CENTURY TRILOGY 2/3: L’inverno del mondo
LA VIA DI MEZZO
Secondo volume della Century Trilogy, L’inverno del mondo è uscito nel 2012 e subito balzato in testa alle classifiche dei libri più venduti. Dedicato alla memoria dei nonni di Follett, questo libro comincia dove finiva il primo e porta la storia avanti di una quindicina d’anni o poco più.
Si incentra sulla parte centrale, la più cruda, del XX secolo: un passaggio necessario e fondamentale, un po’ quello che il cupo e violento Le due torri rappresenta per la trilogia de Il Signore degli Anelli. “Di passaggio” però non significa noioso e sacrificabile, anzi. In questo caso specifico, si tratta del poderoso collante a tutta la complessità che ha tessuto il ‘900: ben più impressionante per crudezza rispetto al precedente libro, L’inverno del mondo è la maestosa ricostruzione dell’ascesa e della caduta delle grandi ideologie e dei grandi abomini, di come abbiano potuto ispirare o oscurare i popoli, in un senso come nell’altro.
STILE
Nell’incipit i consueti alberi genealogici ci presentano la situazione “al momento dei fatti narrati” di ciascuna delle cinque famiglie principali. Si comincia con il consueto riepilogo dei personaggi, dunque, meglio però da leggere a fine lettura per evitare spoiler.Cambia l’unità di misura di Follett. Se nel precedente volume i capitoli si muovevano lentamente attraverso i mesi (se non addirittura attraverso i giorni in alcuni determinati casi), adesso i capitoli si muovono sempre lentamente ma attraverso gli anni.

La Century Trilogy è difatti una storia di generazioni, non di singoli personaggi, lo diciamo a scanso di equivoci per chi si aspetta di ritrovare in primo piano i protagonisti del precedente romanzo e invece constata di vederli relegati a comprimari. Cominciamo…
PRIMA PARTE – L’ALTRA GUANCIA (dal 1933 al 1939)
USA
In America Gus Dewar è diventato senatore: se in passato consigliava il presidente Wilson, adesso è il turno di Franklin D. Roosevelt. Al termine del precedente volume Gus aveva sposato la giornalista anarchica Rosa, dalla quale ha avuto due figli: Woody e Chuck. L’autore predilige il punto di vista del maggiore dei due fratelli, Woody Dewar, ben inserito come da tradizione nell’alta società di Buffalo, dove fa la corte a Joanne, figlia di Dave Rouzrokh, un produttore cinematografico caduto in disgrazia per colpa di…
Lev Peskov, lo sbruffone donnaiolo emigrato dalla Russia. Lev ha fatto carriera dopo la morte del suocero, e con il contrabbando di liquori durante il Proibizionismo è entrato nel più redditizio business di Hollywood. Arrogante, volgare, senza scrupoli, Lev mantiene in piedi ben due famiglie: quella ufficiale con sua moglie Olga, e quella “ufficiosa” con l’ex amante Marga da cui ha avuto un figliastro, senza però rinunciare a nuove avventure con emergenti star del cinema come Gladys Angelus. Greg, il figliastro di Lev, entra in politica, mentre la sorellastra Daisy Peskov: la ragazza, visto compromesso il suo futuro negli USA per colpa del comportamento scorretto del padre, decide di partire per l’Inghilterra…

