VIOLETTE DI MARZO di Philip Kerr
NELLA GERMANIA HITLERIANA
Nelle intenzioni di Hitler le Olimpiadi di Berlino del 1936 sono un’occasione per celebrare la potenza tedesca. Il velo di apparente quiete del regime nazista viene però sconvolto dalla scomparsa della figlia di un noto industriale. Bernhard “Bernie” Gunther, ex poliziotto e detective privato specializzato nella ricerca di persone scomparse, viene chiamato a far luce sul caso, ma allo stesso tempo ostacolato dal Terzo Reich che desidera non venga rovinata l’immagine di (finto) ordine costruita attorno alla città.
Violette di marzo (1989, da noi arrivato nel 1997 edito da Passigli) è il primo noir della “trilogia berlinese” (proseguita con Il criminale pallido e Un requiem tedesco, ma oggi arrivata a quattordici volumi, la metà dei quali ancora inediti sul mercato italiano) che ha dato la fama a Philip Kerr, uno dei maggiori scrittori inglesi della nuova generazione (purtroppo scomparso nel 2018). Il romanzo, amato da esponenti del cinema come Tom Hanks e Sam Mendes, e illustri colleghi come Lee Child e Salman Rushdie, è stato adattato anche in un omonimo fumetto sceneggiato da Pierre Boisserie e disegnato da Francois Warzala.

UN DETECTIVE PRIVATO CONTRO LA GESTAPO
La grande originalità deriva dall’ambientazione del romanzo criminale nella capitale tedesca durante il nazismo, che permette di accostare la delinquenza comune alla Gestapo, la prima deumanizzata e la seconda caricaturale. L’altra carta vincente è il protagonista, un detective privato sarcastico e cinico come Philip Marlowe (e molto più sessista verso le femme fatale di turno e non solo), il cui inesauribile senso dell’umorismo rispecchia quello dell’autore, che si lascia andare a un’eccedenza di metafore.
Allo stesso modo, la trama poliziesca – che, come in ogni crime story, parte da un caso “semplice” per arrivare a un complotto politico-economico per influenzare il piano industriale del paese – è così portata per le lunghe che finisce per intrecciarsi più del necessario, tanto che a metà romanzo sembra ci sia una nuova partenza con un nuovo caso assegnato, e all’ultimo atto un terzo caso ancora. A ogni modo il finale, per quanto non tutte le risposte vengono date (lasciandoci l’amaro in bocca), prevede una “missione di infiltrazione” nel campo di concentramento di Dachau, che difficilmente riuscirete a dimenticare.

CONCLUSIONI
Il detective in stile Dashiell Hammett (non a caso citato, tra l’altro nientemeno che da Goring) e il lessico hard boiled sulla falsariga di Raymond Chandler, non bastano; a noi continua più a piacere l’investigatore di Ben Pastor che gode della stessa ambientazione, e per di più affronta l’arduo compito di farci familiarizzare con un nazista, che in fondo non lo è (leggi QUI la recensione di Luna bugiarda).
Violette di marzo è quasi un giallo di costume, dove con l’espressione del titolo si indicano tutti coloro che al cambio di regime abbandonarono le rispettive bandiere per salire sul carro dei vincitori, quello dei nazionalsocialisti. Più di ogni cosa colpisce però la complicità passiva di tutti coloro che rimasero nell’ombra e non trovarono il coraggio di protestare contro le ingiustizie della Germania nazista.
Finito di leggere: mercoledì 4 gennaio 2022.
Nel salutarvi, vi invito a leggere Violette di marzo di Philip Kerr, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.
One Reply to “VIOLETTE DI MARZO di Philip Kerr”
I gusti sono gusti per carità, ma paragonare Bernie Gunther a Ben Pastor è come paragonare una Alfa spider a una Simca 1000.