ScrivereSenzaGloria3: DELL’ARTE POETICA di Aristotele

ScrivereSenzaGloria3: DELL’ARTE POETICA di Aristotele

Come meglio specificato nei Lineamenti Storici che introducono Dell’arte Poetica di Aristotele, edizione curata da Carlo Gallavotti per la Mondadori, si tratta di un’opera di appunti o lezioni dedicata alla cerchia ristretta della sua scuola peripatetica.

LINEAMENTI STORICI DELA POETICA DI ARISTOTELE

L’indagine di Aristotele è una rivendicazione realistica della poesia contro la condanna platonica. La definizione della poesia come mimesi è molto più antica di Platone, ma Aristotele rivaluta il concetto di mimesi sotto un duplice aspetto: sia come istruzione dell’uomo sia come un superiore diletto dell’animo.
Concepisce la poetica (ars poetica) come un mestiere: è un’ars, una tecnica, che ha bisogno di norme dettate dalla coerenza artistica della vicenda rappresentata e non dal piano morale. Le norme del mestiere non potrebbero però mai da soli produrre un poeta eccelso. Platone vedeva nella mimesi artistica una degradazione della realtà, Aristotele una intuizione del vero. Per la prima volta viene affermata l’autonomia dell’arte, che è una categoria a sé stante dello spirito. Il trattato si concentra sulla tecnica della composizione poetica, ovvero su contenuto e forma. Ma la costruzione logica non esclude l’estro, la fantasia.
La poesia è dunque un logos che parla all’animo della gente e non alla ragione.

Dell'arte poetica_Libri Senza Gloria
Dell’arte poetica_Libri Senza Gloria

IL PIACERE DELLA MIMESI CATARTICA

Tutti gli uomini sono soggetti a varie forme di emozioni; la passionalità è latente in tutti, e quindi ha bisogno di essere opportunamente regolata. La virtù sta nel giusto mezzo: qui dunque interviene, per il benessere sociale, la catarsi poetica.
La mimesi, che è l’essenza dell’arte, pone l’uomo nella condizione di provare certe emozioni non personalmente, ma attraverso vicende miserevoli e tremende nelle quali non è attore bensì spettatore. Mimesi e catarsi sono nozioni coordinate fra loro. Non c’è catarsi senza mimesi.
La catarsi è un effetto della mimesi, e il piacere è un effetto della catarsi, oltre che della mimesi per se stessa. La catarsi, che è un effetto, si svolge sul piano psichico, non è di ordine artistico. Invece rientra nella trattazione della techne il piacere, perché il piacere è il fine pratico della poesia. Le arti poietiche hanno appunto come scopo il piacere.
Già Platone aveva fatto l’osservazione che si prova diletto nel vedere raffigurato con arte ciò che nella realtà si detesta o si sfugge; ma ne traeva solo un motivo di scandalo. Aristotele su ciò costruisce la teoria: giustifica sul piano della realtà psicologica quell’atteggiamento umano di compiacersi del dolore rappresentato nell’arte perché la ragione di quel comportamento non è malignità ma l’opportuna ed istintiva correzione della passionalità di ciascun uomo; questa è la catarsi, e produce piacere.

NOTA SULLA COSTITUZIONE DEL TESTO

Il testo dell’intero trattato ci è stato tramandato fedelmente. Non ha subito quelle gravi alterazioni che molti editori e critici hanno intravisti. Qui è conservata la divisione in capitoli come è nell’edizione del Bekker, alla quale si aggiunge una numerazione di paragrafi all’interno di ogni capitolo.

Aristotele e Platone ne La scuola di Atene (1509-1511) di Raffaele Sanzio
Aristotele e Platone ne La scuola di Atene (1509-1511) di Raffaele Sanzio

LE FORME DELL’ARTE POETICA

Tutte le arti sono attività imitative. Differiscono tra loro sotto tre aspetti: impiegano mezzi diversi, oppure oggetti, o una maniera che è diversa.

Origini dell’arte poetica. L’uomo si distingue dagli altri animali perché è connaturato in lui l’istinto di imitare e si procura per imitazione i primi apprendimenti. Poi c’è il piacere che tutti sentono delle cose imitate.