INGHILTERRA
Ed è qui che Daisy Peskov riesce nell’impresa di portare sull’altare quel fascista di “Boy” Fitzherbert, primogenito del conte Fitz e della principessa Bea, acquisendo dunque il titolo di viscontessa di Aberowen. Come ricorderete, il conte Fitzherbert aveva avuto un bastardo da Ethel Williams, oggi deputata per Aldgate: il figliastro, Lloyd Williams (che ha preso il nome da sir David Lloyd George, l’ex primo ministro britannico che aveva vinto la guerra), è un giovane ingenuo ma coraggioso, di nobili ideali, dal cuore tenero e di ispirazione laburista, praticamente come tutti i Williams. Abbiamo già avuto modo di notare come questa dei minatori gallesi sia la famiglia in assoluto preferita fra le cinque di cui Follett ci racconta in questo grande affresco storico (addirittura stavolta Follett si sbilancia nello scrivere che nella loro cappella “batte il cuore dell’Inghilterra“).
L’intrepido e romantico Lloyd decide di partire per la Spagna per combattere a Saragozza in difesa dei valori democratici. Lì combatte contro le truppe franchiste insieme alle forze governative e fianco a fianco con i comunisti, come Volodja (ci arriveremo). Il problema però è che i comunisti russi ammazzano chiunque, non solo i nazisti ma anche i sinistroidi che non la pensano come loro. In tale contesto l’indole e le gesta di Lloyd ci ricordano tanto da vicino suo zio Billy, che si era fatto valere durante la Prima Guerra, vero protagonista de La caduta dei giganti, ma in questo nuovo romanzo Billy è ridotto a poco più di una comparsa. Per un gioco del destino, Lloyd si invaghisce, non ricambiato, di Daisy Peskov, la quale come detto ha sposato colui che, all’insaputa di tutti, è il suo fratellastro, Boy. Per quanto la figlia di Lev non possa immediatamente accattivarsi il nostro favore, sarà di certo l’astio (giustificato) che proviamo nei confronti di Boy a renderci pian piano Daisy in qualche modo più simpatica.
GERMANIA
La storia d’amore che ne La caduta dei giganti più ci aveva tenuto con il fiato sospeso era stata quella tormentata fra il tedesco Walter von Ulrich e l’inglese Maud (sorella di Fitz): i due adesso sono sposati e vivono a Berlino, dove soffrono personalmente i primi soprusi del regime nazista. Loro figlia Carla è gentile, nobile d’animo, ma il fratello Erik è un presuntuoso irresponsabile iscritto alla gioventù hitleriana. Nonostante una premessa degna di lode, anche i coniugi von Ulrich, altri grandi protagonisti de La caduta dei giganti insieme a Billy, sono ridotti a stanchi comprimari delle storie di altri. Dei loro figli in primis.

RUSSIA
Largo ai giovani quindi. In tutto il mondo come in Russia, dove l’onesto bolscevico Grirgorij Peskov (il fratello di Lev) ha sposato Katerina, e ha tirato su il nipote abbandonato come fosse un figlio: Vladimir, detto Volodja, è stato arruolato dallo spionaggio rosso, ed è così che mette la sua intelligenza, la sua lealtà e il suo onore al servizio della inclemente Madre Patria Russia. Sì, se ve lo state chiedendo: è lo stesso Volodja conosciuto in Spagna da Lloyd Williams.
Peccato che con tutte queste danze e giravolte fra giovani e vecchi, storici e futuri protagonisti, si perde un po’ il senso generale delle manovre politiche esterne. L’affaire “Polonia“ che fa scoppiare la Seconda Guerra Mondiale è affrontato in sordina, non con l’identico cipiglio che aveva adottato Follett per esplorare le ragioni del primo conflitto su scala mondiale ne La caduta dei giganti.
Nientemeno che a Daisy Peskov è affidata la frase simbolo di questo grande progetto di co-responsabilità e attivismo storico rappresentato dalle nuove famiglie de L’inverno del mondo: “se non ci si interessa di quello che succede, se ne diventa responsabili“.

SECONDA PARTE – UNA STAGIONE DI SANGUE (dal 1940 al 1945)
LABURISTI AL POTERE
Non era mai capitato prima che Follett dedicasse più capitoli per un singolo anno; anzi, di solito i capitoli racchiudevano più mesi e al limite un anno soltanto ma, ad esempio, il 1940 qui si divide in due capitoli, il 1941 in ben quattro, il 1942 e il 1943 in tre… insomma, siamo giunti al cuore del Secolo Breve, per citare il saggio di Eric Hobsbawm che senz’altro ha ispirato la stesura delle pagine che stiamo leggendo.
Dopo l’esperienza in Spagna, Lloyd non crede più nella possibilità che tutti i partiti della sinistra mondiale possano fare fronte unito contro le destre nazionaliste. Come se non bastasse, scopre di essere il figlio illegittimo di Fitzherbert, attuale sottosegretario al ministero degli Esteri. Lo scopre insieme a Daisy Peskov, e i due cominciano una relazione clandestina. L’amore è la forza universale, trainante, attraverso le nazioni e gli anni, che contraddistingue questa titanica opera. Così, in poche pagine, assistiamo prima al distanziamento e poi al ricongiungimento fra Daisy e Lloyd: un grande, avvincente ed emozionante, romanzo d’amore in un solo capitolo.
La loro unione è però ostacolata da Boy, divenuto un asso dell’aviazione inglese, almeno finché questi non muore in una spericolata azione di guerra. Una volta vedova, Daisy si sgancia finalmente dall’alta società e dai Fitzherbert, ed è completamente conquistata dalla passione laburista della famiglia Williams. In fondo Daisy non solo adesso ci sta simpatica, ma addirittura la amiamo dopo che ha rischiato la propria vita per guidare un’ambulanza durante il blitz tedesco a Londra. Ancora Daisy vuol farsi da parte, in quanto ex fascista, per non ostacolare la carriera politica di Lloyd: ma non appena finisce la guerra, Lloyd viene eletto deputato e i due si sposano. Contestualmente, Churchill ha vinto la guerra ma perso le elezioni, così rassegna le dimissioni a Buckingham Palace per fare largo al governo laburista, con soddisfazione di Ken Follett.

