IL SICILIANO di Mario Puzo
Conosciuto a livello mondiale per il suo grande bestseller, Il Padrino, Mario Puzo ha scritto anche altro, da L’arena oscura (ambientato nella Germania occupata) a Mamma Lucia (storia di immigrati italiani negli Stati Uniti). Il Siciliano (1984) è incentrato sulla figura di uno dei più noti fuorilegge del nostro secolo: Salvatore Giuliano (nel libro chiamato Turi Giuliano), di cui fa rivivere i giorni della sua tragica esistenza: il suo carattere d’uomo, i crimini, la latitanza, l’amore per la madre e per le due donne della sua vita (la Venera, vedova di un altro bandito famoso prima di lui, e Giustina, la bella innamorata di lui sin da quando era bambina e lui già famigerato), fino all’inevitabile strage di Portella della Ginestra.
IL RITORNO DI MICHAEL CORLEONE
In alcuni personaggi di finzione è possibile riconoscere “uomini d’onore” realmente vissuti, ad esempio Don Croce Malo ricorda Don Calogero Vizzini (capo mafioso del tempo). Del tutto inventato è invece Michele Corleone, il figlio del “Padrino”, che ritroviamo durante il suo esilio forzato nella patria degli antenati pero avere ucciso un capitano della polizia. Infatti questo libro si pone come sequel letterario di quel capolavoro (pubblicato quindici anni prima), o meglio spin-off dal momento che il focus è più sul bandito Giuliano. Michael (la sua parte è davvero minima) entra in contatto con Giuliano per il tramite di un altro personaggio di finzione e membro della banda di briganti siciliani: il cugino siciliano Stefano Andolini detto Fra Diavolo, e del resto il nome per esteso del Padrino è, ricordiamo, Vito Andolini Corleone. Ovviamente anche lui corleonese, dipinti come tra i siciliani più terribili. Nella finzione il papà di Giuliano aveva lavorato proprio per il padrino Corleone durante il suo periodo americano, ed è così che favorisce il contatto tra suo figlio e Michael. Qualcosa li accomuna nella giovinezza: entrambi costretti a fuggire dal luogo natale dopo avere ucciso un tutore dell’ordine, e latitanti in attesa di un perdono ufficiale.

Si inizia al “tempo presente” nel 1950 con Michael Corleone, quindi un flashback ci porta nel 1943 per raccontarci la origin story di Turi Giuliano. A metà, dopo “l’intervallo” ancora nel 1950 con Michael, la quarta parte racconta la tragedia del 1947 dal punto di vista di don Croce. Infine, la quinta e ultima parte, mette insieme Turi e Michael nuovamente nel 1950. Nella chiusura del cerchio la vicenda storica si trasforma dunque in uno splendido romanzo, appassionante e drammatico. Per quanto, c’è da dire, il cross-over risulti del tutto pretestuoso: il tentativo romanzesco di Michael di far espatriare Giuliano negli USA è (spoiler) del tutto ininfluente ai fini della trama, e si risolve in un nulla di fatto senza che i due si incontrino neppure mai. Inoltre sembra anche che questi “capitoli dimenticati” sulla trasferta di Michael complichino il canone imposto da Il Padrino, inserendosi a forza subito dopo l’attentato che uccide Apollonia, e senza tributare alcuna dignità alla sua memoria. Poi il ritorno a casa, il cammeo di don Vito, l’ultima grande rivelazione che vuole in parte rendere il Padrino complice della macchinazione, e da cui Michael ricaverà l’insegnamento definitivo per la sua ascesa al potere: tutte cose interessanti, ma che in realtà poco aggiungono alle cose che già sapevamo.
QUESTIONI IRRISOLTE
Leggendo il romanzo, sulle prime rimane il mistero su Portella della Ginestra, alla quale Giuliano non era presente personalmente. A sparare sui lavoratori che festeggiavano il Primo Maggio furono davvero i suoi banditi che avevano sbagliato il tiro, quando dovevano semplicemente mirare alto per terrorizzarli e disperdere la folla? Oppure era stato Passatempo, detto la Bestia, uno dei più terribili capo-banda di Giuliano, a ucciderli intenzionalmente per accrescere la sua fama di sanguinario? Infine, e se ci fosse stata un’altra linea di tiro appostata che, all’insaputa delle forze banditesche, aveva compiuto la strage per far ricadere la colpa su di loro? Questa riteniamo sia l’ipotesi meno attendibile, poiché già due squadre della banda (quella di Passatempo e quella di Terranova) avevano presidiato i due monti che circondavano la piana, in quanto i due più favorevoli punti di tiro: allora dove si sarebbero piazzati gli altri?

