STORIA DELLA BAMBINA PERDUTA di Elena Ferrante
Il tutto da una parte
Storie perdute
Così è la vita

La vecchiaia

Il terzo motivo
Tre. Ma questo è un parere del tutto personale. Nino. Se Lenù è uno dei personaggi più significativi di sempre, Nino è il più antipatico di sempre.
Non mi è mai piaciuto, sin dalla sua prima apparizione: non ha un briciolo del cupo fascino di Heathcliff sebbene forse ci speri, ed è un semplice donnaiolo e arrampicatore sociale fintamente intellettualoide, politicizzante, ignorante, sessista e classista (come tutti gli arrampicatori). Sinceramente dispiace che Nino sia sfuggito all’incredibile ecatombe finale che si fa sempre più massiccia verso il volgersi dell’ultima pagina.

La Ferrante assegna un piccolo finale a tutti i comprimari, anche se spesso davvero si tratta di sorti da fuelletton. Dietro alle dipartite “telefonate” (una sfilza di infarti, ammazzatine, ritrovamenti, ecc.) la vita vera emerge però sempre a braccetto col mistero: chi ha ucciso chi?, chi ha rapito chi?, chi confessa cosa?, quali crimini uno ha davvero commesso e quali confessato? Le risposte non contano, contano solo le ipotesi, perché così è la vita.
Una bambina in meno
Lila è raccontata, non mostrata, si è detto. Una cosa ci è però qui più chiara che nei precedenti volumi: quando a Lenù qualcosa va bene, a Lila va storta, e, al contrario, se a Lila va bene, allora va storta a Lenù. Si tratta di due amiche che hanno vissuto sempre insieme, e condiviso i momenti più importanti della propria esistenza. Dalla sparizione delle bambole alla gravidanza e via dicendo, si sono sempre influenzate a vicenda.
L’evento più tragico di questa narrazione lascia aperto un quesito: dove è finita la piccola Tina?
Si potrebbe rispondere che a farla sparire sia stata Lila, la mamma, per premeditazione o contrapppasso, oppure che sia stata Lenù, l’amica geniale della mamma. Perché forse Lenù voleva vendicarsi: da piccola la sua bambola di pezza si chiamava Tina, e Lila gliela aveva gettata nel vuoto, salvo poi chiamare Tina sua figlia.
Oppure la responsabile è Lila semplicemente perché ha scritto quelle pagine, e ha deciso che Tina doveva sparire dalla narrazione? Lila nutre il sospetto che le abbiano portato via Tina perché potevano averla scambiata per la figlia di Lenù, data la pubblicazione su Panorama di una foto insieme con equivoco a corredo di un’intervista. Ma non è così, nessuno ha mai avanzato a Lenù richieste di riscatto o almeno lei, che è la scrittrice, non ne fa mai menzione.

Faccia a faccia
Tutti si domandano chi fra Lila e Lenù sia la vera amica geniale. Quella che ha trascinato Lila nel suo disegno di scrittura? O colei che con la sua vita ha messo in moto il disegno di scrittura di Lenù? Queste due piccole donne (il romanzo di Louisa May Alcott è il loro preferito), che anche da vecchie si odiano, si amano, si lasciano, si inseguono, sono entrambe geniali perché, secondo me, Lila e Lenù sono la stessa persona.

Prendete la prima pagina, indice dei personaggi: sono nate lo stesso mese dello stesso anno. Aprile, il mese degli scherzi. Potrebbero essere state scambiate nella culla come succede a Ficarra e Picone ne Il 7 e l’8, oppure semplicemente Lenù è pazza: si è sognata tutto, si è inventata un’amica geniale, un capro espiatorio, e poi, con la vecchiaia, è guarita, la sua malattia scomparsa e con lei Lila. Non è Shutter Island o The Ward, ma la storia di una pazza che è anche geniale.

Il labirinto
Le ultime righe ce ne danno ulteriore riprova. Nel più classico e meraviglioso stile de L’amica geniale, non è un colpo di scena a chiudere tutto. Semmai c’è il sollevarsi di un sentimento all’emergere di un filo di trama.
Lila ha sempre rimproverato alla scrittura di Lenù di non essere realistica fino in fondo quando racconta fatti reali. Oppure la rimprovera, quando li trasfigura in eventi e situazioni immaginarie, di non trovare il filo che lega ogni punto.
Alla fine Lenù quel filo lo ha trovato: è tornata al giorno della sparizione delle bambole di pezza per riacciuffarlo, ha preso per mano questo filo e lo ha seguito fino alla pubblicazione di Un’amicizia (ultimo suo successo letterario, biografico come L’amica geniale, di cui è specchio nella finzione letteraria).

Come Teseo grazie ad Arianna, anche Lenù grazie a Lila ha seguito il filo per uscire dal labirinto della pazzia, per ritrovare un’amica, e cioè ritrovare sé stessa, e la sanità mentale.
Lo sliding doors manifestatosi palesemente nel secondo volume della serie, finalmente si chiude. Lo sliding doors che, per dirla con Lila, è una smarginatura (termine che la Ferrante, come Shakespeare, si è inventato, o almeno adattato per l’occasione, non trovando niente di utile per lei nel già ampio vocabolario italiano).
Conclusioni
La smarginatura è quel distacco fra realtà e finzione, un po’ come avviene nei déjà vu, ed è quella forza con cui ci travolge la stessa Ferrante (lei che lo fa capitare ai suoi personaggi e ai suoi lettori, indistintamente): succede quando ci fa vedere le cose secondo diversa natura, descrivendo ogni singolo dettaglio con una forza autentica e immensa, tale da rimanerti impressa anche distante dalla lettura.
La smarginatura si ricongiunge (Lenù e Lila: sono la stessa persona), ma come in un gioco di scatole cinesi subito apre una nuova separazione: quella che divide Elena Ferrante da Elena Greco, la seconda ha vissuto grazie al corpo della prima come Lila aveva vissuto col corpo di Lenù.
Il libro che nei suoi ultimi giorni Lila ha provato febbrilmente a scrivere, non è forse lo stesso che abbiamo appena letto noi ma a firma di Elena Greco (alias Elena Ferrante)?
L’autore è il personaggio, ma il personaggio non è l’autore. Il libro è di Lila, non di Lenù, l’una sta all’altra come Elena Greco sta ad Elena Ferrante.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Storia della bambina perduta di Elena Ferrante, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
3 Replies to “STORIA DELLA BAMBINA PERDUTA di Elena Ferrante”
Lila e lenù sono due persone orribili, egoiste e manipolatrici. e si odiano reciprocamente. L’unico positivo in una vera folla di personaggi è Enzo.
E la città in cui la storia si svolge NON è Napoli, ma una qualunque borgata degradata, forse di roma.
La storia va avanti tra un mucchio di elucubrazioni, e tranne alcune pagine del primo volume è pesante e farraginosa, specialmente nelle disquisizioni politiche. Di sicuro non l’ha scritta Starnone. Propendo per la consorte
Concordo: Lenu’ e Lila coincidono in Elena Ferrante, ho avuto questa sensazione anch’io, sebbene ancora non abbia letto il quarto libro, questa chiave di interpretazione da un senso logico a tutta la serie.
sono contento che la pensiamo allo stesso modo