L’AMERICA PRIMA
La parte americana della storia è la più lenta a procedere, con la Conferenza Atlantica e le incomprensioni mercantili con il Giappone, ma la noia viene sconfitta prima con l’attacco giapponese a Pearl Harbor, che la famiglia Dewar al gran completo vive in prima persona, e successivamente con il contro-attacco a Midway che ha spostato l’importanza del conflitto in mare e sulla produzione delle portaerei. Woody Dewar perde la sua amata Joanne a Peal Harbour, mentre suo fratello Chuck, omosessuale, viene ucciso sulle isole di Salomone mentre tenta di soccorrere il so amante ferito. Negli stessi frangenti, Greg Peskov, il fratellastro di Daisy, scopre di avere un figlio bastardo dall’attricetta Jacky Jakes, il suo primo amore, e da semplice assistente si fa strada scongiurando complotti russi, financo seguendo con i propri occhi il Progetto Manhattan: ovvero le sperimentazioni condotte da Oppenheimer e altri scienziati nel deserto di Los Alamos per approntare la fissione dell’atomo e testare la prima bomba atomica.
Un passo indietro. Appare incredibile come il bravo Volodja, diventato capitano dei servizi segreti dell’Armata Rossa, avesse scoperto tramite le sue spie tedesche e dato conferma in patria dell’Operazione Barbarossa: in altre parole che i tedeschi stavano per invadere la Russia. Nonostante le prove evidenti, Stalin non aveva voluto credere che Hitler fosse venuto meno al loro patto di non belligeranza e soprattutto che potesse dividere il suo esercito su due fronti quando ancora era impegnato a combattere gli inglesi. Quando fu evidente a tutti che il grande statista Stalin si sbagliava, il leader della Russia bolscevica sparì dalla circolazione: i suoi rivali potevano arrestarlo o giustiziarlo e invece, contro ogni previsione (tranne forse quelle del solo Stalin), lo trovarono, quindi gli chiesero di tornare a Mosca e di mettersi al comando di un nuovo Comitato di difesa dello Stato, una specie di ultra-politburo composto da un numero limitato di membri e con i più ampi poteri.
Questi fatti, insieme alla oscena propaganda sovietica durante l’invasione della Germania e alla continua promozione a posizioni di rilievo di compagni incompetenti ma leali al partito, fanno vacillare la fede comunista di Volodja, ma non il suo amore: dopo alcuni rifiuti, riesce a portare sull’altare Zoja, una fisica amareggiata di come la Russia non abbia voluto investire sulla bomba all’idrogeno. Non è un caso che Stalin faccia una visita a sorpresa al loro matrimonio, non è un caso che nello stesso giorno, anzi, nelle stesse ore, gli USA sgancino le loro prime bombe atomiche su Hiroshima e Nagasaki. La scienza capitalista ha battuto quella sovietica nella ricerca nucleare!

PREDESTINAZIONE
Se ne La caduta dei giganti emergeva la Casualità che preponderante univa i destini di cinque famiglie per mezzo della determinazione o della meschinità dei suoi principali esponenti, ne L’inverno del mondo si fa prepotente il concetto di Predestinazione attraverso il lignaggio: è un caso che i fratellastri Boy e Lloyd si innamorino della stessa donna? è un caso che i fratellastri Greg e Volodja si facciano strada nella diplomazia politica, il primo come ufficio stampa del Dipartimento di stato e il secondo come capitano dei servizi segreti? No, non è un caso, è scritto nel loro DNA. Come se queste cinque famiglie fossero onnipresenti al pari di divinità: la loro quotidianità è quella che non manca mai il periodo bellico, si incastra negli eventi che hanno sconvolto l’umanità e che rende il compendio storico più piacevole e trattabile rispetto ai banchi di storia.
In certe occasioni Follett si concede uno slancio documentaristico in favore degli statunitensi, forse impressionato egli stesso dalla portata immane degli eventi; eppure le sequenze più efficaci del romanzo continuano a essere quelle che si muovono negli angoli della storia. Come ad esempio le indagini di Carla von Ulrich sui bambini handicappati uccisi dai nazisti ad Akelberg, in Baviera, dove vengono sottoposti a “cure speciali” ma uccisi attraverso complicazioni per sospette rimozioni di appendicite. In realtà i medici nazisti fanno loro un’iniezione e li cremano tutti insieme, soprattutto se ebrei.
Ci si è spezzato il cuore per la morte ingloriosa di Walter, vero eroe romantico del precedente volume, ma siamo in parte ripagati dall’ascesa di Carla: da imberbe ragazza con aspirazioni mediche a valente spia per conto dei russi, disposta a qualsiasi sacrificio per liberare la Germania da Hitler. Persino suo fratello Erik, infermiere ausiliare sul campo di battaglia, finisce per ricredersi sul conto del nazionalsocialismo.