Sviluppo dell’arte drammatica. Non solo l’origine della tragedia ma anche quella della commedia deriva dall’improvvisazione.

Accenno alla commedia. La commedia è imitazione di soggetti vili, ma non sul piano di un totale malvagità, sebbene del brutto; e suo elemento è il ridicolo. Ora il ridicolo è una deficienza ed è un difetto, ma non doloroso né esiziale. La commedia alle origini ci rimane ignota, perché non era apprezzata.

Primo confronto tra epica e tragedia. L’epopea concorda con la tragedia solo per essere imitazione di fatti nobili eseguita con la parola; ma ne diverge, in quanto ha il metro di un unico tipo ed è narrativa.

DEFINIZIONE DELLA TRAGEDIA

La tragedia è un’opera imitativa di un’azione seria, completa, con una certa estensione; eseguita con un linguaggio adorno (quello che comprende ritmo e musica e canto) distintamente nelle sue parti per ciascuna delle forme che impiega; condotta da personaggi in azione, e non esposta in maniera narrativa; adatta a suscitare pietà e paura, producendo di tali sentimenti la purificazione che i patimenti rappresentanti comportano.
Elementi della tragedia secondo le forme dell’arte:
(Modo): spettacolo.

(Mezzi): musica e linguaggio.
(Oggetti): caratteri, pensieri, racconto.

Edipo re (1967) di Pier Paolo Pasolini
Edipo re (1967) di Pier Paolo Pasolini

I SEI ELEMENTI E L’IMPORTANZA DEL RACCONTO

Sono sei gli elementi secondo i quali la tragedia si qualifica: il racconto, i caratteri, il linguaggio, il pensiero, lo spettacolo e la musica. Due elementi sono i mezzi con cui si imita; uno è il modo con cui si imita; tre sono gli oggetti dell’imitazione.

Fra tutti gli elementi, la composizione dei fatti è capitale, perché la tragedia è imitazione non di uomini, ma di un’azione. Quindi gli uomini non svolgono l’azione scenica per riprodurre i caratteri, ma attraverso le azioni assumono i caratteri. Perciò i fatti e il racconto sono il fine della tragedia. Senza azione non sussiste tragedia, ma può sussistere senza caratteri.
Sono elementi della trama le peripezie e i riconoscimenti, cioè i principali mezzi con cui la tragedia riesce ad avvincere. I principianti fanno prima ad imporsi per il linguaggio e i caratteri che a costruire bene la trama.

SCALA DI SEI ELEMENTI

Il pensiero consiste nel sapere esporre gli argomenti che sono pertinenti e adatti.

Il carattere si trova in quella esposizione che chiarisce la ragione di una scelta, cioè che cosa, quando non sia manifesto, uno preferisce ottenere o vuole evitare; e quindi caratteri non si rivelano in quei discorsi, in cui non è proprio contenuto ciò che sceglie o vuole evitare chi parla.
Il linguaggio è la comunicazione attraverso i vocaboli; la sua capacità di espressione è la medesima così nei versi come nei discorsi.
La melodia è un ornato grandissimo. Lo spettacolo è allettante, ma del tutto estraneo all’arte poetica e non le è assolutamente peculiare.

Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini
Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini

COMPOSIZIONE ED ELEMENTI DEL RACCONTO – Parte I

Limiti del racconto. Intero è ciò che ha principio, mezzo e fine. Principio è ciò che per sé stesso non viene necessariamente dopo altro, mentre dopo di lui si dà naturalmente che sia o avvenga un’altra cosa. La fine, al contrario, è ciò che dopo un’altra cosa per sé stessa esiste di necessità o esiste usualmente, ma nient’altro c’è dopo. Il mezzo è ciò che viene dopo l’altro, ma una cosa viene dopo di lui.

