che sono alla base di una sceneggiatura di successo sono: commercialità, creatività, struttura della sceneggiatura.

La maggior parte dei film che hanno un grande successo esprimono un’idea di base che ha un’attrazione universale per il pubblico: il pubblico si identifica con i personaggi e le situazioni. Una delle idee prevalenti in molti film di successo è il trionfo del diseredato, altri temi sono: la vendetta, il trionfo dello spirito… Alcuni temi sembrano particolarmente importanti per certi gruppi di età. La maggior parte dei film di successo hanno un tema universo implicito che li mette in rapporto con il pubblico.

Il lato personale nel trovare il rapporto con il pubblico è composto da due elementi: il descrittivo (dice “come è”) e il prescrittivo (descrive “come noi vorremmo che fosse”; molti di questi film sono film di eroi). Entrambi possono essere definiti in tre modi diversi: il modo fisico, il modo psicologico e il modo emotivo.

Witness - Il testimone (1985) di Peter Weir
Witness – Il testimone (1985) di Peter Weir

Si entra in rapporto con il personaggio attraverso la posta in gioco. Il famoso psicologo Abraham Maslow ha elaborato una gerarchia dei bisogni umani in sette punti: sopravvivenza, salvezza e sicurezza, amore e appartenenza, stima e rispetto di se stesso, il bisogno di conoscere e di capire, l’estetica, l’auto-realizzazione. Per alzare la posta si può lavorare su questi bisogni in molti modo: si possono inserire anche più poste in palio, giocare sulle emozioni…

Il tema è meno interessante quando è trasmesso attraverso dialoghi logorroici: gli scrittori possono comunicare il tema attraverso le scelte narrative che fanno. Alla fine “nessuno sa nulla”: è ciò è esattamente quello che molti produttori e dirigenti provano in questo mestiere quando cercano di capire cosa può essere commerciale. E’ tutto soggettivo!

CREARE IL MITO

Witness - Il testimone (1985) di Peter Weir
Witness – Il testimone (1985) di Peter Weir

Qualsiasi sia la cultura alla quale apparteniamo, ci sono delle storie universali che formano la base di tutte le nostre storie particolari. Raccontano il viaggio fondamentale che facciamo nella vita: alcune di queste sono storie di “ricerca”, alcune sono storie di “eroi”. Sono i miti le storie comuni alla radice della nostra esperienza universale, è “la storia sotto la storia”.
Il mito dell’eroe ha specifiche scansioni nella storia: viene introdotto come non-eroe in un ambiente normale, qualcosa di nuovo (catalizzatore) entra nella vita dell’eroe, molte volte l’eroe è riluttante, in ogni viaggio riceve aiuto, l’eroe è pronto a muoversi nel mondo speciale dove diventerà un uomo straordinario, cominciano tutte le prove, in un qualche punto della storia l’eroe arriva a toccare il fondo (un’esperienza di morte che porta a una specie di rinascita), l’eroe conquista la spada e si impadronisce del tesoro, la vita del ritorno spesso è una scena di inseguimento, abbiamo bisogno di vedere che alla fine l’eroe è cambiato.

Anche se il mito dell’eroe è la storia più popolare, molti miti si occupano di guarigione, mentre molte storie sono combinazioni di diversi miti. Un mito comprende personaggi che sono archetipi, e in genere il mito dà profondità alla storia di un eroe.

PARTE TERZA: LO SVILUPPO DEL PERSONAGGIO

DALLA MOTIVAZIONE ALL’OBIETTIVO: TROVARE LA SPINA DORSALE DEL PERSONAGGIO

Le storie diventano complesse attraverso l’influenza del personaggio, perché il personaggio ha un obiettivo che è la direzione della storia. La spina dorsale del personaggio è determinata dal rapporto tra motivazione (è il catalizzatore che lo spinge avanti nella storia), azione (il metodo con il quale il personaggio raggiunge il suo obiettivo) e obiettivo (spinge il personaggio verso il culmine).

TROVARE IL CONFLITTO

Linda Seger
Linda Seger

Il conflitto è la base del dramma. Ce ne sono di cinque tipi: interiore (funziona meglio nei romanzi), di relazione (centrato sugli obiettivi reciprocamente esclusivi del protagonista e dell’antagonista), sociale (tra una persona e un gruppo), di situazione (dove emergono diversi punti di vista) e cosmico (tra un personaggio e una forza sovrannaturale). A volte però ci sono troppi conflitti e così non è chiaro qual è il conflitto principale, e talvolta la storia non ha conflitti.

CREARE PERSONAGGI A PIU’ DIMENSIONI

Mentre il personaggio si muove dalla motivazione all’obiettivo, c’è bisogno che, nel frattempo, succeda qualcosa. Pensieri (consistono nell’atteggiamento e nella filosofia), azioni (consistono anche nelle decisioni che conducono a quelle azioni) e emozioni (comprendono la struttura e le sue reazioni emotive) possono essere definiti come le tre dimensioni del personaggio.

Queste dimensioni creano una sequenza dimensionale che aiuta a definire il personaggio a tutti i livelli. La trasformazione di un personaggio può essere estrema, può andare nella direzione opposta, oppure il personaggio può soltanto muovere verso una direzione moderata.

FUNZIONE DEI PERSONAGGI

Generalmente un film non può avere più di sei o sette personaggi principali: ognuno dovrebbe avere un ruolo essenziale. Possiamo dividere le funzioni di un personaggio in quattro categorie: protagonisti (muovono la storia in avanti), personaggi secondari, personaggi che aggiungono dimensione (alla storia e al protagonista) e personaggi tematici (servono a manifestare e ad esprimere il tema del film).Poi ci sono piccoli ruoli secondari che forniscono massa e peso per dimostrare il prestigio, il potere o la statura del protagonista o antagonista.

PARTE QUARTA: UN CASO DA STUDIARE

SULLA VIA DELL’OSCAR: STUDDIO DELLA RISCRITTURA DI WITNESS – IL TESTIMONE

Witness - Il testimone (1985) di Peter Weir
Witness – Il testimone (1985) di Peter Weir

L’analisi finale del film Witness – Il testimone (1985) di Peter Weir con Harrison Ford e Kelly McGillis prende piede dall’antefatto, tiene conto dei cambiamenti di punto di vista così come delle scene tagliate (per molti versi riscrivere è un modo di equilibrare il film), delle scene cambiate e della fase di montaggio.

Nell’epilogo l’autrice ci ricorda che rendere grande una buona sceneggiatura richiede una combinazione di diverse abilità: lo scrittore deve avere un approccio nuovo alla materia che tratta, deve avere un forte senso di quello che attrae il pubblico e di come si racconta una bella storia, inoltre deve conoscere la struttura e sapere come scrivere una storia che abbia senso!

Nel salutarvi, vi invito a leggere Come scrivere una grande sceneggiatura di Linda Seger, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.

ScrivereSenzaGloria2 finisce qui e vi dà appuntamento all’anno prossimo. Nel frattempo potete recuperare le precedenti puntate al link subito sotto.

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ALTRO: ScrivereSenzaGloria2: MORFOLOGIA DELLA FIABA di Vladimir Propp

ALTRO: ScrivereSenzaGloria2: IL VIAGGIO DELL’EROE di Christopher Vogler

Inoltre, tutte le puntate della passata edizione sono raggiungibili tramite i link postati a seguire in calce!

ALTRO: ScrivereSenzaGloria: STORY di Robert McKee

ALTRO: ScrivereSenzaGloria: NON MI FREGHI di Joe Navarro

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Finito di leggere: tanto tempo fa.

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