STREGHE! di A.A.V.V.
TREMATE, TREMATE…
Streghe! (2021) è la raccolta Mondadori accompagnata dal sottotitolo Malie e misfatti ovvero Abomini e sortilegi delle figlie della notte, a cura di Massimo Scorsone (che firma l’introduzione Innocenti inquisizioni) e con postfazione di Tiffany Vecchietti (Deboli, perfide o sagge?). Di rito, chiudono le note sugli autori e le referenze iconografiche: infatti il volume è impreziosito dalla riproduzione di una serie di stampe popolari risalenti alle epoche più tenebrose della caccia alle streghe, e di sicuro impatto.

L’antologia contiene una selezione dei grandi autori del weird americano, sei romanzi inquietanti e divertenti dedicati alle “ribelli della storia”: le streghe!
IL MAESTRO DEL PULP
Si comincia con un dittico di Abraham Merritt, Brucia strega brucia! e Striscia, ombra!, qui ristampati a parecchi anni dalla prima pubblicazione in lingua italiana. Giornalista e scrittore di origini quacchere, Merritt che fu tra i protagonisti assoluti (sebbene non molto prolifico) della prima età del pulp. Piuttosto forbito ed elegante, la sua ultima produzione testimonia come egli avesse virato (rispetto agli esordi) verso l’horror.
Il primo libro (serializzato in sei puntate su Argosy, il primo pulp magazine statunitense, nel 1932; da noi lo trovate con Editrice Nord, collana Arcano) ha ispirato un film del ’62 del maestro Tod Browning (da noi tradotto La bambola del diavolo). In pieno proibizionismo, una serie di morti misteriose attira l’attenzione del dottor Lowell sulla bottega degli orrori di Madame Mandilip, una fabbricante di bambole “viventi” e assassine. Per sconfiggere la vecchia strega, Lowell stringe alleanza con il superstizioso boss malavitoso di origine italiana Ricori e con il suo braccio destro McCann. Il legame tra scienza e magia, il rapporto conflittuale tra razionale e soprannaturale – che non si risolverà nemmeno nel finale dove (come è giusto che sia) ogni personaggio trae le proprie conclusioni – ha influenzato autori successivi come Lovecraft (Merrit parteciperà inoltre alla scrittura collettiva di un racconto inserito nel Ciclo di Cthulhu). Il suo ascendente rimane tale che né Dylan Dog né Supernatural hanno potuto non citarlo. Una lettura traboccante di suspence e atmosfere suggestive, ma il tema della stregoneria viene appena scalfito.

Il ciclo del dottor Lowell si conclude con il sequel diretto, Striscia, Ombra! (serializzato in sette puntate nel 1934 sempre su Argosy; da noi portato nel 1977 dalla casa editrice La Tribuna), forse più riuscito del precedente. A dire il vero il dottor Lowell fa giusto una breve apparizione, ospitando una cena in casa dove il misterioso dottor De Keradel (sospettato di essere l’amante della fabbricante di bambole) e la sua bella figlia Dahut fanno la conoscenza di Alan Caranac, nuovo vero protagonista (è lui stavolta a scrivere in prima persona). Alani si rivelerà essere un discendente di Carnac, colui che portò alla rovina la città di Ys dove la prima Demoiselle Dahut regnava (insieme al padre). Il riferimento insito in questa dark lady, Demoiselle d’Ys, è ovviamente alla famosa protagonista dell’omonimo racconto contenuto nel capolavoro Il Re in giallo di Robert William Chambers (leggi QUI la recensione), citato persino nella indimenticata prima stagione di True Detective. Dahut è una regina delle ombre, e insieme al padre vuol far rivivere un sanguinario culto celtico per richiamare il Mietitore del Tumulo (qui la citazione è a Il tumulo, romanzo breve di Lovecraft) ma Alan potrà fermarli ancora una volta, stavolta supportato dal boss Ricori e dall’immancabile galoppino McCann. In questa storia l’horror si mixa al noir, quindi all’avventura e al fantasy.
VITA DA MOGLI
Di Fritz Leiber, l’enfant terribile della letteratura fantastica statunitense che ne ha percorso ogni registro (dalla moderna saga eroicomica di Fafhrd e il Gray Mouser alla fantascienza “pura”), è presente Il sabba delle mogli (pubblicato nel 1943 sulla rivista Unknown Worlds, successivamente rimaneggiato e ampliato nel 1952 per l’antologia Witches Three e ancora pubblicato singolarmente l’anno successivo in edizione hardcover). Romanzo breve autoconclusivo che ha inaugurato una sua personale via al sottogenere del fantasy contemporaneo e che addirittura nel 2019 ha ricevuto il Retrospective Hugo Award come miglior romanzo. Conosciuto da noi anche come Ombre del male (pubblicato per la prima volta nel 1972) e Il complotto delle mogli (nuova traduzione del 2008) è un rifacimento del “paranormal romance” americano che ha anticipato ciò che la critica anglosassone definisce “urban fantasy“.

