IL GRANDE TIRATORE di Kurt Vonnegut
IL PRIMO COLPO
Un plot assurdo e insieme realistico, come del resto i suoi protagonisti contraddittori, quello de Il grande tiratore (1982) di Kurt Vonnegut. Considerato uno dei massimi scrittori di fantascienza (leggi QUI la recensione di Ghiaccio-nove), è soprattutto un grande autore statunitense (leggi QUI la recensione di Barbablù) che anche in questo caso mescola il sarcasmo con una dura satira sociale.
Otto Waltz è un rampollo di Midland City, Ohio, che la sua ricca famiglia iscrive alla celebre Accademia di Belle Arti di Vienna. L’affascinante Otto è convinto di possedere un grande talento artistico ma i professori dell’Accademia non sono dell’identico avviso. Così Otto non viene ammesso ai corsi e la bocciatura lo accomuna a uno sbandato austriaco che Otto prende subito in simpatia: il suo nome è Adolf Hitler.

Quando Otto ritorna a Midland City impiega il suo genio per far credere a tutti di essere un artista, piuttosto che provare a diventarlo veramente. Si fa conoscere soprattutto per il suo istrionismo: dalla bandiera nazista che garrisce fuori casa all’aiuto che presta a due immigrati italiani, Gino e Marco Maritmo, per sfuggire dalla galera (i due faranno fortuna e gli saranno riconoscenti). Otto sposa Emma Wetzel (la cui più grande caratteristica è quella che viene descritta come nientità) e costruisce una grande e bizzarra casa con una enorme soffitta per custodire una collezione di armi da fuoco di ogni tipo. La collezione, comperata da un nobile decaduto, decenni più tardi segnerà il destino del vero protagonista di questa storia: suo figlio Rudolph, detto Rudy. È proprio lui “il grande tiratore” del titolo, il quale ci racconta in prima persona le alterne fortune della sua strampalata famiglia.
L’ULTIMO COLPO
A dodici anni Rudy impugna un fucile Springfield di famiglia (che suo padre gli ha sempre mostrato come un giocattolo), sale sul tetto di casa, spara un colpo e, a grandissima distanza ma con estrema precisione, fa fuori una donna incinta nel palazzo vicino. Questo omicidio “involontario” gli procurerà il famigerato soprannome e tutti i suoi successivi sensi di colpa, facendo di lui un due in uno: insieme leggenda vivente e “lebbroso sociale“. Allo stesso tempo questo evento svuota gradualmente i suoi genitori trasformandoli in due corpi vuoti, inutili, di cui è lui a occuparsi mentre il fratello maggiore Felix gli paga gli studi.

Infatti Rudy, crescendo, studia farmacia ma scrive anche una pièce che viene messa in scena a New York: Katmandu, ispirata a John Fortune, un vecchio amico del padre che sparì in Himalaya sulle orme della mitica Shangri-La prendendo per vero quello che c’era scritto in Orizzonte perduto. Da sempre definitosi “neutro” da un punto di vista sessuale, esperto di cucina e solitario per natura, Rudy diventa infine proprietario di un albergo ad Haiti insieme a Felix, apparentemente l’unico della famiglia senza problemi (eccetto quelli coniugali).
Come se il mondo in cui vivono non fosse già abbastanza assurdo, l’originaria Midland City rimane vittima di una bomba a neutroni che uccide tutte le persone ma lascia intatte le abitazioni. In questa cittadina immaginaria Vonnegut aveva già ambientato un suo precedente romanzo, La colazione dei campioni (1974) – da cui l’omonimo film con Bruce Willis – dove la critica alla società americana si mescolava ad elementi autobiografici. Da quel libro riprende in ruoli secondari alcuni personaggi come il venditore di auto Dwayne Hoover e la moglie Celia Hildreth, una bellissima ragazza (la prima fidanzata di Felix) che finisce vittima delle anfetamine in seguito a un matrimonio sbagliato. Midland City torna dunque ne Il grande tiratore come manifesto dell’ossessione americana per le armi, e forse tutti i suoi abitanti, non solo il protagonista, sono alla ricerca della loro personalissima Shangri-La.

CONCLUSIONI
Il tipico discorso indiretto dell’autore è di tratto in tratto intervallato ai dialoghi di una commedia teatrale (perché è così che Rudy rievoca certi suoi ricordi). Una tecnica significativa della capacità di Vonnegut di passare come un fulmine (o un colpo di fucile) da una scena all’altra e di accumulare fatti su fatti. In questo viaggio nella vita e nella società dei suoi personaggi, riassunti in poche pagine (che si leggono ancora più velocemente), si trova tutto il senso iperbolico, umoristico e pessimista che va dall’apertura di uno spiraglio (la nascita di una vita) alla sua chiusura, dal tutto alla nientità. Un senso surreale.
Finito di leggere: venerdì 4 aprile 2025.
Nel salutarvi vi invito a leggere Il grante tiratore di Kurt Vonnegut, ultimo appuntamento della nostra rassegna, e a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.