Il conveniente limite della dimensione è quanta ne occorre perché la vicenda, svolgendosi di seguito secondo la norma del verosimile o del necessario, conduca dalla sventura alla felicità, o da uno stato felice alla sventura.
Unità del racconto.
Bisogna che anche il racconto, poiché è mimesi d’azione, lo sia di un’unica azione e completa; e le successive parti della vicenda debbono tra loro collegarsi in modo che, togliendone una o cambiandola di posto, il tutto si sciupi e si sconnetta: perché, ciò che nulla significa quando c’è o non c’è, non è neppure un elemento del tutto.
Natura del racconto.
L’opera del poeta non consiste nel riferire gli eventi reali, bensì fatti che possono avvenire e fatti che sono possibili, nell’ambito del verosimile e del necessario.
Quanto ai racconti in assoluto, e alle azioni in sé, quelle episodiche sono pessime. Chiamo episodico un racconto, in cui non appaia né verosimile né necessario che gli episodi si susseguano gli uni agli altri. Simili drammi sono costruiti dai cattivi poeti per loro colpa, ma anche dai buoni per colpa degli attori; così sono costretti a sciupare la coordinazione della vicenda, per comporre pezzi di bravura.

COMPOSIZIONE ED ELEMENTI DEL RACCONTO – Parte II

Elementi del racconto.Non solo d’azione completa si fa la mimesi, ma deve essere anche mimesi di fatti terribili e compassionevoli: ma tali risultano semplicemente quando nascono gli uni dagli altri contro ogni aspettativa; in tal modo conterranno l’elemento del meraviglioso in maggior grado che se avvenissero spontaneamente e per un gioco della fortuna. Anche i casi fortunosi appaiono meravigliosi più che mai se sembrano avvenuti appositamente. Fatti simili non si pensa che possano avvenire fortuitamente, e ne consegue perciò che proprio questi sono racconti meravigliosi.
Dei racconti, poi, alcuni sono lineari, altri complessi, perché sono appunto così le azioni, che i racconti riproducono. Lineare è un’azione che, mentre si svolge coerente e unitaria nella maniera che è stata definita, si risolve alla fine senza peripezia o senza riconoscimento di persone. Invece è complessa l’azione quando la risoluzione in essa avviene attraverso riconoscimento o peripezia o entrambi i casi.
Peripezia è il mutamento che si produce nel senso contrario alle vicende in corso; ciò deve accadere secondo il verosimile o il necessario. Il riconoscimento, come già il termine chiarisce, è un mutamento da ignoranza a conoscenza, che conduce ad amicizia oppure ad ostilità, riguardo alle persone designate per il successo o l’insuccesso. Ed è ottimo il riconoscimento quando insieme avviene la peripezia, come è nell’Edipo.

Edipo re (1967) di Pier Paolo Pasolini
Edipo re (1967) di Pier Paolo Pasolini

INTERMEZZO SUGLI ELEMENTI DEL RACCONTO E SUGLI ELEMENTI FORMALI E MATERIALI DELLA TRAGEDIA

Due elementi del racconto sono peripezia e riconoscimento, un terzo è la sciagura: un fatto esiziale e luttuoso.
Gli elementi dal punto di vista materiale, rispetto alle sezioni fra cui si ripartiscono: prologo, episodio, esodo, e parte orchestrale. Prologo è l’intero elemento di una tragedia, che precede l’ingresso del coro; episodio interviene fra interi canti corali; esodo è quello dopo il quale non c’è canto del coro.
Della parte orchestrale, l’ingresso è la prima esibizione dell’intero coro, e lo stasimo è canto del coro che non ha ritmo anapestico né trocaico. Il compianto è una lamentazione eseguita in comune dal coro e dalla scena.

