UNA VITA COME TANTE di Hanya Yanagihara
DA BESTSELLER A LONGSELLER
Hanya Yanagihara, scrittrice statunitense di origini hawaiane, scrive di viaggi e collabora con il New York Times Style Magazine. Una vita come tante (2015) è il suo secondo romanzo, finalista al National Book Award e al Booker Prize, tra i migliori libri dell’anno per il New York Times, tra i migliori 100 libri del XXI secolo per The Guardian, acclamato da The Wall Street Journal, Huffington Post e The Times. Nel 2018 il regista teatrale Ivo van Hove ha curato un adattamento teatrale su un copione scritto a quattro mani con la stessa Yanagihara. Grazie alle videorecensioni e il passaparola social (Twitter, TikTok, ecc.) libro è diventato prima un bestseller, poi un longseller.
Alcuni lettori l’hanno odiato, sostenendo che bisogna essere preparati psicologicamente per affrontarlo; chi l’ha amato, lo indica come uno di quei rari libri che può scoraggiare per l’imponenza ma che, una volta dentro, non si vogliono più abbandonare. Ai primi rispondiamo che l’assomigliare del libro a un percorso di analisi è un punto in suo favore. Dei secondi vi consigliamo di diffidare prima della lettura, ma dopo averlo letto affermiamo che questo libro ti fa mancare sì il respiro, ma sicuramente non per il monumentale numero di pagine (che invece non bastano mai).
DAL NEW ENGLAND A NEW YORK
Quattro ragazzi, ex compagni di college, si sono trasferiti da una cittadina del New England nella metropoli di New York: Willem con ambizioni attoriali che lo portano a diventare una star giramondo, Jb aspirante artista che ama ritrarre i suoi amici e poi esporre i quadri nelle gallerie suscitando loro sorpresa e irritazione, Malcolm che è un promettente architetto, infine Jude che è un avvocato riservato dalla memoria prodigiosa.

I capitoli, lunghissimi, per moltissime pagine non nominano più il soggetto principale ed è una bella sfida dopo molto tempo ricordare di chi si sta parlando. Nella seconda parte, il romanzo di formazione si concentra soprattutto su Jude, con gli altri personaggi che ruotano intorno a lui che diventa protagonista a tutti gli effetti.
Jude non si accetta, al punto da avere sviluppato una pericolosa tendenza all’autolesionismo e sfiarare i tentativi di suicidio. Andy, l’amico dottore che lo prende in cura, prova a scoraggiarlo ma mantiene il suo segreto. Harold, il mentore a lavoro di Jude, si mette in testa di adottarlo sebbene ormai egli sia un adulto; Jude finisce per accettare. Per quanto riguarda la sua vita sentimentale, non si vede dentro una relazione: fin quando non cede a Caleb, nel mondo della sicurezza e della farmacologia, che lo trascina in un universo di dubbi e abusi domestici. Un copione reiterato che getta un raggio di luce nel passato di Jude, quando da orfano in un monastero venne rapito da Fratello Luke, un pedofilo del quale si era innamorato, e che lo vendeva ad altri uomini nelle camere di motel; era stato Fratello Luke a insegnargli la tecnica di tagliarsi per gettare via il dolore e la rabbia, fin quando l’intervento della polizia non lo aveva salvato e Fratello Luke si era impiccato.
Qui subentra il potere taumaturgico dell’amicizia, quella di Willem, che rinuncia a grandi film per stare vicino a Jude – una serie di pellicole inventate per l’occasione, da Zio Vanja al biopic su Rudolf Nureyev, passando per un film interamente girato nello spazio, finanziato da un miliardario russo, quindi battendo sul tempo quello che nella realtà dovrebbe avvenire nei prossimi anni con Tom Cruise. L’amicizia tra i due si trasforma in amore. Quella di Willem è una dedizione fuori dal normale, si prodiga per colui che ama pur rinunciando al sesso se necessario, senza mai un lamento, senza mai un rimorso, facendoci raggiungere livelli di struggimento senza precedenti.

Muore Malcolm, ma la sua dipartita passa quasi in secondo piano (agli occhi del protagonista come del lettore) se paragonata a quella di Willem, che ci costringe a riflettere sulla perdita della persona amata. Sembra che la vita (o l’autrice) si sia accanita su Jude, fino ad averci assuefatto con la sua incredibile dolenza. Così Jude arriva disperatamente ad un finale che lascia l’amaro in bocca al lettore, che oramai ha fatto dell’arrendevolezza uno degli strumenti dell’immedesimazione.
In copertina la fotografia di Peter Jujar, che a noi ricorda Pasolini ma che potrebbe benissimo essere Jude, colto nel momento della sua passione cristologica (non troppo distante da quella dello stesso Pasolini).
STILE E CONCLUSIONI
Il genere di Una vita come tante è ascrivibile alla narrazione identitaria. Descritta come una grande favola contemporanea, la storia è romantica ed efferata allo stesso tempo: sfoglia per noi tutte le sfumature e le contraddizioni esistenziali, si va dalla gentilezza della natura umana al bisogno di solitudine, dal desiderio di riscatto all’istinto dell’autodistruzione. Ti fa attraversare una montagna russa di emozioni, come sembra che sia finita ecco che si ricomincia daccapo.

Un romanzo d’altri tempi (sembra quasi un feulletton per la sua vastità, ma la lettura risulta scorrevole senza dover ricorrere a colpi di scena) e insieme contemporaneo (soprattutto per le tematiche affrontate: abusi, disabilità, lutto, suicidio, ecc.). La scrittura di Hanya Yanagihara non adotta mai un punto di vista femminile, è provocatoria, però sempre lontana dai pregiudizi, a volte eccede nelle descrizioni e pecca in ambientazione, ma è chiaro che sta scannerizzando la generazione Y dei cosiddetti millennials.
Alla fine sembra di aver letto di una vita straordinaria e non di una vita come tante, come recita il titolo, però è proprio così: quella di Jude è una vita come la nostra, dove le emozioni sono tante e sono tutte autentiche.
Non per tutti e, allo stesso tempo, per tutti. In due parole: delicato e crudele. In una parola: straordinario.
Finito di leggere: venerdì 28 aprile 2023.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Una vita come tante di Hanya Yanaghiara, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.