TERZA PARTE – LA PACE FREDDA (dal 1945 al 1949)
Il 1945 fa da spartiacque inaugurando il segmento conclusivo di questo romanzo.
Volodja Peskov è costretto a un’ultima missione. Deve viaggiare negli USA per salvare sua moglie. Torna in Russia portando con sé le istruzioni segrete per ricreare una bomba al plutonio con sistema d’innesco a implosione. A scoprire il suo segreto è Greg Peskov, finalmente consapevole anche del legame di parentela che li unisce.
In America c’è un nuovo Presidente, Truman, e grazie al Piano Marshall vengono dispensati aiuti in Europa. A patire ancora una volta è la Germania, in particolare Berlino, città divisa in due, a Est e Ovest. I von Ulrich, prima sotto il giogo nazista e ora sotto quello comunista, sono feriti, soli, ma uniti, nella casa di famiglia dove è morto Walter: la sua eredità, i suoi ideali, il suo romanticismo, sopravvivono nella figlia Carla. Ed è con i von Ulrich che il romanzo chiude, con una nota malinconica, l’ultimo Natale di metà secolo.

IMPRESSIONI
Sovente le famiglie protagoniste parlano a tavola e intorno al fuoco un po’ troppo di politica e di guerra, come se non esistessero altri pensieri o argomenti nella loro vita, e se esistessero sarebbero comunque relegati al servizio della Storia con la S maiuscola. Questo non per sminuire la significatività degli eventi di portata mondiale messi in scena, ma per sottolineare come spesso eliminare i tempi morti e noiosi della vita dei personaggi, in letteratura come al cinema, comporta un crollo della verosimiglianza: non sembra più che siano persone esistenti indipendentemente dal racconto, ma soltanto dei personaggi le cui vicende sono al servizio del romanzo e, in maniera più ampia, della Storia.
Dall’ascesa del nazismo al D-Day fino agli albori della Guerra Fredda, ancora una volta l’Italia è la grande assente dello scacchiere mondiale nonostante il nazionalsocialismo di Mussolini abbia ispirato le Camicie Brune tedesche e la dittatura spagnola di Franco. Il punto di vista di Follett glissa fondamentali eventi storici del Bel Paese come la Marcia su Roma, preferendo eventi di impatto forse minore ma di matrice anglosassone, come lo scontro fra fascisti e democratici (ma anche comunisti ed ebrei) nell’East End di Londra. Il lavoro di documentazione è stato immane certamente, ma non si può accettare a cuor leggero la dimenticanza della nostra nazione che durante la Seconda Guerra si è vista diviso e spaccata a metà. Persino le barbarie perpetrate dalle truppe alleate nel Sud-Italia sono state spazzate via da Follett come se mai avvenute.

CONCLUSIONI
Romanzo magnifico, non c’è che dire. I personaggi umani, meno esagerati del solito rispetto al canone di Ken Follett ma comunque sempre nettamente manichei, facilitano l’immedesimazione del lettore e aiutano la comprensione dei sovra-movimenti storico-politici. Qualche forzatura è inevitabile, le pecche le abbiamo segnalate, ma l’errore storico non sembra essere contemplato dalla visione romanzata dell’autore. Nonostante le circa 1000 pagine, tutto si può dire della scrittura di Follett tranne che non sia fluida e scorrevole, appassionante grazie anche alla maestria con la quale sa intrecciare tensione e mistero, si vedono infatti echi dei suoi principali libri spionistici.

Tutto questo, i riferimenti precisi, i personaggi ben strutturati e gli intrighi al cardiopalma, rendono L’inverno del mondo un quasi-capolavoro della letteratura moderna.
Finito di leggere: domenica 11 ottobre 2020.
Nel salutarvi, vi invito a leggere L’inverno del mondo di Ken Follett, a tornare su questa pagina per dirmi cosa ne pensate.