CARATTERISTICHE DEL RACCONTO NELLA TRAGEDIA

Poiché la struttura della tragedia migliore deve essere non lineare, ma complessa, e inoltre imitatrice di fatti paurosi e compassionevoli, dato che proprio questo è il carattere particolare di tale mimesi, non debbono presentarsi gli uomini eccellenti quando passano dalla buona alla mala sorte, perché questa non è una situazione né paurosa né compassionevole bensì ripugnante; e neppure i perfidi quando passano dalla cattiva alla buona sorte, perché questa situazione sarebbe la meno tragica possibile, non possedendo nulla di ciò che deve avere: non ha il consenso umano, e non contiene né pietà né paura.
Resta dunque il personaggio intermedio: colui che, senza eccellere in virtù e giustizia, cade nella sventura per una qualche colpa, e non per la sua cattiveria o perfidia, mentre appartiene al numero di chi vive in grande reputazione e felicità, come Edipo. Il racconto fatto bene riguarda un singolo piuttosto che una coppia e non mostra il passaggio allo stato felice da uno stato infelice ma, al contrario, dalla felicità all’infelicità, e non per malvagità, ma per una grande colpa che è stata commessa o da chi è piuttosto egregio che mediocre.
Questa è la struttura della tragedia migliore artisticamente.
Viene seconda quella tragedia che ha la struttura duplice come l’Odissea, e finisce in maniera opposta per i buoni e i cattivi. Ma è colpa del pubblico se questa si ritiene la prima, perché i poeti si adeguano nelle loro opere alla richiesta degli spettatori.

Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini
Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini

SENTIMENTI E SCENOGRAFIA

Quei poeti che neppure producono terrore, ma solo stupore con i mezzi scenici, non fanno opera di tragedia, perché da una tragedia non è un piacere qualunque che deve trarsi, bensì quello suo caratteristico. E poiché il poeta deve produrre il piacere che nella mimesi deriva da pietà e paura, questo dev’essere fatto evidentemente nell’interno della vicenda.

TERRORE E COMPASSIONE NEI DIVERSI CASI

Tali fatti avvengono, naturalmente, fra persone che sono amiche fra di loro, oppure nemiche, oppure indifferenti. Se si tratta di nemico a nemico, qualunque cosa faccia o mediti, non suscita pietà, a parte la sciagura per sé stessa; e neppure succede, quando sono indifferenti tra loro. Ma quando la sciagura si genera in una cerchia affiatata (figlio, madre, padre, sorella, ecc.) che arreca o medita morte o sta per compiere analoga azione, queste sono le situazioni da scegliere.
Certo i miti tramandati non si possono alterare, quindi spetta al poeta di trovare le trame e di sapere presentare bene quelle tramandate.
Oltre a questi non si danno altri casi, perché non è possibile altrimenti: o si compie o non si compie l’atto, è sapendo o non sapendo.
Il peggiore fra tutti è il caso del meditare pur sapendo, ma poi non agire; presenta una situazione odiosa, e non tragica, perché non c’è sciagura. Perciò nessuno porta questo sulla scena, se non raramente, come nell’Antigone.
Poi viene secondo il caso dell’agire. E’ migliore il caso dell’agire ignorando, ma dopo il misfatto venire a sapere: non c’è odiosità, e il riconoscimento ha un effetto sorprendente.

Edipo re (1967) di Pier Paolo Pasolini
Edipo re (1967) di Pier Paolo Pasolini

CARATTERI

Quanto ai caratteri dei personaggi, ci sono quattro punti da curare: uno e principale, che siano nobili. E in qualunque classe si trova: è nobile una donna, e pure uno schiavo.
Il secondo punto è curare che siano adatti, perché c’è il carattere virile, ma non è adatto alla donna questo essere virile o tremendi.
Terzo è che sia naturale, e questo è diverso dal fare nobile il carattere e adatto nel modo che si è detto.
Quarto è che sia coerente; se l’oggetto della mimesi è una persona incoerente, e questo è il carattere presentato, tuttavia deve essere incoerente in maniera coerente.

COERENZA E NOBILTA’ DELLA TRAGEDIA

Ed anche nei caratteri, come nella struttura della vicenda, bisogna sempre cercare o il necessario o il verosimile, di modo che risulti o necessario o verosimile che un determinato personaggio dica o faccia determinate cose, così come deve apparire o necessario o verosimile che un fatto avvenga dopo un altro.
La tragedia è mimesi di uomini superiori, come bisogna che siano i ritratti dei bravi pittori. Così anche il poeta, mentre rappresenta uomini e irascibili e bonari e che hanno tutte le altre qualità similari nei loro caratteri, mentre sono tali deve farli eccellenti.

Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini
Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini

TIPI DI RICONOSCIMENTO

Bisogna fare attenzione alle sensazioni che accompagnano necessariamente la composizione poetica in conseguenza dello spettacolo; avviene molte volte che si sbagli nel valutarle.
Il riconoscimento; quanto alle sue forme, una è la meno artistica, ma la più usata per trascuranza, quella che avviene con gli indizi materiali. Questi possono essere particolari fisici; oppure segni aggiunti, fra cui ci sono quelli sul corpo.
Il secondo tipo sono i riconoscimenti costruiti dal poeta meccanicamente, e perciò fuori dell’arte. Il terzo tipo si produce attraverso la memoria, e dipende dalla reazione che si prova alla vista di qualche cosa. Il quarto è quello sillogistico.
C’è anche un tipo di riconoscimento costruito su un paralogismo del pubblico; ma costruire tutta la scena sul presupposto che attraverso la prova dell’arco dovranno riconoscerlo come il vero Ulisse, questo è un paralogismo.
Il migliore fra tutti è il riconoscimento che nasce dalla vicenda stessa, perché il colpo giunge attraverso uno sviluppo naturale dei fatti, come nell’Edipo di Sofocle.

Kirk Douglas è Ulisse (1954) di Mario Camerini
Kirk Douglas è Ulisse (1954) di Mario Camerini

EFFETTI SCENICI E PASSIONALI IN RELAZIONE AL LINGUAGGIO

Bisogna che il poeta, nel costruire i racconti, tenga assolutamente davanti agli occhi la scena: scorgerà in maniera nitida ciò che conviene, e non gli possono affatto sfuggire le contraddizioni.
Il poeta deve anche impegnarsi ad elaborare la scena considerando gli atteggiamenti dei personaggi. Chi vive una passione reale, riesce molto persuasivo perché è mosso dalla sua medesima natura.

PROGETTO ED EPISODI

Quanto alla trama dei racconti, anche di quelli inventati, bisogna che il poeta stesso, quando li costruisce, se li proponga nelle linee generali, e poi seguendo la traccia componga e sviluppi gli episodi.
Nei drammi gli episodi sono concentrati, mentre il poema epico si allunga attraverso gli episodi.

NODO E SCIOGLIMENTO

In ogni tragedia, una parte è il nodo e l’altra è lo scioglimento: il nodo molte volte è costituito dalle vicende esterne e da una porzione della trama, il resto è lo scioglimento. Il nodo va dall’inizio fino a quella sezione che è l’ultima avanti che la vicenda muti, volgendo alla buona o alla cattiva sorte; e lo scioglimento va dall’inizio di questo mutamento fino al termine.

Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini
Medea (1969) di Pier Paolo Pasolini

FORME DELLA TRAGEDIA

Le forme della tragedia sono quattro, e tante risultano in relazione agli elementi che abbiamo illustrati. Una è quella avventurosa, che consiste tutta in peripezia e riconoscimento; una è luttuosa; una è psicologica; e la quarta è spettacolare, come le scene dell’oltretomba.
Queste qualità bisogna assolutamente impegnarsi a possederle tutte.
Stile tragico. Non comporre una tragedia come una struttura epicheggiante; e dico epicheggiante la narrazione diffusa, come se si volesse rappresentare sulla scena l’intero racconto dell’Iliade. Ma qui, data la lunghezza, le parti ricevono la giusta dimensione, e invece nei drammi vanno molto al di là di ogni aspettativa.
La parte del coro. Il coro, infine, bisogna che assuma la parte di un attore; deve essere un elemento dell’intero, e partecipare all’azione, come fa in Sofocle, e non in Euripide. Nei poeti posteriori, invece, le parti cantate appartengono al racconto come potrebbero appartenere a una tragedia differente; perciò si cantano ormai solo intermezzi.

PENSIERO E LINGUAGGIO

Le questioni relative al pensiero trovano il loro posto nei libri sulla retorica. Si riferiscono al pensiero tutti gli argomenti che dal discorso devono essere approntati; ne sono elementi il dimostrare e il confutare, e il produrre emozioni come pietà o paura o collera e simili, e inoltre l’amplificare o minimizzare.
Strutture del linguaggio. C’è da distinguere un aspetto teoretico che riguarda le strutture del linguaggio; ma la conoscenza di queste spetta all’arte della recitazione, e a chi ne possiede il mestiere tecnicamente. Dalla conoscenza o ignoranza di ciò, non può derivare all’arte poetica nessuna critica che sia in qualche modo degna di considerazione.
Elementi del linguaggio. Considerato il linguaggio nel suo complesso, gli elementi sono questi: articolazione (voce indivisibile), sillaba (voce inespressiva), collegamento (voce inespressiva), parola (voce espressiva), verbo (voce composita espressiva), flessione (di parola o di verbo), discorso (voce composita espressiva).