La narrazione coniuga le classiche storie di streghe con una componente satirica: Norman Saylor è il promettente professore di sociologia in un piccolo college americano conservatore che, da un momento all’altro, scopre che la moglie Tansy conserva nella sua toeletta oggetti legati alla magia nera. Non solo Tansy è una strega, ma è a lei che il marito deve il suo successo; Norman non le crede, dà la colpa alle superstizioni e alle nevrosi, le fa bruciare ogni amuleto. Il professore scoprirà a sue spese che la sua “protezione” è finita, e man mano che le cose vanno sempre peggio lui si ostina a credere che sia tutto frutto della suggestione. Almeno fino a quando non avrà realizzato di essere diventato vittima delle mogli degli altri professori, che usano regolarmente la magia l’una contro l’altra e contro i reciproci mariti. Nella sua tesi Leiber si avvicina pericolosamente a sostenere che “tutte” le donne hanno due personalità: se gli uomini sono solo razionalità, le donne hanno anche una “conoscenza” innata del mondo magico. Quindi tutte le donne sono streghe. A volte alcuni uomini possono superarle nello stesso mondo magico che appartiene loro, ed ecco gli stregoni. Quindi gli uomini sono pure più bravi delle donne nel loro stesso campo. Per quanto riguarda il mondo normale alle donne non interessa averne un controllo razionale, che sono ben felici per l’appunto di lasciare agli uomini. Quindi sono le donne le principali responsabili della loro posizione subalterna.
Interessante come anche la scienza dia il proprio contributo, quando Norman cerca di interpretare i prodigi tramite apposite formule matematiche. Il giovane Leiber trae ispirazione dal suo maestro Lovecraft, ma è innegabile come questa vena di horror metropolitano (dove un fatto insolito scuote la tranquilla vita borghese americana) abbia successivamente influenzato Stephen King. Un thriller sulla guerra eterna tra Bene e Male che ti toglie il respiro. E sebbene gli evidenti stereotipi sulla donna tipici dell’epoca, alcune di queste idee sono state considerate protofemministe, soprattutto per come le donne riescano a “piegare” il patriarcato alla propria volontà. Peraltro anche opere successive come Vita da strega prendono spunto da questo plot solo apparentemente misogino, secondo cui è la donna a “pilotare” la vita del marito. Perciò ai lettori contemporanei la trama può risultare scontata, è il destino che tocca ai classici!