Puzo opta per un’altra via: è stato Passatempo, corrotto da don Croce, a tradire Giuliano e uccidere gli innocenti. Ci verrà mostrato Giuliano che, una volta scoperto, lo giustizia mentre risparmia il suo compare, come fossero il ladrone buono e quello cattivo. Sta di fatto che dopo quella tragedia, la Democrazia cristiana non poteva più concedere a Giuliano l’amnistia che gli aveva promesso (nel caso in cui fosse riuscito a terrorizzare e indebolire l’elettorato comunista). A farsi garante di quell’accordo poteva restare il boss don Croce, ma dopo che Turi Giuliano ebbe giustiziato pubblicamente sei importanti capo-mafia (ritenendoli co-responsabili della trappola che gli avevano teso a Portella), alla mafia non restava altro da fare che condannare a morte Giuliano. Uno strumento che non era più utile, anzi, era sfuggito così di mano da essere diventato pericoloso per tutta la scala di potere che, risalendola, avrebbe portato dritta nel cuore del governo di Roma.
Per quanto riguarda la morte misteriosa di Giuliano, non conoscendo il nome dell’assassino, nella realtà esistono cinque versioni divergenti. Anche in questo caso l’autore Puzo ha un punto di vista chiaro, e analizza come il senso dell’amicizia venga avvelenato dal tradimento. Il colpevole è quindi l’amico fraterno di sempre, il fidato braccio destro, il terribile Gaspare Pisciotta.
IL COLPO DI MICHAEL CIMINO

Un adattamento cinematografico non si trova nella trilogia di Francis Ford Coppola, ma nell’omonimo film di Michael Cimino con Christopher Lambert (Salvatore Giuliano) e John Turturro (il luogotenente e traditore Gaspare Pisciotta), e nel quale è stato eliminato il personaggio di Michael Corleone (così come ogni altro riferimento a Il padrino) per questioni di diritto d’autore. Ma, come detto, non è una gran perdita.
Il film è stato aspramente criticato per la messa in scena non propriamente riuscita, e detestato in particolare da Leonardo Sciascia che fece notare come Giuliano venisse mitizzato in una specie di Robin Hood moderno. Difetto di cui non è nemmeno esente, ammettiamo, il riferimento letterario. Il libro di Puzo affronta il banditismo in maniera romantica discostandosi dalla realtà (non risulta che Giuliano avesse davvero avuto relazioni importanti), e nutrendo quindi questo peccato del melodramma in costume che verrà ereditato dalla trasposizione di Cimino.

Del film esiste anche una edizione estesa. Ma dopo aver fatto finire la New Hollywood con il colossale flop de I cancelli del cielo, questa pellicola affossò definitivamente la carriera di Cimino.
CONCLUSIONI
Nonostante le origini dell’autore, l’immaginario risente degli stereotipi mediterranei e risultando ripetitivo (sia nella forma che nei concetti) quando ostenta certi caratteri siciliani, dalla divozione religiosa al sentimento vendicativo, dalla sfiducia verso il prossimo all’antico codice dell’omertà.
Si tratta comunque di un libro estremamente documentato nella ricostruzione di fatti, ambienti e personaggi. Lo stile brillante di Mario Puzo sceglie ancora una volta una terra selvaggia e spietata, quella degli avi, per glorificarne il ricordo in questo romanzo che è storico e insieme d’avventura.
Finito di leggere: domenica 17 novembre 2024.
Nel salutarvi vi invito a leggere Il siciliano di Mario Puzo, ultimo appuntamento della nostra rassegna, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.