Sean Bean è Ulisse in Troy (2004) di Wolfgang Petersen
Sean Bean è Ulisse in Troy (2004) di Wolfgang Petersen

FORMA DELLE PAROLE

Forme delle parole sono: o semplice, che non risulta composta di elementi espressivi, oppure duplice, e di tale forma c’è quella composta di membro espressivo e inespressivo, escluso naturalmente che si possa intendere espressivo o inespressivo all’interno della parola; e c’è la parola composta di tutti termini espressivi. E c’è  anche la parola triplice o quadruplice e molteplice.
Tipi di parole. Ogni parola, o è quella dominante (se usata da tutti), oppure glossa (ricercata), o metafora, o belletto: o costruita o allungata o raccorciata o scambiata.
Tipi di metafora.
Metafora è il ricorso a un nome d’altro tipo trasferibile o dal genere a una specie, o dalla specie al genere, o da specie a specie, o in un rapporto analogico (quando il secondo termine sta al primo nello stesso rapporto del quarto al terzo). Per alcuni dei termini non esiste già pronta la parola per il rapporto analogico, e nondimeno si esprimerà secondo il rapporto.
Tipi di belletto nelle parole.
Costruita è quella parola che il poeta usa per conto proprio, senza che sia affatto conosciuta da altri. C’è poi la parola allungata o raccorciata. Scambiata è quando una parte del vocabolo usuale si conserva e un’altra si costituisce.
Genere naturale dei nomi. Delle parole considerate in sé, alcune sono maschi, altre femmine (quelle che finiscono con le vocali), altre intermedie. Nessuna parola finisce in consonante muta, né in vocale breve.

PREGI DEL LINGUAGGIO

Requisito del linguaggio è di essere chiaro e non pedestre. Quindi bisogna che il linguaggio sia un poco intinto di tutti questi vocaboli; così una parte, cioè la glossa e la metafora e il belletto e le altre forme suddette, produrranno il non volgare e il non pedestre, e la parola usuale la chiarezza.
Dei vari tipi di parole, quelle composte convengono specialmente ai ditirambi, le glosse all’epica, le metafore ai giambi. E nell’epica sono tutti usabili i tipi suddetti; ma ai giambi della tragedia, che ripetono più che mai un parlare usuale, convengono quei tipi di parole che si usano dei nostri discorsi; e tali sono la parola dominante e la metafora e il belletto.

Immortals (2011) di Tarsem Singh Dhandwar
Immortals (2011) di Tarsem Singh Dhandwar

CARATTERISTICHE DELL’EPOPEA

Quanto all’arte narrativa e poesia in versi, anzitutto è chiaro che deve comporre i racconti come solo nelle tragedie, drammatici e di un’unica azione, che sia intera e completa, ed abbia inizio e mezzo e fine, di modo che procuri il piacere che le è proprio come un essere vivente intero. E quindi le composizioni non debbono essere simili ai racconti storici; in questi non c’è da fare necessariamente l’esposizione di un’unica azione, bensì di un unico periodo, cioè i fatti che allora avvennero, relativi a una sola o più persone, ciascuno dei quali sta in relazione all’altro casualmente.
Quindi Omero ci appare divino anche in ciò rispetto agli altri, perché quella guerra, che pure aveva principio e termine, non si mise a rappresentarla intera, giacché il racconto avrebbe finito per diventare una massa troppo grande e non percepibile tutta insieme; né la fece involuta di complicate vicende commisurandola all’imponenza del racconto; invece ne estrasse una sola delle parti. E perciò una sola tragedia si può ricavare da ciascuna delle due, Iliade e Odissea, o due da questa sola.
Inoltre le stesse forme della tragedia dovrà avere anche l’epopea, e sarà quindi o semplice o complessa o psicologica o luttuosa; e i medesimi elementi, tranne musica e spettacolo; e così pure la sua parte di peripezie e riconoscimenti e patimenti; infine i pensieri e il linguaggio debbono essere ben curati.