Il libro ha avuto tre trasposizioni, la prima nel 1944 e l’ultima nel 1980, ma la più nota è quella di mezzo: La notte delle streghe (1962, il cui titolo originale è, sentite un po’, Burn, Witch, Burn!).
LA STREGA, IL LUPO E MANHATTAN
…E non ci saranno più tenebre è il romanzo breve di James Blish, mostro sacro della “science fiction” d’oltreatlantico, e rappresenta un unicum nella sua più che trentennale carriera di fantascientista ortodossa. La trama del romanzo si rifà a Dieci piccoli indiani (1946) di Agatha Christie, con la fondamentale differenza che qui l’assassino da indovinare tra gli invitati è un lupo mannaro! Le streghe c’entrano, perché forse sono le sole in grado di fermarlo… Dal libro è stato tratto nel 1974 il film di Paul Ammett La notte del licantropo.

Il più lungo della raccolta, la novelette La stella azzurra (nell’antologia Witches Three, 1952) parte da un assunto comune all’opera di Leiber per condurci in un universo parallelo dove la stregoneria fa parte della vita delle persone, anche se rimane comunque malvista. A fare da cornice un circolo di intellettuali che ragiona e immagina questo medioevo alternativo dove le streghe sono più simili a incantatrici, detengono un amuleto detto Stella Azzurra (in grado di far leggere pensieri e decifrare emozioni a chi lo indossa) che affidano al loro uomo. La storia d’amore tra Lalette e Rodvard sovverte i classici canoni del genere: lui prova a prendere lei con la forza e poi con la mente va sempre ad altre ragazze, lei non si fida neanche un po’ di lui, però in qualche modo il rapporto funziona e loro si uniscono, separano e ritornano insieme passando attraverso varie vicissitudini e un colpo di stato. L’autore è Fletcher Pratt, posto nel walhalla dei fantasisti americani in forza di una produzione cospicua, sempre originale e di buon livello, spesso frutto di felici collaborazioni con altri autori. In particolare con il collega Lyon Sprague De Camp, saggista e responsabile dell’editing postumo di gran parte dell’opera di Robert E. Howard, firmando insieme la prima serie di romanzi fantasy dell’incantatore Harold Shea.
Di De Camp è qui ripubblicato Le streghe di Manhattan, uno dei due romanzi brevi (per l’esattezza il secondo) combinati nel romanzo fix-up The Great Fetish (1978). Il primo era intitolato Miscredente in mongolfiera (1977), pubblicato originariamente come il suo seguito su Isaac Asimov’s Science Fiction Magazine (da noi pubblicati separatamente da Mondadori su La Rivista di Isaac Asimov nel ’78 e nel ’79). Tutti e due vedono come protagonista il personaggio di mastro Marko Prokopiu: in questa storia Marko, insieme al dotto Halran l’inventore dell’aerostato, attraversano a volo un’altra versione parallela del nostro mondo, facendo incidentalmente tappa a Manhan (con tanto di tempio ad Einstein), isola popolata da una setta di dispotiche streghe. In realtà poco più che un cammeo poiché la navicella riparte verso un congresso scientifico e vi ritorna in tempo per il finale. Manhan, si scoprirà, è solo una “copia” dell’originale terrestre, in quanto ci troviamo su un altro pianeta dove i coloni umani hanno fondato nuove città a immagine e somiglianza di quelle che avevano lasciato. Ogni zona è un corrispettivo trasfigurato del nostro mondo, l’isola delle streghe è governata da una Scientarca, e la fantasia galoppa sovrana in fretta e furia verso un finale inconcludente. Il meno riuscito della raccolta, gravato anche del fatto di essere “monco” della prima parte.

CONCLUSIONI
Un tomo da collezionare. Letteratura pulp-horror di alto livello, tutta da scoprire. Certe storie possono risultare datate, certi personaggi stereotipati, ma se cercate terrore e fantasia è quello che fa al caso vostro, soprattutto se pensate che i brividi debbano sempre andare a braccetto con la fantasia. Come capita per tutte le antologie ci sono storie che vi piaceranno di più e altre da meno. Comunque tutte da leggere più di una volta.

Finito di leggere: lunedì 13 novembre 2023.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Streghe di A.A.V.V., e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.