DIFFERENZE DELL’EPICA DALLA TRAGEDIA

La differenza dell’epopea consiste nella lunghezza della struttura e nel metro. Per il limite della lunghezza, bisogna potere, con la mente, abbracciare insieme il principio e la fine; e ciò, negli antichi poeti, si potrebbe soltanto se avessero strutture più ridotte, commisurate al numero di tragedie che sono ammesse ad una unica audizione. Ma in genere l’epopea è molto propensa naturalmente ad estendere la dimensione.
Il verso eroico è il più quadrato e il più voluminoso dei metri; perciò accoglie benissimo parole ricercate e metafore, e in realtà anche la mimesi narrativa è più corposa delle altre.
Certo si deve rappresentare il meraviglioso nelle tragedie, ma l’illogico, da cui soprattutto discende il meraviglioso, più ancora si ammette nell’epopea, perché qui non si assiste all’azione scenica. E che produca piacere il meraviglioso, si vede da questo, che tutti, quando raccontano, fanno aggiunta per riuscire più graditi. Però Omero ha insegnato benissimo anche agli altri come si raccontano falsità nel modo adatto, e questo modo è il paralogismo.
Bisogna preferire i fatti impossibili ma verosimili, piuttosto che quelli possibili che siano incredibili; e non comporre le trame con elementi illogici.
Quanto al linguaggio, bisogna elaborarlo bene nelle parti più rilassate, e non nei tratti che rappresentino un carattere o svolgano un pensiero: il linguaggio troppo splendido in realtà offusca la pittura dei caratteri e le argomentazioni.

La furia dei titani (2012) di Jonathan Liebesman
La furia dei titani (2012) di Jonathan Liebesman

CRITERI ESEGETICI

Poiché il poeta fa opera di imitazione, ne consegue che, tre essendo di numero i possibili oggetti, ne avrà di volta in volta da riprodurre uno, e cioè: come erano o sono, oppure come si dice o si ritiene che siano, oppure come dovrebbero essere. E gli oggetti si espongono per mezzo del linguaggio, quindi vi sono da considerare le glosse e le metafore e tutte le altre particolarità del linguaggio; questo va riconosciuto ai poeti.
Nell’arte poetica si danno propriamente due tipi di errori: uno rispetto all’arte per sé stessa (se il poeta si propone di raffigurare un oggetto senza averne capacità), uno rispetto a un particolare accessorio (se si è rappresentata una cosa impossibile rispetto ad altra arte quale che sia, non rispetto alla poetica in sé stessa).

CRITICHE E SOLUZIONI – Parte I

Cose impossibili e innaturali: efficacia artistica. Le critiche che riguardano proprio l’arte: è stata rappresentata una cosa impossibile, e l’errore c’è. Però, se il fine era possibile raggiungerlo, ed anche più che meno, senza contravvenire alle nozioni della relativa disciplina, non sta bene il commettere errori, perché bisogna assolutamente non commetterne, se è possibile.
Mancanza di realismo: meglio del reale.
Se si critica un testo perché non espone cose vere, allora si potrà dare una soluzione conforme alla risposta di Sofocle, quando disse che lui faceva gli uomini quali debbono essere, ed Euripide quali sono.
Falsità: opinione comune.
Se non vale questa soluzione, c’è l’altra, e cioè: che così dice la gente. Per esempio i racconti sugli dei: forse la poesia non li rappresenta meglio del reale, né dice cose che nemmeno sono vere, ma solo presunzioni.
Inopportunità: realtà.
In altri particolari, forse la poesia non rappresenta meglio della realtà, tuttavia così era in realtà.
Bruttezza morale: adesione al soggetto.
Circa la critica che un personaggio parla o agisce in maniera buona oppure perversa, non basta considerare se parole o azioni sono nobili oppure meschine, guardando semplicemente al gesto compiuto o al discorso fatto, ma anche alla persona che agisce o parla, oppure alla persona cui si rivolge, o al momento, o al modo, oppure allo scopo con cui agisce e parla, cioè allo scopo di un maggior bene da ottenere, o di un maggior male da evitare.

300 (2007) di Zac Snyder
300 (2007) di Zac Snyder

CRITICHE E SOLUZIONI – Parte II

Espressioni criticabili: glosse. Si deve poi rispondere alle critiche osservando le particolarità del linguaggio.
Espressioni incongruenti: metafora.
Controsenso: retta lettura.
Incoerenza: separazione di termini.
Alcuni casi si risolvono con la distinzione.
Incongruenza: retta interpretazione.
Altri in base all’amfibolia.
Inesattezza: usanza lessicale.
Altri in base all’usanza linguistica.
Contraddizione: esegesi.
Anche bisogna, quando sembra che una parola determini una certa contraddizione nel significato, considerare in quanti modi nel testo quella parola possa dare un significato.

CRITICHE E SOLUZIONI – Parte III

Riepilogo. Per quanto riguarda l’impossibile, lo si deve introdurre in rapporto all’efficacia poetica, o alla rappresentazione del meglio, o all’opinione generale. In rapporto alla poesia, infatti, è preferibile un impossibile che sia credibile piuttosto che l’incredibile. Poi, riguardo ai fatti che la gente dice, benché siano irrazionali, è appunto così che si risponde, e a volte si risponde che il fatto non è irrazionale: è verosimile, in realtà, che qualche cosa accada anche contro il verosimile.
Circa le espressioni che appaiono contraddittorie, l’esame dev’essere fatto nello stesso modo che si usa per la disamina delle argomentazioni logiche, e cioè se è il medesimo oggetto e in rapporto al medesimo oggetto e nella stessa maniera.
Ma una critica giusta si fa contro l’illogicità e la meschinità, quando non ci sia affatto bisogno né di mettere in atto l’illogico, come fa Euripide nella Medea con Egeo, né la bassezza di Menelao, come fa nell’Oreste.
Quindi le critiche sono di cinque specie: perché si tratta o di impossibile o di illogico o sconveniente o contraddittorio, oppure di opposto alla correttezza dell’arte. Le soluzioni, che sono da considerare, sono dodici.

300 - L'alba di un impero (2014) di Noam Murro
300 – L’alba di un impero (2014) di Noam Murro

CONFRONTO TRA EPICA E TRAGEDIA

Una mimesi è migliore, se è la meno volgare: così è per un pubblico scelto. Ma volgare anche troppo è certamente quella mimesi che riproduce tutto, quasi che il pubblico non possa in realtà comprendere nulla se non ci si mette la persona stessa a gesticolare con molti gesti.

SUPERIORITA’ DELLA TRAGEDIA

Non si deve disdegnare qualsiasi mimica, se neppure una danza è da disdegnare, bensì la maniera dei peggiori. Inoltre la tragedia produce il proprio effetto anche senza mimica, al pari dell’epopea; attraverso la lettura, in realtà, si manifesta per quella che è.
Poi è migliore per questo fatto: possiede tutto ciò che ha l’epopea, e può impiegare anche lo stesso metro; ma in più ha la musica, che non è un elemento da poco durante gli spettacoli.
Ed ancora c’è questo, che qui il fine della mimesi si realizza in minore estensione. Infatti è più gradito ciò che è più denso anziché molto diluito nel tempo.
Inoltre è meno unitaria la mimesi dei poeti epici.
In tutto ciò è superiore la tragedia, ma specialmente lo è per l’effetto che l’arte si propone, perché le opere artistiche non debbono produrre un qualunque piacere, sebbene quello che ho detto.  Pertanto risulterà migliore, in quanto raggiunge il fine dell’arte meglio che l’epopea.

Nel salutarvi, vi invito a leggere Dell’arte poetica di Aristotele, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.

Finito di leggere: tanto tempo fa.

Il prossimo appuntamento con ScrivereSenzaGloria3 è per sabato 15 agosto. Intanto potete recuperare tutte le puntate delle passate edizioni ai link postati a seguire in calce!

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